Anno: 2011
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 90′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Italia
Regia: Stefano Sollima
I protagonisti, frutto del riadattamento dell’omonimo libro di Carlo Bonini, sono quattro poliziotti veterani con un passato all’insegna della guerriglia urbana che li ha resi assetati di violenza: Cobra (Pierfrancesco Favino), Negro (Filippo Nigro), Mazinga (Marco Giallini) e Carletto (Andrea Sartoretti), alcuni dei migliori interpreti del momento. Sollima indaga nelle dinamiche interne del loro lavoro, e poi li segue anche nelle loro case, per dimostrare come questi due mondi rappresentino due poli che finiscono per ricongiungersi: le manganellate e i nasi rotti ai tifosi sono sì a volte autodifesa, ma più spesso puro sfogo o la risposta violenta ai fallimenti personali. Ed è così ad esempio che Mazinga si trova a essere padre di uno skinhead che odia lui e l’intero corpo di polizia. La sua storia fa da quadratura del cerchio: sotto lo stesso tetto vivono due nemici, entrambi vittime di un odio virale che si trasmette senza soluzione di continuità.
Ma mentre questi reduci del G8 di Genova inseguono il sogno del poliziotto che mette ordine nel paese, tra azioni punitive e botte ai tifosi, arriva la giovane recluta Adriano (Domenico Diele) a creare un punto di rottura con il sistema messo in piedi da questi “fratelli” di battaglia. Lui si metterà di traverso e combatterà per ripristinare la legalità che dovrebbe garantire un organo dello Stato, ma che sembra perduta dopo anni di omertà e connivenze. Forse è l’unico argine per mettere un freno alla spirale di violenza che Sollima porta sul grande schermo, ripercorrendo alcuni dei più recenti fatti di sangue della cronaca italiana, dalla morte di Gabriele Sandri all’omicidio Reggiani.
Acab è dunque un film da non perdere. Non solo per i tratti stilistici simili a Romanzo criminale - che molto apprezzeranno i fan della serie – ma, soprattutto, per il pregio di saper raccontare uno spaccato di società che è continuamente sulle pagine dei giornali senza mai essere accompagnato da un’analisi priva di pregiudizi come quella di Sollima.
Ilaria Mariotti