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Addio a Francesco Rosi, il padre del Cinema d’inchiesta e del Dopoguerra italiano

Creato il 10 gennaio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Uno dei più importanti registi e sceneggiatori italiani del dopoguerra, il 92enne napoletano Francesco Rosi, che raccontando i mutamenti della nostra società diede vita al primo cinema d’inchiesta, è morto a Roma dove viveva da diversi anni.

Rosi iniziò lavorando a fianco di Luchino Visconti in La Terra Trema (1948) e Senso (1953), sceneggiando Bellissima (1951) con Anna Magnani, arrivando a collaborazioni sempre più importanti, come I Vinti (1953) di Antonioni e Proibito (1954) di Mario Monicelli.
Il primo lungometraggio che porta la sua firma è del 1958: La Sfida, mentre l’anno successivo ne I Magliari si trova a dirigere un grande attore del cinema italiano come Alberto Sordi.

Negli anni 60 darà avvio al nuovo filone del cinema d’inchiesta, prima con Salvatore Giuliano (1962) che racconta attraverso la tecnica del flashback la vita del noto bandito siciliano (Orso d’Argento al Festival di Berlino e Nastro d’Argento come Miglior Regista), poi con La mani sulla città nel quale tornerà a raccontare della sua Napoli e dello sfruttamento edilizio, nella corruzione tra malavita e Stato italiano (Leone d’Oro al Festival di Venezia).

I successi e i riconoscimenti ottenuti culmineranno con l’assegnazione del David di Donatello nel 1965, ricevuto come Miglior Regista insieme a Vittorio De Sica.
Seguiranno Il caso Mattei (1971), film d’inchiesta nella sua forma più alta, e Lucky Luciano (1973) che segna il suo ritorno ai racconti sulla malavita e sulla politica corrotta. Protagonista indiscusso di entrambi è Gian Maria Volonté, che diventerà grazie a Rosi una stella del cinema.

Gli anni 80 gli porteranno una dei massimi riconoscimenti in campo cinematografico: il David di Donatello alla Carriera, seguito dal Premio Pietro Bianchi.

E’ del 1997 il suo ultimo lavoro da regista: La Tregua, tratto dal romanzo di Primo Levi (David di Donatello alla Regia). D’ora in poi Rosi resterà lontano dal set, dedicandosi al suo amore iniziale, il teatro partenopeo.
Ma per non dimenticare il suo lavoro ultra-sessantennale svolto dietro la cinepresa, nel 2012 la Biennale di Venezia gli consegnerà il riconoscimento più importante di tutti, il Leone d’Oro alla carriera.


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