Accordo sul Lavoro, i dettagli trapelati sino ad ora

Creato il 15 marzo 2012 da Candidonews @Candidonews

Stretta finale per l’accordo sul Lavoro. Sindacati, Confindustria e Governo si vedranno la settimana prossima per chiudere il cerchio. Si spera si possa trovare un accordo unitario. Nel frattempo tramite un bell’approfondimento del Il Post, ripercorriamo come è e come cambierà , stando alle indiscrezioni, il welfare italiano.

Innanzitutto iniziamo dall’articolo 18. Al momento è regolato cosi:

L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, al centro di molte battaglie simboliche più che al centro della trattativa, oggi tutela chi lavora in imprese con più di 15 dipendenti garantendo il reintegro in caso di licenziamento “senza giusta causa”. Chi lavora nelle imprese con meno di 15 dipendenti ha invece diritto a un indennizzo economico.

L’accordo lo cambierebbe cosi:

Ferma restando la tutela dai licenziamenti discriminatori, che nessuno vuole toccare, l’accordo prevederebbe innanzitutto una migliore definizione della “giusta causa” e dei “motivi disciplinari”. Il diritto al reintegro rimarrebbe solo per i licenziamenti discriminatori, al quale sarebbe accompagnato un risarcimento pari a 24 mesi di stipendio. I licenziamenti per motivi economici sarebbero compensati con un indennizzo, come avviene in Germania. Ovviamente ogni decisione resterebbe appellabile ai tribunali del Lavoro, com’è adesso, ma con una “procedura d’urgenza” per i processi in materia di licenziamento, così da velocizzarli e far sì che durino al massimo 24 mesi.

I contratti ‘precari’ cambieranno nel senso voluto dal Pd, come aveva detto piu volte Stefano Fassina:

Accanto ai contratti a tempo indeterminato, il canale principale di ingresso nel mondo del lavoro diventerebbe il contratto di apprendistato. Il contratto di apprendistato potrà essere stipulato solo dalle imprese che negli anni precedenti hanno confermato “una certa percentuale” di apprendisti e la formazione dovrà essere garantita dalla “presenza obbligatoria del tutore”. I contratti a termine costeranno qualcosa in più alle aziende rispetto ai contratti a tempo indeterminato, ma la differenza potrà essere recuperata dalle aziende se il lavoratore precario viene assunto a tempo indeterminato. L’aumento dell’intervallo temporale tra un contratto a termine e l’altro sarà aumentato, per limitarne gli abusi. La quota contributiva all’INPS dei contratti co.co.pro. sarà aumentata e “avvicinata alle aliquote previste per il lavoro dipendente” e si stabilisce “una definizione più stringente del progetto”. La riforma comprenderà anche misure volte a contenere l’abuso delle partite IVA nei casi di collaborazioni coordinate e continuative. Delle decine di tipologie di contratti a termine ne resterebbero in tutto 7, scrive il Corriere, “ma sarebbero più difficili da utilizzare”.

Al momento la Cassa integrazione è cosi regolata:

Oggi i principali sono: la cassa integrazione ordinaria, che integra parte dello stipendio dei lavoratori che lavorano a orario ridotto o non lavorano del tutto a causa di un momento di difficoltà della loro azienda, se questa ha più di 15 dipendenti e le difficoltà si devono a eventi congiunturali, crisi economiche o del mercato non direttamente imputabili agli operai o all’imprenditore; la cassa integrazione straordinaria, che si può applicare anche ai lavoratori di imprese fallite o in corso di fallimento, e non solo a quelle che attraversano un momentaneo periodo di difficoltà; la cassa integrazione in deroga della quale, soprattutto dal 2008, possono usufruire anche le piccole imprese e alcune tipologie di lavoratori atipici; le indennità di mobilità e di disoccupazione, cioè prestazioni economiche erogate dall’INPS per un certo numero di mesi ai lavoratori licenziati o per alcuni casi di dimissioni, se iscritti alle liste di disoccupazione e mobilità

Dopo la riforma cambierebbe cosi:

Sarebbe introdotta l’ASPI, Assicurazione Sociale Per l’Impiego, che sostituirebbe le indennità di mobilità e di disoccupazione ordinaria e sarebbe, scrive Francesca Basso sul Corriere, “uno strumento universale di assicurazione del rischio di disoccupazione involontaria, che possa coprire in proporzione anche i lavoratori con minore esperienza lavorativa”. Per accedervi basterebbero due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane di lavoro negli ultimi due anni, indipendentemente dal tipo di contratto, precario o non precario.

Sarà esteso l’ambito di applicazione e ne potranno beneficiare anche gli apprendisti e gli artisti dipendenti che attualmente sono esclusi da ogni strumento di sostegno del reddito. L’assegno avrà l’importo massimo di 1.119,32 euro e durerà fino a 12 mesi per i lavoratori con meno di 55 anni di età, 18 mesi per chi avrà almeno 55 anni.

La riforma, per il momento, non tocca la cassa integrazione ordinaria e straordinaria e sostituisce la cassa integrazione in deroga con alcuni precisi fondi di solidarietà.

Se davvero queste fossero le basi dell’accordo, non ci si potrebbe lamentare. Una riforma non ottimale ma comunque non distruttiva dello stato sociale vigente.


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