Affidamento condiviso: possibile se si fonda la condivisione sulla comprensione. 1° parte

Da Psychomer
by Cristina Rizzi on febbraio 6, 2013

Dall’8 febbraio 2006 è entrata in vigore la Legge n. 54 sull’Affidamento condiviso, che ha innovato profondamente la previgente disciplina dei rapporti familiari.

Il lungo travaglio che ha caratterizzato l’iter del disegno di legge e le critiche che ne hanno accompagnato l’approvazione risultano emblematiche delle difficoltà di legiferare in una materia così delicata come la famiglia con lo scopo di creare formule che dopo la crisi garantiscano la presenza di entrambe le figure genitoriali con pari intensità nella vita del figlio.

All’interno della giurisprudenza di parte si sono subito succeduti punti di vista differenti.

Per i sostenitori della Legge la positività di essa si invera in un’offerta contemporanea al padre e alla madre, relativa alla possibilità di esercitare in modo analogo l’autorità genitoriale, ed al minore riguardante la conseguente possibilità di mantenere la stessa relazione con entrambi i genitori, con una riduzione dei vissuti di abbandono e con un buon adattamento psicologico in termini di autostima e di sicurezza sociale.

Si parte dalla premessa che solo la presenza di entrambe le figure genitoriali possa promuovere ed assicurare un pieno sviluppo della personalità per raggiungere una vera maturazione psichica, evitando il crearsi di una situazione in cui possano sorgere comportamenti ostili verso un genitore assente.

Una nuova cultura nella gestione della dissociazione coniugale richiede che i genitori sappiano fare entrambi un passo indietro nella gestione delle situazioni difficili, riscoprendosi e riconoscendosi vicendevolmente figure valide per la crescita equilibrata dei propri figli e trovino strategie di collaborazione come genitori, che consentano ai propri figli di superare con minori difficoltà la separazione e di adattarsi in maniera meno traumatica al nuovo assetto familiare.

Sicuramente non si può diventare buoni genitori per legge, ma si reputa che la Legge possa accompagnare, incoraggiare una riflessione, far cambiare, dunque, la mentalità delle parti, sanzionando le condotte irresponsabili.

Il figlio non “suddivisibile” ma semmai “condivisibile” deve divenire motivo del consolidamento di aree di cooperazione, permettendo l’accesso all’altro, sapendo temperare il bisogno di possesso: il passaggio dal conflitto al consenso è un compito complesso che tende a ribaltare sia la tendenza dei coniugi di ricercare strategie per vincere che portano ad un’esacerbazione del conflitto, sia la logica di fondo del processo costruito sulla contesa.

Continua…


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