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Accordi di libero scambio dell’ASEAN con i Big Three: verso un’unica area di libero scambio in Asia Orientale?

Creato il 26 settembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Accordi di libero scambio dell’ASEAN con i Big Three: verso un’unica area di libero scambio in Asia Orientale?

L’Associazione delle Nazioni dell’Asia Sud-orientale, ASEAN, secondo l’acronimo inglese, è stata istituita nel 1967 da Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Tailandia. Al giorno d’oggi comprende 10 membri in seguito all’adesione del Brunei (1984), Vietnam (1985), Laos (1997), Birmania/Myanmar (1997) e Cambogia (1999). Gli obiettivi principali dell’ASEAN, così come enunciati nella Dichiarazione di Bangkok del 1967, sono: accelerare la crescita economica, il progresso sociale e lo sviluppo culturale della regione; promuovere la pace e la stabilità regionale; promuovere una collaborazione attiva e una assistenza reciproca nelle aree di comune interesse. Dalla sua istituzione i Paesi dell’ASEAN hanno intrapreso una crescita molto rapida fino a trasformarsi oggi in una delle aree più dinamiche del mondo. L’Accordo di Libero Scambio (FTA – Free Trade Agreement) ha contribuito significativamente alla crescita economica della regione, in particolare all’espansione del commercio tra i suoi membri.

L’area di libero scambio dell’ASEAN è stata istituita nel gennaio 1992 per eliminare le barriere tariffarie tra i Paesi del Sud-est asiatico col proposito di integrare le economie dei membri dell’ASEAN in un’unica base produttiva e creare un mercato da 500 milioni di persone. Il FTA copre tutti i prodotti manifatturieri e agricoli. Nel 2008, i membri dell’ASEAN hanno adottato il Trade Facilitation Work Programme per facilitare il flusso di beni e promuovere un network produttivo nella regione sud-orientale dell’Asia. Oltre a piani di riduzione tariffaria, l’ASEAN sta lavorando anche su altre tematiche trade-oriented, tra cui la modernizzazione delle tecniche e delle procedure doganali, il miglioramento della trasparenza e dell’informazione sul commercio e l’armonizzazione degli standard e delle regolamentazioni tecniche.

L’ASEAN sta crescendo non solo internamente ma anche esternamente tramite accordi con i più importanti partners economici. Grazie alla sua crescita economica e al suo mercato da 500 milioni di persone, molti Paesi sono interessati a stipulare accordi di libero scambio con l’ASEAN. L’ASEAN ha siglato FTA con Australia, Nuova Zelanda, India, Cina, Corea del Sud e Giappone. Anche l’Unione Europea è interessata a stipulare un FTA con l’ASEAN nel suo insieme anche se sussistono alcuni ostacoli tra cui la volontà della UE di escludere Myanmar a causa delle persistenti violazioni dei diritti umani e differenti posizioni su public procurement, concorrenza e sviluppo sostenibile.

Per l’integrazione economica regionale e per i risvolti che possono avere sull’economia globale, gli accordi di libero scambio tra l’ASEAN e i Big Three – Cina, Giappone e Corea del Sud – acquisiscono particolare rilevanza. Il Giappone è il primo partner commerciale dell’ASEAN. I forti legami economici tra le due parti sono anche rappresentati dal network di multinazionali giapponesi nel Sud-est asiatico. L’ASEAN-Japan Comprehensive Economic Partnership (AJCEP), siglato ed entrato in vigore nel 2010, comprende il commercio in beni e servizi, gli investimenti e la cooperazione economica. Per quanto riguarda il commercio in beni, l’accordo prevede, entro 10 anni dall’entrata in vigore, una drastica riduzione dei dazi per i beni inseriti nel Normal Track, pari al 92% per il Giappone e al 90% per l’ASEAN, esclusi Cambogia, Laos e Myanmar ai quali è concessa una maggiore flessibilità. Considerato il vasto network di produzione delle multinazionali giapponesi nell’Asia Sud-orientale, l’AJCEP attribuisce molta importanza alla Rule of Origin. Un altro aspetto importante dell’accordo è l’istituzione del Dispute Settlement Mechanism per la risoluzione delle controversie che potrebbero derivare dall’interpretazione o esecuzione dell’accordo sul commercio in beni.

L’ASEAN e la Corea del Sud hanno firmato il Framework Agreement on Comprehensive Economic Cooperation nel 2005. In seguito, hanno firmato altri quattro accordi, cioè l’ASEAN-Korea Agreement on Trade in Goods (AKTIG), l’ASEAN-Korea Agreement on Trade in Services (AKTIS), l’ASEAN-Korea Agreement on Investment (AKAI) e l’ASEAN-Korea Agreement on Dispute Settlement Mechanism (AKDSM) che formano gli strumenti legali per l’istituzione dell’ASEAN-Korea Free Trade Area (AKFTA). L’AKTIG mira all’eliminazione dei dazi che sono stati mantenuti da ogni Paese su quasi tutti i prodotti. L’AKTIS ha per obiettivo la liberalizzazione del commercio in servizi, per cui adotta un livello di commitment superiore a quello previsto dal GATS plus. L’AKAI, un framework legale per espandere gli investimenti tra le due parti, garantisce il trattamento della nazione più favorita e la protezione degli investitori contro le misure discriminatorie adottate dai governi locali. Anche l’accordo con la Corea prevede un meccanismo di risoluzione delle controversie.

La Cina è divenuta il terzo partner commerciale dell’ASEAN dopo Giappone e UE. Tra il 1995 e il 2008, il commercio tra ASEAN e Cina è più che decuplicato. Nel 2002 è stato firmato il Framework Agreement on ASEAN – China Comprehensive Economic Cooperation che ha aperto la strada all’ASEAN – China Free Trade Agreement (ACFTA) che è entrato in vigore nel 2010. L’ACFTA è stato visto da entrambe le parti come il modo migliore per sostenere la crescita e lo sviluppo futuro nella regione. L’accordo prevede una riduzione generalizzate delle barriere tariffarie. L’accordo comprende anche i servizi e gli investimenti. Nel primo caso viene applicato il GATS plus. Nel secondo caso l’accordo mira a creare un ambiente favorevole per gli investitori tramite un trattamento equo, non discriminatorio sulle nazionalizzazioni o espropriazioni e compensazioni per le perdite. L’ACFTA può avere due importanti effetti. In primo luogo, le multinazionali potrebbero ristrutturare gradualmente le loro supply chains e razionalizzare i loro network di produzione per includere la Cina e l’ASEAN in un unico mercato, risultando perciò in una redistribuzione dei flussi di IDE (Investimenti Diretti Esteri) e del commercio nella regione combinata. In secondo luogo, l’ACFTA potrebbe dare un nuovo impeto al processo di integrazione nella regione.

Il miglioramento delle relazioni economiche con i Big Three è sempre stato un aspetto chiave della politica dell’ASEAN. Secondo le ricerche dell’Asian Development Bank, l’ASEAN guadagnerebbe di più dall’ASEAN+3 FTA (A+3FTA), che appunto comprenderebbe in un’unica area l’ASEAN e i Big Three. Anche Cina, Giappone e Corea guadagnerebbero di più dall’A+3FTA che dai loro rispettivi accordi bilaterali con l’ASEAN. L’A+3FTA sarebbe il più grande mercato in termini di consumatori e includerebbe la seconda e la terza economia del mondo. Formerebbe uno dei tre blocchi commerciali regionali con la UE e il NAFTA. Tuttavia, gruppi con interessi costituiti ostacolano l’adozione di misure più incisive. Un esempio su tutti, gli agricoltori in Giappone e Corea del Sud, che hanno uno svantaggio comparato in agricoltura, si oppongono alla liberalizzazione perché li esporrebbe alla concorrenza di prodotti esteri più economici. Inoltre, negoziare l’A+3FTA è molto più complesso che negoziare i singoli accordi bilaterali poiché richiede la riconciliazione non solo degli interessi dell’ASEAN con un partner bilaterale, ma degli interessi dell’ASEAN con i Big Three, che sono complicati da fattori storici e geopolitici. Perciò, l’implicazione naturale dei policymakers dell’ASEAN è di concentrare i loro sforzi su FTA bilaterali, cercando di armonizzarli per progredire gradualmente verso una regione dell’Asia Orientale più integrata.


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