Aggredire la Democrazia: Chavez, gli Stati Uniti e la destabilizzazione del Venezuela

Creato il 08 ottobre 2012 da Tnepd

Bollettino Aurora

Eric Draitser, StopImperialism.com, 5 ottobre 2012

Il Venezuela va alle urne questa domenica, in un’elezione che molti vedono quale referendum sul presidente Chavez e le sue politiche. Anche se vi è sicuramente una tale dimensione, il significato delle elezioni va ben al di là delle opinioni politiche e dei litigi partigiani, andando al cuore dello Stato venezuelano. Questo perché le elezioni saranno utilizzate come copertura per un tentativo di rovesciare, con la forza bruta se necessario, il governo democraticamente eletto, mettendo al suo posto un governo più sensibile agli interessi degli Stati Uniti. Ciò dovrebbe suonare familiare. È esattamente la stessa tattica provata nel 2002, con un colpo di stato istigato dagli USA che, anche se per breve tempo, depose Chavez, ma che in ultima analisi non riuscì. Ora, dieci anni dopo, la classe dominante imperialista degli Stati Uniti è pronta a cimentarsi ancora una volta in un cambiamento di regime in Venezuela.

La destabilizzazione strategica

Le elezioni di domenica rappresentano l’occasione ideale per l’intelligence USA di avviare una sorta di colpo di stato o rivoluzione “colorata” in Venezuela. Tuttavia, al fine di raggiungere questo obiettivo insidioso, vi sono strategie e tattiche molto specifiche, e rischi che devono essere compresi. Nel suo articolo, pubblicato dal Council on Foreign Relations, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Venezuela Patrick Duddy presenta una serie di scenari dove l’elezione diventa il fulcro di una campagna di destabilizzazione. Forse il più importante di questi scenari, che sarebbe in linea con la tradizione delle “rivoluzioni colorate” in tutto il mondo, è l’esplosione di violenze nelle prime ore dalla proclamazione del vincitore.

Duddy scrive, “la maggior parte degli scenari plausibili per l’instabilità e il conflitto in Venezuela deriva dalla premessa che i chavisti non abbiano intenzione di cedere il potere, e sarebbero disposti a provocare violenze, orchestrare disordini civili o impegnarsi in varie forme di resistenza armata, per evitare ciò.”

Naturalmente, Duddy non riesce a spiegare dove un tale scenario sarebbe considerato “plausibile”. A causa della natura della rivista e dell’autore, è giusto supporre che si riferisca alla comunità d’intelligence degli Stati Uniti, per cui ciò è “plausibile”.

Naturalmente, questa affermazione viene fatta senza che ci sia alcun precedente storico riguardo ai chavisti impegnati in tale comportamento. Piuttosto, è proprio questo il tipo di disordini fomentati dagli Stati Uniti per un cambiamento di regime. Ogni violenza dovrebbe essere basata sul concetto che le elezioni sono state ingiuste e che Chavez abbia “rubato” la vittoria. Infatti, la propaganda statunitense su questa premessa è inconfondibile.

In un articolo scritto per la destrorsa Heritage Foundation e dal titolo propagandistico “Il piano di Chavez per usurpare le elezioni del Venezuela“, Ray Walser scrive che il “furto” delle elezioni sarà reso possibile dall’inganno, dalla disuguaglianza elettorale, dalla propaganda e dalla violenza, tra gli altri fattori. Tuttavia, esaminando il modo con cui Walser presenta ciascuno di questi fattori, si comincia a vedere che, in realtà, ciò che viene descritto non è un elenco di tattiche e scenari possibili, ma piuttosto, un progetto incredibilmente dettagliato dei pretesti che verrebbero utilizzati per legittimare una risposta fabbricata e probabilmente violenta ad una vittoria di Chavez.

Una delle forme più evidenti di inganno in cui la comunità intelligence degli Stati Uniti si sta impegnando, è la manipolazione dei dati elettorali. Uno studio condotto dal Venezuela Solidarity Campaign UK dimostra che, non più di due mesi fa, il vantaggio di Chavez era dai 15 ai 27 punti, a seconda della agenzia di sondaggio. Tuttavia, nonostante l’enorme quantità di dati statistici in senso contrario, i media occidentali e la dirigenza dell’intelligence continuano a propagare la menzogna che Chavez sia in realtà indietro nei sondaggi.

In nessun luogo questo inganno più evidente che nel Democracy Digest, espressione del National Endowment for Democracy, che sostiene che Capriles Radonski detiene un vantaggio di due punti sul presidente venezuelano. L’articolo cita Luis Christiansen, un rappresentante del dubbio gruppo di sondaggi Consultores, che afferma : “Se dovessimo fare una proiezione lineare delle elezioni, Capriles manterrà un vantaggio del 2,5 per cento rispetto a Chávez.”

Questa sembra un’affermazione piuttosto innocua che potrebbe avere una qualche validità, se non fosse per il fatto incontrovertibile che più di una dozzina di altre agenzie elettorali indipendenti concludono esattamente l’opposto e che, di fatto, Chavez è avanti con un margine significativo. Pertanto, si può facilmente vedere che un gruppo di sondaggio come Consultores svolgerebbe un ruolo di primo piano nella produzione di una crisi, perché il sondaggio verrebbe poi presentato come la prova di un chiaro “broglio elettorale”.

Un altro aspetto di tali propaganda e inganno ha a che fare con l’integrità delle stesse elezioni. Uno dei punti di cui più comunemente si parla, stabiliti dalla classe dominante imperialista degli Stati Uniti, è che la decisione di Chavez di non consentire osservatori internazionali alle elezioni non può che essere interpretata come un’ammissione di colpa del governo nella frode elettorale. Come afferma Walser nel suo articolo su Heritage Foundation, “Dopo le elezioni presidenziali del 2006, il Venezuela pose fine alle grandi missioni di osservazione elettorale dell’OSA, dell’Unione europea e altri gruppi, come ad esempio il Centro Carter degli Stati Uniti … Il CNE [Consiglio Nazionale Elettorale] ora permette solo ‘compagni’ elettorali … che mancano di credibilità internazionale“.

Questa affermazione ignora completamente il fatto evidente che tali organizzazioni non governative internazionali, e altre organizzazioni, sono parte di una complessa rete di istituzioni finanziate e controllate dalla classe dominante imperialista occidentale. Come è stato più chiaramente dimostrato in Russia, dopo la rielezione di Putin, la funzione dei provocatori cosiddetti “osservatori indipendenti”, è cercare di creare polemiche dove non ce ne sono. Inoltre, tali organizzazioni sono del tutto dipendenti dai finanziamenti del Dipartimento di Stato USA e di altre potenti istituzioni della classe dominante, che lavorano al servizio dell’imperialismo statunitense. Alla luce di tale tentativo di sovversione, nonché di esempi simili in tutto il mondo negli ultimi anni, ha perfettamente senso che Caracas voglia garantire la validità delle elezioni, al di fuori della presenza del potere egemonico statunitense.

Al di là delle stesse elezioni, gli Stati Uniti intendono anche cercare di usare l’esercito contro Chavez. In una strategia che ricorda l’Egitto e l’uso di Tantawi e di altri, nel lavoro sporco di estromissione di Mubarak, così come anche della speranza dell’intelligence istituzionale di corrompere o influenzare in altro modo gli alti ufficiali per abbattere Chavez. Questa è proprio la raccomandazione finale, e forse più importante, fatta dall’ex ambasciatore Duddy, che scrive che gli Stati Uniti dovrebbero, “far leva sui contatti del Dipartimento della difesa in America latina e le forze armate ispaniche, per comunicare alla leadership militare venezuelana che è tenuta a sostenere la costituzione, rispettando i diritti umani e proteggendo la tradizione democratica del suo paese.”

Oltre ad essere una grave violazione del diritto internazionale, intromettendosi negli affari di uno Stato sovrano, tale raccomandazione dimostra la debolezza dell’opposizione politica che, pur essendo ben finanziata e godendo del sostegno delle élite più ricche, non ha il supporto necessario per ottenere una vittoria elettorale legale.

Le raccomandazioni di Duddy, Walser ed altri dimostrano che queste forze (l’opposizione, i militari, la polizia, l’élite economica, ecc.) che furono istigate al tentativo di colpo di stato contro Chavez nel 2002, sono molto attive in questo nuovo sforzo di destabilizzazione. In nessun aspetto ciò è più evidente che riguardo al candidato stesso dell’opposizione, Henrique Capriles Radonski.

Al momento del tentato colpo di stato, Capriles era sindaco di Baruta (un comune di Caracas) e compì quello che può essere descritto come un assalto contro l’ambasciata cubana. La sua responsabilità nell’aggressione è dimostrata chiaramente dalla dichiarazione rilasciata dal personale dell’ambasciata cubana, che dice: “La responsabilità immediata del signor Capriles Radonsky e delle altre autorità dello Stato del Venezuela, è stata dimostrata quando non riuscirono ad agire con diligenza per evitare un aumento dell’aggressività cui era stata sottoposta la nostra ambasciata, causando gravi danni e mettendo in pericolo la vita dei funzionari e delle loro famiglie, in chiara violazione del diritto nazionale e internazionale.”

Alcuni ipotizzano, a ragione, che Capriles abbia partecipato anche all’assassinio di Danilo Anderson, il procuratore incaricato di indagare sui responsabili del colpo di stato del 2002. Data la criminalità che Capriles ha dimostrato, insieme ad un egocentrismo insaziabile, bisognerebbe chiedersi se quest’uomo potrebbe essere altro che un fantoccio degli Stati Uniti. Capriles ha ancora una base tra i ricchi e nella classe media borghese, anche se va sottolineato che l’ampiezza di questa base è spesso volutamente male interpretata dai portavoce dei media della classe dirigente.

Tuttavia, a prescindere dalle dimensioni, i suoi sostenitori principali saranno messi in pericolo a causa del recente appello di Capriles a “stare in piazza” per “minimizzare le frodi” alle urne. Questi sostenitori diventeranno probabilmente vittime, istigatori o entrambi, delle violenze post-elettorali, così come si è visto in Kenya, Thailandia e innumerevoli altri paesi negli ultimi anni. Queste violenze sarebbe usate contro il governo di Chavez e sono volte a destabilizzare l’intero paese.

Tuttavia, la questione rimane: se non i chavisti, allora chi perpetrerebbe tali violenze? Una possibilità che non è un segreto: una forza mercenaria penetrata in Venezuela attraversando illegalmente il confine del paese. Ai primi di agosto, uno statunitense è stato catturato mentre cercava di intrufolarsi in Venezuela. Anche se ha rifiutato di divulgare qualsiasi informazione su se stesso o la sua missione, il suo passaporto dimostrava i suoi viaggi in Libia, Afghanistan, Iraq e altri paesi.

Questa rivelazione, da sola, potrebbe indicare almeno un certo interesse militare e, probabilmente, delle forze speciali o di qualche altro distaccamento segreto. Inoltre, la sua cattura è coincisa piuttosto strettamente con la misteriosa esplosione e l’incendio di una raffineria, che ha ucciso un certo numero di venezuelani. Questi fa parte di un gruppo di sabotatori e di mercenari inviati in Venezuela, in preparazione di una destabilizzazione? Sebbene una prova concreta di ciò sia impossibile da avere, data la natura delle operazioni segrete, la possibilità deve essere considerata.

Perché odiano Chavez

Le ragioni per cui Chavez evoca tanta rabbia e antipatia nella classe dirigente degli Stati Uniti sono numerose e interconnesse. In primo luogo, Chavez si è dimostrato essere forse il leader internazionale dell’antimperialismo e della resistenza all’egemonia degli Stati Uniti. Ha guidato la trasformazione di gran parte dell’America Latina da poco più di mercato degli Stati Uniti per lo sfruttamento, a nazioni indipendenti in grado di gestire i propri affari. Questo sviluppo si presenta sotto forma di creazione di organizzazioni di cooperazione regionale, nell’affermazione della sovranità nazionale e del controllo delle risorse, così come nella formazione di blocchi politici vitali e indipendenti nella regione.

Inoltre, Chavez guida un paese che è uno dei produttori leader mondiali di energia, fornendogli una leva sulle compagnie petrolifere occidentali. Infine, e forse più critico, Chavez rappresenta un modello per le altre nazioni dell’America Latina e il resto del mondo, che desiderano intraprendere una via indipendente e socialista allo sviluppo. Questo è, naturalmente, un anatema per gli obiettivi della élite finanziaria anglo-statunitense, che vuole riaffermare il dominio in quella che era stata la sfera di influenza statunitense.

Una delle grandi realizzazioni di Hugo Chavez è stata la costituzione di organizzazioni di cooperazione regionale, come l’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA) e la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC). Queste organizzazioni fungono da comunità economiche e blocchi politici, fornendo una valida alternativa alla dipendenza dagli Stati Uniti. E’ a causa di dette organizzazioni regionali, che paesi come l’Ecuador e la Bolivia sono stati in grado di prendere l’iniziativa contro le varie forme di dominio, la coercizione e la sovversione da parte degli Stati Uniti. Inoltre, ciò ha delegittimato l’egemonia degli Stati Uniti, consentendo all’America Latina di allontanarsi dalle organizzazioni dominate dagli USA, come l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e il Mercosur. In tal modo, ALBA, CELAC e altri simili alleanze diventano organi per l’indipendenza nazionale.

Un altro aspetto dell’influenza di Chavez che attira le ire degli imperialisti degli Stati Uniti, è il suo sostegno al grande sviluppo economico della regione. Non solo il Venezuela si è liberato degli Stati Uniti e delle sue braccia finanziarie internazionali, il FMI e la Banca mondiale, ma ha usato le alleanze di cui sopra per promuovere lo sviluppo economico indipendente. I piani recentemente annunciati per un canale Inter-Oceanico attraverso il Nicaragua, che colleghi gli oceani Pacifico e Atlantico, insieme alla proposta dell’oleodotto Colombia-Venezuela, sono solo due esempi dell’impegno del governo di Chavez reciprocamente vantaggioso per lo sviluppo economico. Questi progetti, e molti come essi, hanno contribuito a portare l’America Latina in direzione della cooperazione e del progresso, lontano dalla divisione e dalla sottomissione del 20° secolo. Questa forma di dominio dell’Impero USA appariva con maggiore evidenza nel settore petrolifero.

Per decenni, le compagnie petrolifere straniere hanno estratto una ricchezza incalcolabile da sotto i piedi del popolo del Venezuela, mentre la povertà dilagante peggiorava. Tuttavia, con la Legge sugli idrocarburi del 2001, il governo di Chavez ha effettivamente nazionalizzato l’industria energetica e, per la prima volta, ha esercitato la sovranità nazionale sulle risorse naturali. Questa mossa, forse più di ogni altra, gli valse l’odio della classe dirigente anglo-statunitense. L’industria petrolifera non è stata l’unica ad essere nazionalizzata; cemento, telefono e un certo numero di altri settori sono stati posti sotto il controllo statale. Chavez ha anche costruito strette relazioni economiche e politiche con la Cina, la Russia, l’Iran, Cuba e innumerevoli altri paesi che gli imperialisti percepiscono come “nemici”.

Questo è ciò che viene spesso definito come l’”anti-americanismo” di Chavez. Tuttavia, è opportuno qui ricordare che Chavez ha dichiarato più volte la sua visione positiva degli americani, dicendo in un discorso a New York City, “… mi sono innamorato dell’anima del popolo degli Stati Uniti.” Piuttosto, è la classe dirigente degli Stati Uniti, la classe dirigente stessa che ha sfruttato e oppresso il Venezuela e il resto dell’America Latina per decenni, che disprezza. Questa è una distinzione importante,  fondamentale per dissipare le distorsioni e le bugie raccontate dai media mainstream negli Stati Uniti.

Forse le realizzazioni più importanti di Chavez sono quelle socio-economiche. I progressi che il suo governo ha fatto nella lotta contro la povertà, l’analfabetismo, il razzismo, l’oppressione dei popoli indigeni, la mortalità infantile e innumerevoli altri indicatori del progresso sociale, hanno fatto del Venezuela nel fulgido esempio per il resto dell’America Latina e del Mondo. Questa è, naturalmente, una minaccia esistenziale per il potere del capitale finanziario internazionale, e più in generale, per il capitalismo. Esponendo questo tipo di “Socialismo del 21° secolo“, Chavez diventa bersaglio della sovversione degli Stati Uniti; le sue politiche sociali lo rendono il nemico pubblico numero uno.

Hugo Chavez è giunto a simboleggiare tutto ciò che la classe dominante imperialista degli Stati Uniti disprezza: lo sviluppo economico indipendente, la politica estera indipendente e un profondo impegno per la giustizia sociale. Ha sfidato apertamente non solo l’impero degli Stati Uniti, ma l’imperialismo in tutte le sue forme. Inoltre, Chavez rappresenta un futuro sostenibile per l’America Latina, libera dalle catene della schiavitù degli Stati Uniti. Per questi motivi, la classe dirigente prova un cambiamento di regime, ancora una volta. Gli antimperialisti di tutto il mondo devono ora sostenere e difendere Chavez e la rivoluzione bolivariana, non perché siano d’accordo o in disaccordo con tutti i suoi principi, ma perché si trova all’opposizione dell’impero, del colonialismo e del dominio.

Eric Draitser è un analista indipendente geopolitico di New York City. È fondatore e direttore di StopImperialism.com così come ospite del podcast StopImperialism. È un frequente ospite di RussiaToday, del Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione e di molti altri siti e pubblicazioni.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Fonte: Bollettino Aurora 7 Ottobre 2012

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