Aborto: mettiamo i puntini sulle “o”

Creato il 23 aprile 2014 da Femina_versi @MicaelaTweets

Un tema che, per lo meno per chi è sensibile all’argomento, continua a ricorrere ultimamente sui media è quello dell’aborto e dei tentativi di sottrarsi all’applicazione di una legge, la 194/78, che ha segnato uno storico passo in avanti nella storia della tutela dei diritti civili delle donne negli anni ’70.

Si va dall’obiezione di coscienza da parte dei medici che in Italia raggiunge in media il 70% ed in alcune regioni si sfiora perfino il 100% alla criminalizzazione mediatica e non della cosiddetta pillola del giorno dopo, la RU486 complice di non si sa quanti omicidi tanto che medici “buonisti” e ovviamente obbiettori si rifiutano di prestare cure mediche a donne che hanno avviato regolare procedura di assunzione del farmaco (come nel recente caso di Genova).

L’Italia è stata già ripresa in merito dal Consiglio d’Europa lo scorso 8 marzo (guarda caso) il quale dichiara che “A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza”.

Non solo: abbiamo città come Roma o Torino in cui si consumano scene da medioevo con movimenti “Pro Life” che picchettano gli ospedali in nome degli “omicidi” commessi dalle donne che scelgono di abortire.

Ora, la questione aborto non si risolve col luogo comune della donna che vuole scoparsi chiunque e poi uccidere allegramente il bambino che porta in grembo per poter tornare a scoparsi chiunque. Questo è un inutile argomento che motivava gli antiabortisti già negli anni ’70, anni in cui la legge fu, fortunatamente, approvata dando prova rara di civiltà in questo malsano paese.

La questione riguarda il diritto civile della donna di autodeterminarsi per ciò che riguarda il proprio corpo: un gravidanza non solo significa anni di investimento fisiologico, affettivo e psicologico nei confronti di una nuova creatura, ma significa anche dipendenza economica e sociale nei confronti della relazione con un uomo. Ricordiamo che l’Italia non brilla certo per servizi di sostegno alle mamme che permettano loro di proseguire la maternità e la carriera professionale con serenità. Non solo: la maternità è una discriminante per l’accesso al lavoro e alla realizzazione professionale.

Ora vi racconto una storia. Vera. Purtroppo.

Ero educatrice in una comunità per adolescenti, una ventina di anni fa. Arriva una quindicenne incinta: storia di merda, vita di merda. Borderline: che significa a forte rischio psichiatrico. Vedeva il diavolo ovunque. Probabilmente aveva subito uno o più abusi e da questi nasceva la vita che portava in grembo.

Scelta saggia l’aborto, ma la comunità era dell’istituto vescovile della città.

Fu affidata ai “Pro life”, ebbe il suo bambino che le fu tolto per darlo a miglior sorte, fu ributtata nella stessa melma da cui proveniva.

Lessi sul giornale, un anno dopo che era stata trovata morta, uccisa, sulle rive del Po.

Rimarrà nel mio ricordo, e forse tra i miei sensi di colpa.

L’aborto è un diritto che va difeso al di là del pensiero, opinione e religione personali.

E’ un diritto civile a considerare il corpo della donna come proprietà della donna stessa che è l’unica che può determinarne l’utilizzo.

Questo è a favore della Vita.


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