Invece no, ci sono capitato di proposito per ritagliare una pagina del mio diario: quell’estate di trenta anni fa e passa in cui mamma e papà mi portarono a scegliere la cameretta. Osservando i due titolari di Abitare nel Tempo di Assago che guidavano una giovane coppia nella scelta del proprio arredo, mi è tornata alla mente quella scena e ho pensato: adesso che siamo diventati tutti “pazzamente ikeizzati”, se fossi nato in questi anni mi sarei trovato immerso nel marasma dell’Ikea a scegliere il lettino e l’armadio. Insomma, è finita l’epoca della consultazione e presi dalla voglia matta del low cost a tutti i costi ce ne sbattiamo del resto. Ormai si va per l’omologazione e in molte della case che vado mi ritrovo la solita libreria Billy.
Senza togliere nulla al design svedese, forse dovremmo tornare ad affacciarsi dai mobilieri nostrani che si sforzano di ritrovare un equilibrio tra qualità e prezzo. Abitare nel tempo mi ha restituito un ricordo, quello di un giovane arredatore partenopeo che diede alla mia cameretta un’impronta che andasse al di là del tempo in cui l’avrei vissuta, lontana dalla crudele filosofia dell’usa e getta. Sarà pure una visione eccessivamente poetica, ma preferisco restare “prigioniero” nell’esposizione di quella vetrina e spacciarmi per l’under 40 anti-Ikea che fa l’impostore e rivaluta un mestiere dimenticato: l’arredatore.
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