In realtà può succedere più o meno tutti i giorni, ma il rito vero e proprio si celebra una volta a settimana. Il giovedì, dunque, usaurite le loro ore di lezione con la quinta campanella, la 'povna e Mafalda si intrattengono con calma nei corridoi progressivamente deserti. Molte volte il loro rendez-vous, esplicito, si rende necessario per qualche compito più netto (come per esempio: controllare la raccolta differenziata nelle classi, razzolando le mani giù nel sudicio, mettere a posto il laboratorio, organizzare il progetto, fare le fotocopie per la lezione prossima, spazzare il cortile della scuola). Ma la verità è che oramai questo appuntamento, tacito, resta inteso quasi senza dirselo. E così, anche se non hanno da mettere a punto proprio niente, loro due passano un poco del loro tempo a chiacchiere, riannodando con calma i fili della passata settimana.
Intorno, intanto, la scuola si svuota in un attimo: volano via i colleghi (per primi, sempre a corsa), gli alunni (ma con più calma, e qualcuno ogni tanto resta lui pure in cortile a ciondolare), le segretarie, i bidelli, i custodi. Ma loro due, invece (pur abitando a parecchi chilometri e treni, e auto, di distanza), continuano nel loro ritmo placido, senza scompensi o scossoni.
E la 'povna - che questi momenti li aspetta, e li teorizza - potrebbe dire (del resto, lo pensa), che anche così si combatte contro i tagli e contro l'annullamento della figura del docente, si riconquista il concetto di tempo, si dà un senso alla professione. Ma la verità è che - mentre guarda i colleghi e un po' tutti che si affannano frenetici all'automobile, al treno, alla bicicletta, al desco - riesce solo a pensare che, a vivere il lavoro così, non sanno cosa si perdono. Stolti. Peggio per loro.