Sono Adua, figlia di Zoppe. Oggi ho ritrovato l’atto di proprietà di Laabo dhegah, la nostra casa a Magalo, nella Somalia meridionale. Era nascosto in una vecchia valigia di peltro che tenevo in magazzino, era in quel posto da secoli e io non me ne ero mai accorta.
Ora sono in regola. Ora se voglio posso tornare anch’io in Somalia.
Ho una casa e soprattutto un documento ufficiale dove c’è scritto che è appartenuta a mio padre Mohamed Ali Zoppe, quindi è mia.
Con un linguaggio schietto, spesso duro e carico di emotività, Igiaba Scego passa dai pestaggi fascisti al dramma attuale dei migranti e a fare da trait d’union sono le storie di vita di questo padre e di questa figlia, che poco hanno in comune, se non un carattere testardo e un immenso desiderio di libertà. Vite difficili, trascorse all’inseguimento di sogni che si riveleranno spesso illusioni a causa del cinismo e dell’egoismo umano.
Con il Mediterraneo ormai trasformato in cimitero di migranti, Adua è un libro quanto mai attuale, che aiuta a non dimenticare che dietro a ogni volto esausto, spaventato e affranto che vediamo in Tv, ci sono vite reali. Poco importa che i personaggi di Adua siano fittizi, le loro vicende sono il frutto del vissuto di migliaia di esseri umani che hanno sofferto e ancora soffrono in cerca di un’esistenza migliore che molti, ancora oggi, si ostinano a negare loro.
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