Accabadora (M. Murgia)

Creato il 13 gennaio 2014 da Stefania
Non è una nuova uscita ma raramente mi capita di leggere libri appena usciti, tantomeno se sono molto pubblicizzati. Il libro "Accabadora" mi è stato suggerito in biblioteca: ero alla ricerca di un libro di un autore italiano ma non avevo idee precise circa la storia. Mi sono ritrovata tra le mani un libro che ha vinto il Premio Campiello nel 2014 di un'autrice che conoscevo solo di fama non avendo ancora letto nulla di suo. E' un libro che mi ha incuriosita già dalla copertina e che, una pagina dopo l'altra, mi ha permetto di conoscere una terra (anche se in un modo molto particolare) che non conosco più di tanto: la Sardegna.
Dalle prime righe del libro, capitolo primo:Fillus de anima. E' così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell'anima di Bonaria Urrai.
Bonaria Urrai è una donna che non ha avuto figli suoi ma che ha preso con se la piccola Maria. Maria è una bambina che ha vissuto, con equilibrio, la situazione di figlia naturale di una donna che l'ha ceduta ad un'altra che, a sua volta, l'ha amata e cresciuta come figlia sua.Bonaria Urrai è una donna misteriosa. Rispettata nel paese per qualche cosa di misterioso che la piccola Maria non riesce ad afferrare appieno fino a che non si troverà davanti ad una realtà che la sconvolge. La donna che l'ha cresciuta è una "Accabadora", colei che finisce. E' una donna che pone fine alle sofferenze di chi si trova sul letto di morte.
L'autrice affronta il tema dell'eutanasia proponendo una storia che arriva dalla sua terra, dalle sue radici. Una storia che invita a riflettere e che pone la stessa Maria in una situazione di iniziale rifiuto assoluto ma successivo momento di riflessione. 
Il libro mi è piaciuto. Non avevo mai letto nulla su un argomento tanto delicato e, se non me l'avessero consigliato in biblioteca, probabilmente non sarei mai andata a cercarlo.
Nel corso della narrazione capita spesso che l'autrice usi il suo sardo: all'inizio questa cosa mi ha un po' indispettita perchè pensavo di fare fatica a seguire alcuni passaggi del discorso ma poi, pian piano, mi sono abituata a questo modo di scrivere e mi sono immedesimata ancora di più in quella terra, in quegli ambienti. Nei ringraziamenti posti in coda al libro ho letto un ringraziamento dall'autrice ad una persona "...per avermi guarita dalla paura di usare il mio sardo". Leggendo queste poche parole mi sono resa conto che, come è capitato anche a me, l'autrice in partenza si è posta il problema di usare o meno il sardo. Credo che la scelta sia stata azzeccata.
Con questa lettura partecipo alla gara di lettura Monthy keyword reading challenge.Nel titolo non c'è nessuna delle parole chiave indicate ma nella copertina compare l'OCCHIO ed anche il FUOCO delle candele.

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