Reportage: Il sogno di Damasco. I giorni della tregua
Prima la Turchia, poi l’Europa
Molti dei profughi di Aleppo che cercano un futuro in Europa, puntano verso il confine turco. “Si viaggia in direzione di Kilis” afferma un uomo. Kilis è una cittadina turca proprio al confine con la Siria. Qui si ammassano molti dei profughi che fuggono da un’Aleppo distrutta dalla guerra. “Prima della guerra civile siriana per raggiungere Kilis da Aleppo ci si impiegavano due o tre ore di macchina. Ora ce ne vogliono sedici, se non addirittura una ventina. E’ diventato un calvario raggiungere il confine” lamenta la popolazione civile. I racconti riportano di bombardamenti da parte di quanti non hanno siglato gli accordi di tregua. “Ci sono strade impraticabili per i segni della guerra” spiega la gente comune. Chi ha vissuto ad Aleppo prima e durante la guerra, si dice scettico sul futuro di questa tregua. Quelle migliaia di persone che lasciano la città per andare verso la Turchia e poi da lì in Europa, sono la testimonianza viva che un futuro certo per la Siria non esiste davvero.
Contrabbando di uomini. Centinaia di dollari per la salvezza
L’arrivo alla frontiera non è altro che la prima tappa di un lungo calvario. I cancelli sono sbarrati e la gente è costretta a stazionare in campi improvvisati, un po’ come “la giungla di Calais” di cui i media hanno spesso parlato in questi giorni. “Qui la gente si ferma anche per diversi giorni” racconta qualcuno, “Passare in Turchia significa innanzitutto lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra in Siria”. La gente, costretta a vivere in questi campi del tutto improvvisati, convive ogni giorno con la fame, la sete e il freddo. “E qui ci stanno anche bambini” lamenta una donna, “Stiamo scappando da anni di guerra” spiega con rabbia. Il governo di Ankara non vuole aprire i cancelli. Nella giornata di ieri, infatti, la Turchia ha preso parte ad un vertice insieme all’Unione europea per discutere la questione dei migranti. Nonostante Ankara dispieghi l’esercito per tener serrate le frontiere, alcuni profughi siriani sono riusciti ad attraversarle. E così è nato un nuovo commercio. Dei veri e propri contrabbandieri di uomini girano nelle tendopoli di confine urlando: “Chi vuole andare in Turchia?“. Ed è allora che si tirano fuori centinaia di dollari per oltrepassare clandestinamente la frontiera.
La gente paga per continuare il viaggio. “Se non fai così” spiega un ragazzo, “Rischi di rimanere nella tendopoli per settimane intere. E potresti essere addirittura rispedito a casa”. Chi è arrivato qui al confine con la Turchia, non vuole più tornare indietro. “Ad Aleppo la tregua non convince” spiega un uomo, “A Raqqa ci sono stati di recente dei cortei filo-Assad, ma l’Isis in alcune zone della Siria continua ad imperversare”. “E se la tregua finisse infranta?” si chiede una donna, “Che fine faremmo noi?”. Dunque la via della Turchia resta la sola realmente percorribile per chi scappa da Aleppo e dal resto della Siria.
Chi si affida ai contrabbandieri lo fa perché non ha altre carte da giocare. Sono i soli che dicono di conoscere bene il territorio. “Ti affidi a loro” spiega un ragazzo, “perché sanno come eludere i controlli”. Per questa gente che vive di contrabbando, ciò che conta è soltanto il denaro. Che si abbia a che fare con esseri umani non importa. In queste terre di confine tutto soggiace all’economia di denaro. La violenza è all’ordine del giorno quando ci si mette nelle mani di questi contrabbandieri. Nessuno deve rallentare il passo, altrimenti viene picchiato o abbandonato a metà strada. La destinazione è una sola ed è al di là del filo spinato.
La strategia del contrabbando di frontiera
Per passare la frontiera tra Siria e Turchia, i contrabbandieri si spartiscono il territorio. Sono sempre in contatto per esser certi di eludere i controlli. Nessuno deve sbagliare, altrimenti l’esercito dispiegato al confine può diventare un ostacolo insormontabile. Chi controlla la parte siriana non supera mai il confine. Resta lì sulla linea tra Siria e Turchia, in attesa che arrivino i colleghi turchi a continuare il lavoro. L’attesa può durare anche ore, finché – almeno – non si è certi di poter oltrepassare il confine senza incorrere in controlli da parte dell’esercito.
Nell’ultimo periodo il numero di profughi – che raggiunge la frontiera turca e poi la cittadina di Kilis – è di molto diminuito. Qualcuno spiega che la riduzione non è da ricollegarsi al cessate-il-fuoco decretato il 27 febbraio scorso, bensì per l’aumento dei controlli dell’esercito turco. “La gente continua a transitare” si vocifera lungo il confine, “ma il prezzo è lievitato di parecchio”. Ora si arriva a pagare anche mille euro a persona, senza del resto aver la certezza di finire in Turchia. Di recente alcuni gruppi sono stati intercettati e sono stati costretti a tornare in Siria, perdendo il denaro investito. Si guarda all’Europa come alla meta di un lungo viaggio iniziato ad Aleppo, a Damasco, a Raqqa, ad Homs. Le notizie della tregua non convincono troppo la popolazione civile siriana. Qualcuno è rimasto a casa, convinto della buona riuscita dei prossimi negoziati. Qualcun altro ha preferito andarsene. “Lo Stato islamico non perdona” spiega un uomo, “E se la tregua dovesse fallire?”.