Acciaio è un titolo accattivante. La copertina ha un ché di gotico, misterioso, potrebbe anche indurre a pensare a un romanzo che parla di stregoneria. Acciaio però è un libro più terra-terra. Siamo a Piombino, nella sua periferia più estrema, dove abitano e lavorano gli operai del grosso stabilimento industriale capace di sfornare acciaio (n.d.r. per l'appunto) a tutta Europa. Anna e Francesca sono amiche da una vita. Le loro famiglie sgangherate vivono l'una sopra l'altra. Anna al terzo piano di un palazzone-caserma. Francesca al quarto piano. Anna è sensuale, riccia, mora, carica di energia mediterranea. Francesca è glaciale, nordica, bionda, alta e longilinea. Due bellissime ragazze, amiche per la pelle, inseparabili. Entrambe hanno tredici anni. E' agosto. Il prossimo anno dovranno separarsi. Anna andrà al liceo. Francesca invece andrà all'istituto professionale. Ma è l'anno che le farà debuttare nel mondo dei grandi... esattamente il giorno di ferragosto, quando potranno andare, per la prima volta, a una festa. Anna e Francesca hanno famiglie sgangherate. Padri violenti e madri ormai sottomesse. Sopravvivono solo grazie alla forza che riescono a infondere l'una nell'altra. Però... però i primi amori sono sempre pericolosi e, anche questa volta, succede che le due amiche finiscono per separarsi in malomodo...
Acciaio è una storia d'amore saffica? No. Acciaio è un romanzo che parla del degrado popolare? No. Acciaio è un romanzo che parla della violenza all'interno delle famiglie? No. Acciaio è un romanzo che parla della piccola criminalità nei quartieri poveri? No. Acciaio è un romanzo che parla della malmessa condizione dei lavoratori di bassa lega delle acciaierie? No.Eppure tutti questi ingredienti sono presenti all'interno delle pagine di Acciaio. La critica più comune che ho letto su questo romanzo è che Silvia Avallone è una bravissima narratrice ma che, la storia perde acqua da tutte le parti. Personaggi stereotipati. Situazioni stereotipate. Trama che non ha capo ne coda. Per certi versi tutto ciò è vero. Ma secondo me è una valutazione superficiale. Gli stereotipi non nascono dal nulla, bensì da una esagerazione di figure realmente presenti nella vita reale (pensate alle due ragazze che quest'estate hanno spopolato per una brevissima intervista fatta da SkyTg - qui - e poi girata in rete quasi come un fenomeno culturale tutto italiano...). Nel romanzo appaiono delle figure tipiche dei quartieri popolari; a mio parere non sono estremizzate eccessivamente anche se, ovviamente, si nota il desiderio di voler raccogliere una determinata tipologia di personaggi all'interno di una sorta di micro-clima localizzato tra i casermoni di via Salingrado.Quanto alla trama senza capo ne coda... mi ricollego a quanto ho scritto poco fa. Quando si inizia a leggere il romanzo ci si fa l'idea che voglia raccontare le vicende di Anna e Francesca. Andando avanti sembra essere la famiglia di Anna il fulcro di ogni vicenda. Sul finire però ecco che rientra in gioco Francesca e la sua disperazione. Per poi giungere a conclusione nuovamente con le due ragazze assieme. L'idea che mi son fatto è che Anna e Francesca siano solo gli espedienti usati dall'autrice per raccontare una realtà. Acciaio non parla di due ragazzine, non parla di famiglie sgangherate, non parla della condizione degli operai... Acciaio fotografa un mondo e ne mostra piccoli ritagli come se fosse una sorta di documentario. Acciaio è una specie di antologia con un tema comune che ricollega i vari testi. Ogni capitolo è una storia a sé stante, con inizio, svolgimento e fine. I capitoli sono collegati tra loro grazie alla comunanza dei personaggi ma... il libro appare ai miei occhi proprio come una raccolta di racconti, piuttosto che come un'unica storia che si dipana lentamente attraverso le oltre trecento pagine. I questo contesto, Acciaio diventa una lettura particolarmente affascinante. Ogni personaggio si trasforma "nel personaggio principale". Ci sono solo primi attori, tutti giovani, tutti incatenati a un futuro che non appare tanto radioso. E l'isola d'Elba, lontana, che appare in quasi tutti i racconti, è la spettatrice silenziosa che osserva le umane avventure di questi ragazzi che lottano, si disperano, vivono, sopravvivono, fanno errori, gioiscono, soffrono... ogni giorno, ogni pagina, in ogni frase.Da questo punto di vista ho apprezzato parecchio l'esperimento letterario di Silvia. Ovviamente non posso essere sicuro che la mia chiave di lettura concordi con le idee originali dell'autrice ma, quale autore può pretendere che il proprio libro abbia una sola chiave di lettura? Una volta stampato, un libro è una creatura indipendente... e la sua immagine apparirà diversa agl'occhi di ogni lettore che incontrerà nel suo percorso.
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