Questo mese, tra le varie interviste, ce n'è una fatta a Paolo Bonolis. A me piace molto. È uno dei pochi che conosco che riesce a parlare più velocemente di me. A me a scuola ripetavano sempre di parlare più piano, che mi mangiavo le parole e non si capiva niente. Lui invece da piccino soffriva di balbuzie e adesso è una fabbrica di duemila parole al secondo, pensa un po'! Ci sono delle parti dell'intervista che mi hanno colpito e che ho deciso di copiare qui, perché mi sembrano cose intelligenti. Non che io abbia dei dubbi sull'intelligenza di Bonolis, sia chiaro.
La tv ti ha cambiato? "Effettivamente non ho bisogno di fare la tv per essere me stesso. La tv è una professione. Sicuramente non bisogna stravolgere se stessi per fare tv. Come dico sempre ai ragazzi: se uno stravolge se stesso, poi non ha niente da raccontare. Rimanere se stessi vuol dire poter dare quel contributo di irripetibilità e unicità che ognuno di noi avrebbe se non si omologasse al volere altrui. Questa scelta di unicità è una cosa che ho sempre fatto. Ho fatto le cose in cui credevo. Le cose che mi si confacevano nella natura e nelle possibilità. Alcune sono andate bene, altre meno bene, come è nella natura delle cose".
Non hai mai pensato di fare regia cinematografica? "No! Perché non ne ho le capacità e mi piace guardare il cinema ed è giusto che lo faccia chi lo sappia fare. Come per quanto riguarda la scrittura. A me piace scrivere, però leggo molto e ogni volta che leggo mi rendo conto che la penna è meglio che la ceda a qualcun altro. Credo che ognuno debba provare a dare il meglio di sé in un ambito nel quale un po' la sorte, un po' le proprie capacità gli abbiano fornito la possibilità di apprendere di più, se io ho appreso qualcosa. Gli altri campi non vorrei mai che diventassero campi miei solo perché la tv mi dà popolarità: mi troverei a incassare di più solo perché sono popolare in tv. Questo non sarebbe onesto verso chi scrive, dirige, interpreta!"
La spontaneità dei bambini e la tv. "La spontaneità dei bambininon può migliorare la tv, perché ci pensa l'ipocrisia degli adulti a smorzarla. Però la spontaneità va coltivata. Per questo voglio che, prima che rivada in onda “Chi ha incastrato Peter Pan?”, devono passare un po’ di anni, perché è necessario che passi una generazione, che i bambini che hanno visto il programma crescano e ne arrivino di nuovi che non l’hanno mai visto, altrimenti ci ritroviamo in tv dei bambini che recitano un ruolo e non c’è niente di più orribile. Perché i bambini hanno diritto allo stupore e alla meraviglia. E l’ipocrisia degli uomini tende a volerli fare adulti prima possibile e a farli diventare criceti che consumano e che girano in una ruota. Voglio giocare con una generazione che ogni volta che entra nello studio tv provi stupore e che lo si legga negli occhi. Solo così il bambino può spostare l’asse delle certezze degli adulti, se non lo si piega al mercato".
Ai giovani cosa vorresti dire? "Non rinunciate al vostro pensiero, al vostro carattere, alla vostra personalità. Il mondo tende a farti divenire ciò che vogliono che tu sia. Se tu preservi ciò che sei, avrai qualcosa da dire".