Si avvicinò esitante alla maschera. Non riusciva a credere a ciò che vide.
Un altro incubo?
Dai grandi occhi di Ra colavano piccole gocce nere che ne rigavano il volto color ocra. Fritz toccò con il dito indice una di quelle gocce e, tremando, se lo portò alle labbra.
Non erano salate, ma amare.
Non erano lacrime miracolose.
Era inchiostro.
L’ho già detto più volte: a me i minestroni piacciono. Ovviamente non intendo quella specie di brodaglia che, quando ero piccolo, mia nonna cercava di rifilarmi almeno una volta al mese, con fagioli, carote smorte e altri pezzi di verdura non identificabili che galleggiano come cadaveri a faccia in su nelle Paludi Morte. Quelli ho sempre fatto fatica a mandarli giù. Mi riferisco ai minestroni letterari (o cinematografici), ovvero quelle opere che prendono di tutto un po’: attingono dai diversi generi della narrativa, da autori precedenti, da tradizioni mitologiche, religiose e cosmologiche apparentemente inconciliabili, aggiungono un pizzico di (fanta)scienza e magia, lasciano sobbollire il tutto a fuoco lento e… ta-daan les jeux sont faits. I primi esempi che mi vengono in mente sono La leggenda degli uomini straordinari, Buffy l’ammazzavampiri, il recente Penny Dreadful e in qualche modo anche Harry Potter, visto il modo in cui riprende tradizioni folkloristiche di tutti i popoli facendole convivere nel medesimo mondo. Ah, dimenticavo: ovviamente la zuppa riscaldata non piace a nessuno. Per funzionare, tutti i vari pezzi del puzzle attinti da una fonte o dall’altra devono essere rielaborati in maniera coerente tra di loro e soprattutto originale. Lo spettatore deve provare la piacevole sensazione di rincontrare “vecchi amici”, deve sogghignare alle citazioni dell’autore e divertirsi a scovare tutti i suoi rimandi. Ma non deve mai, per nessun motivo, avere l’impressione che tutto sia già visto, pena la noia mortale.
Un delizioso minestrone pronto per essere mangiato. Gnam.
Simone Regazzoni nel suo Abyss cerca di fare proprio questo. Il libro segue le vicende di Michael, un giovane studioso di filosofia che decide di pubblicare Le dottrine segrete di Platone, uno scritto rimasto ignoto per migliaia di anni e che contiene un terribile segreto. La National Security Agency si mette sulle tracce del ragazzo, il quale, aiutato da Bellatrix, ex-agente esperta in arti marziali e armi di ogni genere, dovrà cercare di scappare e di risolvere uno dei più grandi misteri dell’umanità. Il tutto si intreccia in qualche modo con gli studi che un gruppo di ricercatori sta conducendo nel punto più profondo della Terra: la Fossa delle Marianne.
Insomma, già leggendo la trama di Abyss si vede subito che Regazzoni non si è risparmiato e ha deciso di mettere un bel po’ di carne sul fuoco. Ma se si limitasse a questo ci troveremmo di fronte ad un semplice thriller vagamente spolverato di cospirazionismo e paranormale, in stile La biblioteca dei morti di Glenn Cooper o Il codice da Vinci. Nulla può preparare il lettore al gigantesco pastiche letterario che si manifesta già nel prologo (e che è possibile leggere nell’anteprima gratuita di Google Play). Già nelle primissime pagine, che spiegano come le Dottrine di Platone siano tornate alla luce dopo secoli, vengono tirati in ballo:
Un bel ritratto della famiglia O’Connell.
-L’ANTICO EGITTO. Infatti Fritz, lo scopritore delle Dottrine, è un tedesco appassionato di antichità egizia che compra una antica maschera funeraria, la quale, una sera, comincia a lacrimare uno strano liquido nero. L’analisi di un esperto rivela che si tratta di inchiostro, perché il reperto è stato realizzato utilizzando vecchi papiri il cui testo, le Dottrine appunto, si è sciolto a causa del calore. L’allegra famigliola di Fritz, padre, madre e un figlio, accumunati dalla passione per l’archeologia, mi ha immediatamente fatto venire in mente quella di Rick O’Connell in La Mummia – Il ritorno. Anche i protagonisti della fortunata saga hollywoodiana si trovano a dover affrontare segreti millenari e oscure organizzazioni decise a sfruttarli ai danni del mondo intero, e anche qui ogni episodio comincia col ritrovamento di un reperto misterioso. Tra l’altro, trovo interessante notare come l’Egitto dei faraoni stia tornando di moda nella cultura popolare, dopo aver perso un po’ di mordente negli ultimi anni. Guarda caso, anche Penny Dreadful vede il motore delle sue vicende in verità occulte provenienti da questo paese, fatto che non dovrebbe sorprendere, dal momento che in tutto l’Ottocento l’Egitto è stato visto come il centro da cui derivava qualunque cosa fosse considerata anche solo vagamente magica, mistica o esoterica, complice anche la teoria diffusionista di Grafton Elliot Smith.
Edward e Alphonse Elric. Anche loro hanno avuto il loro bel da fare con la Thule-Gesselschaft.
-I NAZISTI, perché il dolce Rudolf, figlioletto di Fritz, una volta cresciuto, diventa membro nientepopodimeno che della Società Thule, un’organizzazione segreta realmente esistita e che ha radunato molti di coloro che sono poi diventati importanti esponenti del Nazional-socialismo tedesco. I nazisti sono molto presenti nella cultura pop americana (e Abyss con la cultura pop americana ha molto a che fare) fin dai tempi della Seconda guerra mondiale, basti pensare a Teschio Rosso, al secolo Johann Schmidt, il nemico numero uno di Capitan America. La prima lampadina che si accende parlando di Nazismo e archeologia è, senza dubbio, la lampadina col cappello e la frusta di Indiana Jones. Ma non solo. La Thule-Gesellschaft è citata in parecchi romanzi, film e fumetti di genere fantastico, ad esempio in Hellboy e Fullmetal Alchemist – Il conquistatore di Shamballa. Probabilmente non mi sarei azzardato a conteggiare Fullmetal Alchemist tra le possibili fonti di ispirazione di Regazzoni, se non avessi letto nella sua biografia che egli “È appassionato di serie tv americane, blockbuster hollywoodiani e anime giapponesi”. Dal mio punto di vista, trovo molto positivo che lo scrittore di un romanzo come questo si lasci influenzare anche da questo tipo di fonti: nessuno come i mangaka nipponici è abile nel riciclare (nel senso buono del termine) suggestioni provenienti anche da culture anche molto lontane dalla loro per farne qualcosa di completamente diverso: pensiamo ai ninja di Naruto, agli eseorcisti di D.Gray-man o, appunto, agli alchimisti di Fullmetal Alchemist.
Un Antico
Un Grande Antico.
-LOVECRAFT. Ebbene sì, anche Simone Regazzoni si è lasciato affascinare dagli scritti del maestro dell’orrore primo-novecentesco, come già molti autori di racconti, giochi da tavolo e fumetti prima di lui. Qua, però, il nostro Simone si merita una bella bacchettata sulle mani. Infatti egli afferma che nelle Dottrine di Platone si parla dei Grandi Antichi, uno dei primi popoli che hanno abitato la Terra. Tuttavia nella cosmologia Lovecraftiana esiste una differenza fondamentale tra le creature che lo scrittore di Providence chiama Grandi Antichi e agli Antichi. I primi sono creature trascendentali, provenienti da altre dimensioni, non composti di materia o, almeno, composti da una materia diversa da quella che compone il nostro universo. Di questi fanno parte Cthulhu e molte altre semi-divinità del pantheon lovecraftiano, che si pongono a metà tra i comuni esseri viventi e gli Dei Esterni. Altro sono i cosiddetti Antichi e probabilmente era a questi che l’autore voleva riferirsi. Gli Antichi sono alieni provenienti da luoghi lontanissimi, ma sempre appartenenti alla nostra dimensione e sono solo una delle numerose razze non umane che hanno popolato il nostro pianeta prima che gli ominidi facessero la loro comparsa. Si tratta comunque di un errore accettabile, soprattutto considerata la brutta traduzione che si è fatta in italiano dei due termini e che di certo non aiuta a distinguerli (gli Antichi si chiamano in inglese Elder Things, i Grandi Antichi, più fedelmente, Great Old Ones).
Insomma, in questo libro c’è proprio tanta roba. Le premesse sono buone, resta da vedere se l’autore riuscirà a gestire tutta questa gargantuesca mole di influssi e citazioni nel corso della narrazione, districandosi tra organizzazioni federali, inseguimenti ed esplorazioni oceaniche. Io voglio dargli fiducia: sempre nella sua biografia in quarta di copertina leggiamo che Simone Regazzoni
“È professore a contratto di Estetica presso l’Università di Pavia. Ha pubblicato diversi saggi tra cui La filosofia di Lost (2009) e, come coautore, La filosofia del dr. House (2007)”.
A parte l’istintiva simpatia che mi suscita in quanto collega studioso di Fuffologia, trovo molto interessante che una persona con una così solida preparazione nell’ambito della cultura popolare, anche a livello accademico, scenda dal podio della critica per scrivere egli stesso un romanzo. Soprattutto un romanzo di un genere (o dovrei dire di più generi) come questo, che in Italia è molto apprezzato ma raramente prodotto. Penso proprio che ne uscirà qualcosa di buono.
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Herr Joe