Si dovesse riassumere il nuovo lavoro degli Across Tundras in una frase, sarebbe possibile fotografare Electric Relics come un disco all’incrocio tra Americana e dilatazioni in salsa “post”, in qualche modo ascrivibile alle stesse pulsioni che hanno guidato di recente nomi quali Earth o USX. Apparirà senza dubbio alcuno riduttivo, ma rende bene l’idea di quanto si agita sotto le acque di questo album, un concentrato di suoni della grande frontiera e sprazzi di psichedelia, riverberi stoner e distorsioni trattenute. Del resto, gli Across Tundras non hanno mai fatto mistero della loro passione sia per la tradizione a stelle e strisce sia per il giocare con il suono, con un piglio sperimentale che rende l’esito del processo compositivo nient’affatto scontato o prevedibile. La stessa presenza discreta ma determinante di feedback e riverberi, accenni drone e note lasciate risuonare (si veda l’incredibile “Kiln Of The First Flame”) impedisce a Electric Relics di sconfinare nel mero tributo al passato e crea una sensazione di sfasamento temporale con il continuo saltare avanti e indietro lungo un’immaginaria linea retta. In questo senso, anche la voce si sposa con le partiture strumentali e rende il viaggio alquanto piacevole e confortevole, merito di un buon equilibrio tra i vari ingredienti e della cura con cui le varie componenti si sposano le une alle altre. Nel complesso non si sta parlando di un disco che dischiuda chissà quali orizzonti o spalanchi porte su un possibile futuro più o meno vicino, ma di un solido album a cavallo tra passato, presente e futuro, connotato da una caratterizzazione geografica e da un saldo legame con l’eredità musicale del proprio luogo d’origine, ma anche in grado di guardare oltre e inserire piccoli correttivi che denotano coraggio e mancanza di sterile timore reverenziale (che non vuol dire, si badi bene, mancanza di rispetto per la materia trattata). Interessante e allo stesso tempo rilassante.
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