Adieu au Langage, Godard giovane vecchio maestro – La recensione

Creato il 22 maggio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

22 maggio 2014 • Festival di Cannes 2014, Speciale Festival di Cannes, Speciale Festival OAC, Vetrina Cinema

Addio al linguaggio. Più che un titolo una dichiarazione d’intenti. Jean-Luc Godard con la sua ultima opera intende dichiarare l’addio definitivo alle regole classiche del linguaggio cinematografico, al valore della cultura, all’importanza della storia, alla funzione della parola, al ruolo sociale della comunicazione, alla rilevanza dell’immagine, all’autorità della coscienza politica, alla nobiltà dell’arte. Verrebbe da dire: nulla di nuovo per il cinema godardiano. Eppure il padre della Nouvelle Vague riesce a sorprenderci, a superarsi, a rileggere la sua estetica. Con Adieu au Langage, il regista francese ci regala una summa del suo discorso artistico, rielaborandolo attraverso uno sguardo postmoderno.

Dietro la sua apparente non intellegibilità, l’opera disegna un ritratto impietoso della società contemporanea, in cui tutti i valori dell’esistenza umana e sociale sono ormai frantumati, privi di senso, squalificati, sminuiti. Potrebbe essere giudicato come un esercizio di stile presuntuoso e fine a se stesso, ma in realtà si tratta di un ipnotizzante film-saggio che conduce parallelamente forma e contenuto, che porta l’ineffabile sullo schermo, che gioca con il cinema in ogni sua componente.

Film cast – Red carpet – Adieu au langage (Goodbye to Language) © FDC / G. Lassus-Dessus

Godard scompone l’elemento sonoro, disgrega l’immagine, smembra i contenuti verbali, sbeffeggiando in questo modo il cinema di oggi, che non è altro che lo specchio della condizione sociale del momento, con le sue nuove tecnologie. L’audio in dolby viene segmentato, praticamente distrutto; il 3D anziché creare profondità di campo rende impossibile la visione attraverso sovrapposizioni e dissolvenze; quasi ogni concetto viene frantumato in frasi tronche e non concluse, a volte addirittura incomprensibili.

Ne viene fuori un prodotto inclassificabile, che sfugge ogni categoria, che anzi le categorie le supera per poi giudicarle dall’alto. L’alto di una cultura maggiore, evidenziato sullo schermo da una miriade di citazioni colte, che spaziano dalla filosofia alla pittura, dalla musica alla storia, dal cinema stesso alla letteratura. Godard, come fa da sempre, lancia quindi una vera sfida allo spettatore. Una sfida alla sua capacità di osservazione, di osservazione, alla sua intelligenza. E accogliere questa sfida, ancora oggi, non deve essere solo un piacere, ma un onore.

di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net

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