Africa e Italiani: uno sguardo sull’Etiopia – Intervista a Carlo Franchini

Creato il 02 ottobre 2012 da Cafeafrica @cafeafrica_blog

Intervista Di Alessandra Laricchia a Carlo Franchini pubblicata su Il Cerchio n°1-2/2011

Me ne sto qui seduta sulla sedia nella mia casa napoletana, ma la mia mente è altrove e vaga per terre incontaminate e popolate da uomini dai volti antichi e da animali creati da incantesimi. È questo il potere del meraviglioso volume che Carlo Franchini ha appena terminato di scrivere: “Etiopia – Emozioni di viaggio”, edito dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.
Carlo Franchini, nasce ad Asmara (città che nello scorso numero de Il Cerchio 4/2010 è stata trattata approfonditamente grazie al contributo di eminenti studiosi ed architetti), ove vive fino ai primi anni ’80 per trasferirsi in seguito in Italia. L’intenso legame con la terra natale non viene, tuttavia, mai spezzato o allentato, bensì alimentato con numerosi viaggi, spedizioni, studi e scritti, che lo portano ad esplorare gran parte degli altri Paesi del continente africano, permettendogli di acquisire un’approfondita conoscenza. Dopo aver scritto Eritrea, cose viste” e “Attraverso l’Africa australe”, Franchini volge ora lo sguardo all’Etiopia, Paese confinante con l’Eritrea e culla dell’umanità.
Col suo libro, redatto nella forma di un  diario di viaggio dettagliato e arricchito da straordinarie fotografie e da un documentario realizzato dall’autore stesso, il lettore riesce a sentirsi trasformato in un vero compagno di viaggio e di avventure. È il racconto di un Paese del quale troppo poco ci si occupa, nonostante o a causa delle vicende storiche che lo legano all’Italia, ma che rappresenta un’incredibile stratificazione di razze, etnie e religioni. L’Etiopia, infatti, tagliata al centro dalla lunga spaccatura della Rift Valley è un complesso articolato di regioni caratterizzate storicamente dall’espansione del regno cristiano di Aksum a nord, dai sultani musulmani a est nell’Ogaden, dai popoli della valle dell’Omo a sud.
 Il suo ultimo libro parla di Etiopia, e i due precedenti di Eritrea e di Africa Australe: da dove nasce questo amore per il continente africano?
L’amore nasce da due circostanze per me straordinarie: essere nato e cresciuto  da quelle parti ed aver avuto un padre amante dell’archeologia preistorica (a cui sono dovute molte scoperte di siti rupestri  in Eritrea). Mi ha sempre portato con lui, fin da piccolo, nel corso delle sue affascinanti missioni esplorative insegnandomi ad amare quelle terre e le sue Genti. Questa grande passione unita alla lettura dei diari dei più grandi esploratori del continente africano, mi ha portato poi a spingermi più a Sud con ripetuti viaggi in Africa Australe che mi hanno regalato esperienze straordinarie.
Il viaggio vissuto come esperienza profonda che permette di approfondire la cultura ed entrare in contatto con il popolo. È da questa visione che nascono i suoi diari di viaggio?
Sì la visione è questa. Quando viaggio, cerco di “capire” il territorio, le Genti che lo abitano, la loro cultura e le loro tradizioni. Con pazienza raccolgo racconti di persone anziane e giovani sugli usi e costumi e confrontandoli,  sorprendentemente noto che i contenuti non si modificano nel tempo. Per fare questo spesso torno ripetutamente negli stessi posti, proprio per capire meglio. E rileggendo i diari trovo storie davvero sorprendenti e ricche di fascino che magari a prima vista avevo sottovalutato. Senza dimenticare i problemi che affliggono questo continente, nei miei diari raccolgo  anche le emozioni che vivo laggiù, quasi per timore di perderle.  L’Africa oltre che per le sue Genti mi affascina anche per gli spazi senza fine, per la straordinaria flora e fauna, per il profumo dell’aria, per  la prorompenza della natura e del cielo stellato , per il silenzio e… tornando all’”Uomo” per il sorriso dei bambini! E’ anche questo che raccolgo scrupolosamente nei diari.
 Nell’immaginario di gran parte degli Italiani l’Africa – in particolare alcune zone – rappresenta una terra insidiosa e remota, eppure tracce italiane sono presenti nel passato e nel presente.
 E’ la poca o superficiale conoscenza che porta a vedere l’Africa come terra insidiosa e remota. Oggi si viaggia molto, ma ci si informa poco. Si è sempre di fretta, ansiosi di vedere “più cose” e spesso non c’è tempo per capire. Certo, molti sono stati gli italiani a cominciare dagli esploratori, medici, archeologi, religiosi,  che si sono succeduti in Africa. Leggendo i loro diari, le storie che ci hanno lasciato, traspare indelebile un sentimento di amore, stupore meraviglia. In tutti credo abbia lasciato un segno importante: il famoso mal d’Africa! E tutti coloro che ho conosciuto e che hanno avuto modo di soggiornare in quelle terre  custodiscono un bellissimo ricordo. E cercano sempre di tornarci. Ovviamente tralasciando le vicende politiche che talvolta nei secoli hanno portato guerre e sofferenze per tutti.
 Come nasce in Lei l’esigenza di raccontare attraverso un diario di viaggio un Paese come l’Etiopia? Quali sono gli elementi che colpiscono maggiormente di questo Paese?
 La passione per la fotografia e le riprese video mi hanno portato a rivedere spesso con gli amici le immagini che avevo ripreso. Ed ogni volta notavo una forte curiosità mista ad un’ingenua confusione relativamente al Corno d’Africa. Così a mano a mano è nata in me la voglia di condividere queste immagini e raccontare le mie esperienze ad un pubblico più vasto. E volevo dare anche un contributo a questa terra cui sono tanto legato.
L’Etiopia è un paese ricco di cultura con Genti ed aree geografiche diverse e di interesse straordinario. Si pensi al nord con la sua storia cristiana profondamente radicata, tangibile, nelle tradizioni che continuano, nell’architettura delle chiese in roccia, nei caratteristici dipinti, le vestigia archeologiche del regno di Aksum, Yeha. Il tutto in una cornice di ambe, valloni, canyon, che si avvicendano senza fine. E ancora i massicci del Simien e del Bale.  Poi la regione di Harar, con la straordinaria omonima antica città, ricca di storia, uno dei centri della religione islamica più importante con le sue moschee, i mercati , la savana che li circonda, le famose grotte di Sof Omar. Poi a sud i Konso, la regione dei Borena, la valle del fiume Omo famoso per le numerose etnie che lo abitano. E per chiudere, ma non per importanza l’Afar, più conosciuta come la Dancalia: una terra che vive, una regione ricca di manifestazioni vulcaniche dove è l’localizzato uno dei tre vulcani al mondo in perenne attività, l’Erta Ale, il lago salato di Assale e le miniere di sale a cielo aperto, i colori di Dallol. E questa regione ci ha regalato anche i resti di ominidi che qui vissero milioni di anni orsono.
Assistere alla festività del Natale a Lalibela, al pellegrinaggio alla tomba di Sheikh Hussein alla festa del Mascal o alla cerimonia del salto del toro nella valle dell’Omo, sono esperienze che non si dimenticano più.
 Dal suo punto di vista privilegiato – in quanto raffinato conoscitore – come considera la situazione socio economica dell’Etiopia? Ritiene ci sia sufficiente tutela per i suoi popoli e le sue tradizioni?
Penso che sia un Paese in veloce ascesa. Ogni volta che torno le città sono sempre più grandi, le strade più numerose ed ampie. La politica della formazione scolastica ha portato scuole e università in tutto il paese.  E’ di pochi giorni fa la notizia della forte crescita dell’export del pellame, ed è in costruzione una centrale eolica fra le più grandi in Africa.
Questi sono alcuni esempi. Spero che tutto questo porti sempre maggior beneficio alla popolazione.
Lei segue con interesse e supporta il gruppo di ricerche archeologiche dell’Università L’Orientale, che da anni porta avanti lavori nelle zone etiopiche. Qual è la presenza dell’Italia nel Paese e in che altro modo potrebbe impegnarsi?
L’Etiopia è un Paese di grande spessore sotto il profilo storico culturale ed etnografico e di grandissimo interesse per gli studiosi. Per quel che ne so io l’Italia è presente in Etiopia con  una  missione direi permanente nella zona di  Aksum. La missione, diretta dal Prof. Rodolfo Fattovich dell’Università l’Orientale di Napoli, negli anni, ma anche recentemente,  con il contributo del Prof. Andrea Manzo e dell’archeologa Luisa Sernicola, ha fatto scoperte di grande importanza ed  interesse, e riorganizzato il Museo archeologico di Aksum. C’è poi una missione archeologica a Melka Konturè diretta dal Prof. Marcello Piperno, un sito paleolitico molto importante, poco a sud di Addis Abeba ed ancora una missione del Museo di Grosseto nell’Etiopia sudoccidentale. Alcuni ricercatori dell’Università l’Orientale di Napoli  studiano poi gli antichi manoscritti religiosi etiopici, altri le lingue dei popoli della valle dell’Omo tra cui alcune in via di estinzione, con poche decine di parlanti. Diverse anche le missioni di carattere antropologico nella regione dell’Afar. Ci sarebbe moltissimo da fare: credo che importanti siti, sia archeologici sia antropologici, attendano di essere scoperti. Abbiamo studiosi ed esperti che hanno dato grandi contributi. Ma il problema, per quanto riguarda le missioni italiane, credo sia sempre lo stesso: la mancanza di fondi. Ed è un vero peccato perché le scoperte di carattere archeologico ed antropologico in genere, a mio giudizio, dovrebbero essere ritenute un imprescindibile e prezioso patrimonio di tutti gli uomini.
Un moderno esploratore come lei, come vede il futuro dell’Africa? In base alla sua esperienza, ha potuto percepire nel corso degli anni alcuni dei cambiamenti in atto?
Per l’Africa auspico un futuro di crescita e stabilità che le consentano di sviluppare pienamente le enormi risorse che possiede . I cambiamenti sono continui: dighe, ponti, strade, infrastrutture moderne. Mi auguro solo che si riesca a mantenere il giusto equilibrio tra il necessario progresso economico e la tutela del prezioso ambiente naturale e delle tradizioni culturali. 


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