“Mi è venuto in mente che avere un’urna sul caminetto è un ottimo modo per ricordare qualcuno che è morto, ma trasformarlo in un’opera d’arte serve a ricordare che qualcuno è vissuto”.
L’attività di Brown in America sta andando a ruba, tanto che lui ha addirittura lasciato il suo precedente lavoro per concentrarsi a tempo pieno su questa nuova occupazione. I clienti spediscono a Brown le ceneri del defunto, che egli solitamente utilizza per creare lo sfondo del dipinto.
Nel caso il quadro venga venduto, oppure per qualche motivo lasci la famiglia d’origine, sul retro viene scritta la “natura” dei colori
Qualche volta gli è capitato di essere contattato da imprese funebri che gli hanno fornito le ceneri subito dopo la cremazione e lui ha dovuto realizzare in poco tempo il dipinto per fare in modo che fosse presente alla cerimonia commemorativa del defunto. Brown richiede in realtà solo una piccola parte delle ceneri che viene poi inserita sullo sfondo del ritratto, allo scopo di creare una forma di ricordo, per parenti e familiari, del loro caro scomparso.
Niente da dire sull’artista che, in tempo di crisi, si è trovato un lavoro come un altro. Diverse sono le riflessioni che giungono spontanee. Le ceneri dei defunti diventano quindi opere d’arte? In realtà trapela una netta irriverenza nei confronti dei resti mortali, quasi se in vita non fossero appartenuti ad un essere umano.
Il procedimento, per ora possibile solo in Svizzera, permette a chi “rimane” di tenere sempre vicino a sé il caro estinto. Si tratta di scegliere, dove lo vogliamo il familiare: al dito oppure appeso al muro?
In conclusione, riduciamo i nostri morti in cenere, arrogandoci il diritto di farlo per motivi di igiene o addirittura di spazio. Li appiccichiamo sui quadri; li facciamo fondere ad altissime temperature per trasformarli in diamanti.
Ma siamo sicuri che i nostri cari estinti siano d’accordo? Che ne è stato dell’oblio, della pace e della quiete tipici di questa particolare condizione? Credo sia questa la domanda che tutti noi dovremmo porci.
Written by Cristina Biolcati