Secondo i dati dell’African Child Policy Forum dal 2000 al 2011 il numero delle bambine che in Etiopia frequenta le elementari è passato dal 41 all’83%. Invece, in Angola, dal 35 al 78%.
Complessivamente per l’intero continente la media dei frequentanti le scuole primarie è del 78% per le bambine e del 83% per i maschi coetanei.
Un buon segnale.
Contemporaneamente un altro dato positivo è che c’è stato un calo della mortalità infantile. E qui c’è da evidenziare il successo in merito sia in Rwanda (52%) che in Liberia(47%), realtà politiche che si sono impegnate particolarmente.
Secondo l’Unicef tra il 1990 e il 2012 il numero dei casi di mortalità infantile, per bambini sotto i cinque anni di età, si è addirittura dimezzato.
I successi, per la qualità della vita di bambini e bambine soprattutto, sono dipesi dalla volontà politica di cambiamento nei singoli Stati piuttosto che dalle risorse economiche disponibili in ciascun Paese.
Paesi virtuosi, infatti, si sono rivelati Sudafrica, Tunisia, Egitto, Capo Verde, Lesotho, Rwanda, Algeria, Swaziland e Marocco.
Maglia nera,al contrario, a Ciad, Eritrea, Zimbabwe, Comore,Centrafrica,Rep. Dem. del Congo, Camerun, Mauritania.
Resta ,comunque, un po’ dappertutto il neo della malnutrizione, dell’assistenza sanitaria in generale, che non sia rapsodica o occasionale, e della qualità dell’istruzione.
Sulla qualità dell’istruzione poi poggia il futuro di ciascun Paese africano e del continente tutto.
Perciò la “cosa” è molto importante.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
La foto in alto a corredo del testo è di Claudio Massarente