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agli appuntamenti della vita che contano in maglietta

Creato il 23 febbraio 2016 da Plus1gmt

Non so dove abitiate e ognuno di voi dovrà ben fare il conto con vari fattori che riguardano latitudine, altezza sul mare, corrente del golfo e tutti quei fenomeni che si studiano in geografia sin dalle elementari. A tutto ciò ci tocca aggiungere uno degli hot topic del momento e, mai come qui a proposito di questo argomento, è proprio il caso di dirlo. Ma io vorrei porre la questione da un altro punto di vista che sta nei pressi di come, più che il clima, stanno cambiando i costumi. E il fatto che comunque faccia sempre caldo potrebbe proprio far chiudere la questione qui, sui costumi ma quelli da bagno. Sta di fatto che anche quest’anno quei bei maglioni che si vedevano in certi videoclip di matrice anglosassone, penso ad esempio ai Wang Chung di “Dance Hall Days” che immagino ricorderete tutti

Cattura

oramai non sono altro che cibo per le tarme e nutrimento per i nostri ricordi di un bel mondo antico che non esiste più in cui si doveva combattere con mani e piedi freddi, raffreddori e funzionali look a cipolla con mille strati da sfogliare a seconda dei gradi percepiti.

E vi dico questo perché sto scrivendo in mutande e maglietta, scalzo a piedi nudi su un pavimento dozzinale e scusate la visione trash della cosa, il punto è che ci restano cassettiere colme di abbigliamento invernale che oramai non possiamo più indossare e che anno dopo anno non buttiamo mai perché viviamo nell’illusione che tutto torni come prima. La nostalgia del secolo scorso non si manifesta solo per la società, la politica, cultura e musica a parte i Wang Chung di “Dance Hall Days”, ma riguarda anche quella separazione alla Kierkegaard tra le stagioni che era la principale certezza che avevamo. Non a caso, da quando è venuta meno ci troviamo molto più destabilizzati di quanto non ci rendano tali l’assenza di un partito di sinistra o di uno stato sociale o di David Bowie.

Così fa sempre troppo caldo e le caldane dell’andropausa non c’entrano. Fa sempre troppo caldo in casa, per strada, al lavoro e nei locali pubblici tanto che anche concetti come il cambio degli armadi risultano obsoleti. Io le t-shirt non le metto nemmeno più via d’inverno, per dire, perché in tutto questo fenomeno di trasformazione globale che chissà dove ci porterà, l’unica cosa che è rimasta tale e quale ai valori del novecento sono gli impianti di riscaldamento e alcuni inquilini dei cosiddetti piani esterni dei condomini – generalmente i primi e gli ultimi – che vivono ancora in piena guerra fredda e impongono temperature centralizzate infernali. Una situazione che io purtroppo non vivo solo in casa e che mi costringe a rinunciare ad alcune abitudini a cui sono affezionato a partire da film visti sul divano sotto al plaid, piumoni siberiani a letto e calzettoni da montanaro. In ufficio la cosa non cambia di molto e già in camicia a metà pomeriggio inizio a sudare come un maiale.

Fate tutti ciao quindi al global warming di cui è vent’anni che parliamo senza sapere bene di cosa si tratti. Tra le conseguenze del riscaldamento globale c’è l’aver trasformato un posto tutto sommato settentrionale come Milano in una spiaggi caraibica (e la presenza massiccia di sudamericani in giro giuro che non c’entra nulla) in cui uomini, donne, vecchi e bambini vivono gli ambienti interni in maglietta dodici mesi l’anno, un fenomeno che ha i suoi pro e i suoi contro. E quando vi vedo in giro ancora intabarrati nei vostri berrettoni di lana calcati sul naso quando ci sono dieci gradi mi chiedo davvero dove andremo a finire. Corriamo ai ripari, rimbocchiamoci le maniche anzi no, in t-shirt mica si può a meno che non abbiate quella discutibile abitudine di girarvi le maniche della maglietta sopra le spalle che davvero, non si può guardare.



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