Cobra, Negro e Mazzinga (gli attori Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro e Marco Giallini) sono colleghi, celerini si, ma sono anche qualcosa di più: sono fratelli. E’ un’unione che fa muro la loro: contro la violenza negli stadi che ogni domenica affrontano senza titubanza e con il sangue che insegue l’adrenalina; contro le ingiustizie personali che vedono riflesse negli sfrattati che sfollano, gli immigrati che insultano o i diversi, quelli che faticano a vederla come loro.
Come Spina (l’attore Domenico Daniele) l’ultimo arrivato nel Reparto Mobile che non capisce quest’inno alla fratellanza, la quale come può si trasforma in violenza gratuita e autorizzata.
Poi però Spina si convince ed entra nel vortice, difende i propri colleghi e si fa “coprire” quando il manganello colpisce più forte e più del dovuto.
In questo senso l’approccio è americano perché dà l’input ad affrontare, seppure a tratti ideologicamente, il tema della violenza che ha un’unica matrice: quella del popolo, per i soprusi e le ingiustizie subiti e che si sente in diritto di perpetrarli a sua volta rendendo tutti uguali vittime e carnefici.
Lo stesso Favino in un’intervista ha dichiarato a proposito della sua preparazione al personaggio ricevuta da un vero componente della Celere:”Io pensavo di trovarmi di fronte il violento, il fascista. E lui vedeva in me il viziato progressista. Confrontandoci ci siamo "sorpresi" e lì abbiamo trovato un terreno di confronto, pur rimanendo profondamente diversi. Lui ha capito che io non ero prevenuto e che per il lavoro che faccio devo farmi più domande di molti altri, io che sotto un casco c'é un uomo con le sue sofferenze e le sue contraddizioni.”
L’attore proprio recentemente ha scambiato una polemica con il giornale “Libero” che a seguito di una sua intervista a loro rilasciata aveva definito l’interprete "la star che sta con la polizia contro i no tav". “Pensavo”, dichiara Favino, “parlando con Libero, di avere a che fare con professionisti responsabili e interessati alla complessità delle questioni e non alla loro strumentalizzazione. Peccato”. (Fonte Il Messaggero)
Spesso però non è così. L’acronimo che dà il titolo al film è l’icona figlia di un’espressione (tutti gli sbirri sono bastardi), infelice protagonista di molti scontri nei G8 come nelle grandi manifestazioni di piazza dal respiro europeo in cui spesso gli infilitrati (a volte poliziotti e manifestanti violenti insieme) si confondono e uniformano.
Nella stessa origine del gruppo (che prende il nome dal brano lanciato negli anni ’80 dai “The 4-Skins”) non vi si identifica una precisa fazione politica o tifoseria. E’ violenza appunto che dà la cifra, e che necessita di anticorpi per limare e correggere ogni tipo di deviazione insita in una professione così delicata e importante.
E quando i diritti di tutti vengono meno è li che le barriere del senso comune, della lucidità e dell’obiettività si sfaldano.
Nel prologo del libro, Carlo Bonini avverte:”È il peggio che potesse capitarvi. Odio. Odio Puro.”
Lo scrittore inviato di Repubblica e per anni co-autore di scoop e inchieste con il giornalista Giuseppe D’Avanzo dichiara a Notte Criminale:”Credo che il film, per la potenza che hanno le immagini, abbia un merito. In un Paese che ha paura anche della sua ombra, apre un varco, fissa un precedente. Che consentirà, forse, di cominciare a raccontare e a raccontarsi cose che ci piace rimuovere.”
È così: siamo fuori finalmente dalle serie buoniste e senza cronaca viva dei Distretti di Polizia o dei Ris di Parma dove tutto è nitido e l’odio puro resta sfocato, senza andare oltre le azioni e le reazioni, confuso tra i ruoli imposti dei buoni e dei cattivi.
A.C.A.B. fa parlare anche chi non vorremmo sentire o vedere sperando che sia tutto un bluff.
Le storie scaturite da indagini e cronache che la realtà di tutti i giorni ci presenta come un debito mai evaso.