Affrontare la realtà

Creato il 24 luglio 2012 da Marcofre

La caratteristica principale, e più evidente, della narrativa è quella di affrontare la realtà tramite ciò che si può vedere, sentire, odorare, toccare, gustare. È questa una cosa che non si può imparare solo con la testa; va appresa come un’abitudine, come un modo abituale di guardare le cose.

Chi afferma queste cose è Flannery O’Connor. Quindi per me ha ragione lei, e il discorso si potrebbe chiudere qui. In realtà è bello rileggere questa affermazione, e scendere in profondità per comprendere meglio la sfida che chi scrive dovrebbe affrontare. Appare ovvio anche ai segnali stradali che ci troviamo davanti a un’affermazione che fissa la cornice del quadro all’interno del quale un autore può muoversi. Costui può fare spallucce, si capisce; anzi sono certo che ignorando la O’Connor andrà incontro a grandi soddisfazioni.

Quello che un autore alle prime armi non considera, è che la realtà è una sorta di avversario da affrontare sul ring. Ma lo ignora, persuaso com’è di sapere già tutto, oppure molto di quel tutto. Qualunque cosa gli sia capitata, è semplice, è così: perciò basta portarla all’attenzione dell’inclito pubblico, e pregarlo di avvicinare e guardare. Peccato che quell’affare che espone non è altro che un cadavere, disteso su un letto operatorio.

Se al contrario si accetta l’impostazione di Flannery O’Connor, ci si spinge in un territorio accidentato, e disabitato perché buona parte degli autori se ne sta a debita distanza. Come ripeto spesso: è un’ottima notizia. Vuol dire che si è in pochi, e la probabilità di distinguersi, di emergere un poco è tutt’altro che remota. Non immaginatevi chissà cosa, però è meglio che agitarsi nella calca degli autori “vittime dei complotti delle case editrici”.

Per Flannery la narrativa è un corpo a corpo, non c’è niente di leggero o angelico; un bel cambio di prospettiva, secondo me. Per coloro che leggono poco o nulla, e scrivono tanto, è quasi un trauma. Faticano a credere che la narrativa capace di durare, sia concreta. Eppure il treno che uccide Anna Karenina è… un treno. Leggete quel romanzo, maledizione: quel treno è vero, reale, mastodontico e potente. Non ci sono dubbi al riguardo.

Ma non siamo sommersi dalla realtà? Certo, ma non la “nostra”. Quella che vediamo, con la quale abbiamo a che fare ogni giorno, e così sarà finché vivremo, non è roba nostra, bensì filtrata da altri. Occorre perciò non creare un’altra realtà (questo magari dopo), bensì procurarsi i giusti strumenti per decifrarla, superando apparenze e convenzioni.

Uno dei pregi del Web è che ci permette di essere più attivi (basta volerlo), e di andare a verificare le notizie; a controllare le fonti. Naturalmente non lo fa nessuno perché l’abitudine a leggere quello che accade con gli occhiali gentilmente forniti da altri, è troppo radicata. Un simile modo di agire scatta anche quando l’aspirante autore si mette davanti a una tastiera, e pigia felice i tasti. “Sto scrivendo”, pensa; no, ripeti solo la lezione impartita da altri.

Occorre denudarsi di tutte quelle storture che abbiamo assimilato nel corso del tempo. Per comodità, tornaconto, pigrizia. Perciò sarà indispensabile rimettere in moto i sensi, re-imparare a leggere, a scrivere, a tacere e a osservare. Soprattutto a immergersi nel silenzio per avere la giusta prospettiva delle cose. È nel silenzio che i sensi si depurano, si liberano dai fardelli quotidiani e ricominciano a funzionare alla giusta velocità, e scoprono che c’è una gerarchia. E che quello che si vede è quello che si vede. Dietro, pulsa il mistero dell’essere umano…