Agenti segreti e spy story

Creato il 05 settembre 2012 da Diegothriller

A cura di Stefano Di Marino/Stephen Gunn
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A cura di Stefano Di Marino


La figura dell’agente segreto, eroe intrepido acuto nell’investigazione e abile in ogni forma di combattimento nonché sciupa femmine inveterato, è una pura invenzione. Quella che, ai tempi della Guerra fredda, si chiamava ‘disinformazione’. Un artifizio concepito per far credere al nemico di essere più forti e preparati di quanto non lo si è in realtà. E, nella guerra dell’editoria, un po’ è stato così.
Era necessario, negli anni ’50 e 60’, trovare peri lettori un degno sostituito dell’eroe avventuroso che sin dai tempi dei ‘ dime novel’ i romanzi da un soldo venduti con le imprese dei pistoleri del West, avevano attirato milioni di lettori nei pulp . I tempi cambiavano, cow boy e pistoleri ancora funzionavano,così come intrepidi soldati e scaltri investigatori ma ci voleva una figura nuova che rinnovasse l’archetipo dell’eroe solitario in un contesto nuovo. Nasce così con Oss117 e con James Bond (seguiti poi da uno squadrone di altri agenti) l’immagine dell’agente segreto. Se è vero che il romanzo di spionaggio nasce con i primi del ‘900 le caratteristiche di quest’epoca sono molto differenti. Funzionari, detective, semplici cittadini coinvolti negli ingranaggi della politica internazionale mancano a volte di quelle qualità professionali necessarie per trasformarli in eroi popolari. Questi, lo avevano insegnato i Pulp, erano bravacci dalla mascella quadrata e il pugno facile. Facevano parte della stirpe di Wyatt Earp ma anche di Conan e, soprattutto di Nick Carter, primo investigatore moderno all’american che nei primi del secolo si spostava dal West alla Costa dei barbari, la zona portuale di San Francisco con la sua malavita urbana, le donne maliarde e gli intrighi ambientati in luoghi ristretti. Negli anni che seguirono questo genere di personaggio si inurba diventa il private Dick, magari agente della Pinkerton come il Continental Op di Hammett e trova in Mike Hammer forse la sua più riuscita raffigurazione. Ha appreso a combattere spietatamente nelle giungle o nelle trincee della Seconda guerra mondiale e adesso si guadagna da vivere come  ‘occhio privato’ nella giungla d’asfalto metropolitana. Se mescoliamo questa figura con l’agente dell’OSS americano o il commando inglese del SOE lanciato dietro le linee tedesche o giapponesi per azioni di sabotaggio e raccolta informazioni, abbiamo il prototipo del nostro agente segreto. La Guerra fredda, il clima di pace armata in cui se sono escluse le grandi battaglie sono quotidiani gli scontri nell’ombra e le azioni di sabotaggio, il gioco è fatto. In verità nei servizi segreti vige e vigeva all’epoca, una severa compartimentalizzazione. C’erano gli informatori, gli agenti addetti al reclutamento di risorse in campo nemico e di raccolta informazioni e poi, nel caso si dovesse eseguire un’azione pericolosa venivano chiamate in campo le squadre d’azione composte da uomini addestrati solamente al combattimento.
La grande idea dello spionaggio avventuroso,che come abbiamo visto travalica i limiti della realtà per approdare alla fantasia con tutta libertà, è la creazione di un personaggio unico che riassume in sé tutte queste capacità. OSS117 era,inizialmente un detective. Nel 1948 Jean Bruce ebbe l’intuizione di arruolarlo nella CIA. Divenne così il prototipo del nuovo protagonista. Un duro certo, con un passato militare che lo qualifica come eroe solitario  in grado di destreggiarsi in uno scontro a fuoco, in un inseguimento in auto e in una scazzottata. Magari ha sostenuto anche un allenamento particolare che gli permette di sferrare colpi di lotta giapponese, di guidare un aereo e parlare lingue straniere ed esotiche. Tutte capacità che lo spingono sempre più lontano da normali incarichi investigativi urbani. Al tempo stesso tratta con agenti residenti, investiga sulla morte di colleghi improvvisamente soppressi dalla ‘concorrenza’, seduce agenti nemiche o ne evita le trappole. Soprattutto riesce ad analizzare le informazioni ricevute senza necessità di aspettare gli ordini  dall’alto. A questo punto gli manca sol ola Licenza di uccidere che, per la verità, già esercita quando se ne presenta l’occasione. Arriva così James Bond che, nella sua prima avventura, sfrutta la sua abilità al tavolo da gioco per sbancare le Chiffre, finanziatore occulto dei servizi russi. Una cosa che Fleming agente dei servizi inglesi aveva inutilmente cercato di fare all’Estoril, in Portogallo, durante la guerra. Ma gli eroi inventati hanno sempre maggiore fortuna di quelli della realtà. Soprattutto mescolano un singolo incarico con altri emozionanti avvenimenti. Sparatorie, attentati e incontri galanti. Magari hanno anche il tempo di crearsi un proprio cocktail vodka martini agitato e non mescolato. E dedicarlo alla compagna di una missione, Vesper in questo caso, donna amata ma solo finché non si rivela una traditrice. A quel punto cala, immancabile, il cinismo. Come una corazza. E il gioco è fatto. Ecco pronto un uomo eroe esternamente inossidabile, modello per tantissime spy story ancora oggi fortunate.


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