Abitanti digitali

Creato il 21 maggio 2011 da Piercesare

Sono reduce da Macerata, dove ho preso parte al Convegno "Abitanti digitali", l'ultimo (per ora) organizzato dall'Ufficio Comunicazioni Sociali della CEI sul tema del rapporto tra i nuovi media e la pastorale. Sulla via del ritorno ho maturato alcune riflessioni che "in punta di piedi" mi piace condividere.
La prima. Come si potrebbe dire citando Cetto La Qualunque, abbiamo capito cosa oggi renda qualsiasi cosa un successo: solo, quantunquemente ed esclusivamente IL DIGITALE. Responsabili delle politiche pubbliche, giornalisti, professori universitari (mi ci metto anch'io), tutti sono accomunati da un unico grande discorso: nativi digitali, scuole digitali, montagne digitali, parchi digitali, tutto digitale. E' la maledizione dell'avanguardia, come suggeriva Benjamin: prima o poi si converte in tradizione! Lì nasce il problema: perché se tutto è digitale è come se nulla più lo fosse. Tutti ne parlano. Non si distingue più niente, non si capisce più molto. Mi era già capitato di assistere a qualcosa di simile con la Media Education e quando è successo mi sono detto che dovevo smetterla di occuparmene: mi sa che farò lo stesso con il digitale...
Seconda considerazione. Ieri mattina, durante il dibattito seguito alla relazione-chiave del convegno, si sono ascoltati un sacerdote, un padre di famiglia, un giovane di 23 anni, un nonno. Forse in maniera non del tutto composta (soprattutto se si pensa che l'evento era in streaming sul Web) hanno detto alcune cose che mi hanno fatto pensare e mi hanno un po' messo in crisi. Il sacerdote ha chiesto perché non gli lasciassero "dire Messa" lì dove i ragazzi si incontrano: la piazza, la pizzeria... Il padre di famiglia si è chiesto: ma se tutti i preti sono su Facebook, poi, con la gente chi ci parla per davvero? Il giovane anche lui si faceva una domanda: perché TV 2000, la TV dei Vescovi, ha chiuso l'unico programma per i giovani della televisione italiana, "Uno X Uno" (lo aveva ideato e ne era l'anima Gianfranco Scancarello, un grande educatore, uno splendido padre di famiglia, un testimone della fede la cui vita da cinque anni è stata violentata dai presunti fatti di Rignano)? E poi il nonno. Un nonno toscano, che ha parlato dell'importanza di insegnare ai bambini l'odore delle vacche e a resistere alle mode. La ricetta in "cinque" parole targate Lorenzo Milani: "Ribellatevi! Ne avete l'età". Mi sembrano spunti belli, importanti: se devo essere sincero me li sono portati a casa come il guadagno vero del convegno, con tutto il rispetto per la sua parte "accademica" (mia relazione inclusa).
Terza considerazione. Un sacerdote della diocesi di Padova, in un quarto d'ora, prima del pranzo, quando il richiamo delle olive ascolane era già forte, ha dato a tutti una lezione. Una lezione di pastorale vissuta. Don Marco Sanavio è un "animale pastorale": la creatività e il genio di saper stare con i giovani ce l'ha nel sangue. Il suo racconto di un corso elearning "libero" per gli animatori pastorali, che ha innescato una "rete di feste" della pace in tutta la diocesi è stato commovente come sempre sa esserlo tutto ciò che tocca in profondità quel che c'è in noi di più umano. Auguro a Don Marco di non fare carriera: credo che il posto migliore per uno come lui sia stare in mezzo ai ragazzi. Se lo portassero via di lì allora sì che sarebbe un delitto. Sarebbe un delitto perché abbiamo bisogno di educatori, ne abbiamo bisogno come il pane. Solo dagli educatori, dai testimoni veri, dipende la possibilità per noi di avere un futuro. Diamo fiducia ai giovani: se la meritano e aspettano solo che qualcuno di noi si sintonizzi con loro. A patto di essere significativo. Ah, dimenticavo... L'immagine è tratta dal ciclo dedicato da Arcabas ad Emmaus. Rappresenta il "fotogramma" della missione: "E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme..."...

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