BICEFALO - Vuoto o con il cervello? E... il cuore?
Caro ed ottimo Engels. Abbiamo avuto in Italia, e specie a Roma e a Napoli, un notevole caso di anarchia spontanea. Le dimostrazioni patriottiche contro la Francia e i vari Consolati di Francia, tollerate, aiutate, stimolate dal Governo, han finito per destare gl’ istinti rivoluzionari del popolo. A Roma, al terzo giorno delle patriottiche dimostrazioni, i socialisti e i repubblicani si fecero padroni del Trastevere; col metodo medioevale, occupando il Ponte Sisto, costruirono tre regolari barricate, e si difesero contro le truppe per quattro ore. C’è fermento da per tutto. Ma a Napoli c’è stato di peggio. Al quarto giorno la polizia voleva reprimere con la violenza il soverchio ardore del popolo. Ne sono nati dei terribili stassen kampfe tra plebe e polizia, durati tre giorni. Donne, fanciulli, ragazzi si sono battuti con coraggio sorprendente. Moltissimi i feriti; parecchi i morti. Per tre giorni chiuse le case, le botteghe, i caffè, le farmacie. Sospese le comunicazioni; bruciati col petrolio gli omnibus, i tram, le carrozze; devastati i giardini pubblici; minacciate le ferrovie, le condutture d’acqua e di gas; tentate in più punti le barricate. Il punto culminante fu giovedì (24) dalle ore 10 antimeridiane alle 4 pomeridiane che per chilometri e chilometri fu portato in giro il cadavere di un ragazzo ucciso dalla polizia. Era la rivoluzione! La polizia dovette cedere, si nascose, e non più ricomparsa. Ora c’è lo stato d’assedio. Quindici reggimenti sono regolarmente accampati per le piazze con molta artiglieria e cavalleria. Nel passaggio dei poteri dalla polizia ai militari furono ore terribili. Distrutto un gran numero di fanali a gas, parecchi quartieri rimasero all’oscuro dal 24 al 25. Finora duemila arrestati. Nessuna di queste cose può essere giunta esattamente all’estero. Furono sequestrati, alterati tutti i telegrammi. Gli stessi giornali locali mal preparati a simili casi, hanno avuto pessima cronaca. Furono ieri arrestati molti socialisti. Si vuol far credere che la sommossa istintiva, disordinata, senza scopo, sia opera dei socialisti e dei repubblicani. I socialisti avevano pubblicato un calmo e teorico manifesto.
Vostro Antonio Labriola Napoli, 27 agosto 1893
I FATTI DI AIGUES-MORTES
Il conflitto tra operai francesi e operai italiani, che avevano accettato di lavorare con un salario di concorrenza, nelle saline di Aigues-Mortes, sono, ordinariamente, degnati di poche righe. Ma il fatto, invece, ha grande significato e conseguenze, tant’è vero che il triste episodio mette in luce i retroscena nazionalistici del tempo, la consueta sinistra influenza del papato nelle cose d’Italia, l’incapacità politica della borghesia conservatrice come classe dirigente; e, nel tempo stesso, di approfondire le cause e gli aspetti dei conflitti operai in campo internazionale e di trarne gli opportuni insegnamenti. A Aigues-Mortes = Acque morte la popolazione molto povera viveva di pesca e del lavoro nelle saline gestite da esosi speculatori, i quali imponevano i più bassi salari e, per ottenerli più bassi e più strozzineschi ancora, pensarono di profittare delle condizioni di disoccupazione e di estrema miseria in cui versava la classe operaia italiana ( il 1893 anno della fame, quello dei “ Fasci siciliani ) e fecero venire dall’Italia più di quattrocento operai, spinti dalla fame al crumiraggio. Gli operai francesi affamati arrivarono ai peggiori eccessi contro gli operai italiani che, più affamati ancora, venivano a togliere alle loro famiglie l’ultimo pezzo pezzo di pane. Trenta operai italiani furono uccisi e cento feriti.
Leone XIII - scrisse Benedetto Croce – invelenì quanto più potè, assistito dal suo segretario di Stato Rampolla, l’ostilità e l’odio francese contro l’Italia.
DISOCCUPATI
Li ho visti
simili a vagabondi;
clandestini sui treni,
a piedi scalzi ai margini delle autostrade.
Li ho visti
trattati come schiavi
da questa società egoista.
Li ho visti
sostare di giorno,
davanti ai cantieri in cerca di lavoro.
Li ho visti
la sera; le sale d’aspetto di terza classe
nelle stazioni delle nostre città del nord,
erano i loro dormitori.
Perché fare delle domande?
I loro occhi chiedevano pane.
Li ho visti
i loro occhi; erano già una risposta
e una domanda!
Quando un domani non uguale a ieri?
Li ho visti,
i più forti, i giovani, incamminarsi
verso le montagne oltre le frontiere.
Li ho visti
cercare lavoro in terra straniera.
Piegati ai più duri lavori
per un pane meno amaro.
Li ho visti,
giganti del lavoro,
mendicare per i loro figli.
Li ho visti
tornare stanchi e delusi
verso le loro famiglie.
Li ho visti
piangere. E con loro ho pianto.
-Rino Giliani-