Su una osservazione Kuper ed Agnelli sono in sintonia, il calcio italiano con “corruzione, violenza, declino economico, provincialismo e mancanza di una vera guida appare come una perfetta metafora dell’Italia come scrive il giornalista olandese e come conferma l’erede della dinastia, “E’ interessante oggi il calcio italiano? Gli stadi sono mezzi vuoti, c’è violenza. Non è certo il miglior prodotto disponibile”.
Nella storia degli ultimi anni della squadra bianconera vi è una ricostruzione ancora in corso, “il nostro marchio ha migliorato il suo posizionamento grazie alla storia della nostra risalita, una situazione che ci ha fornito l’opportunità di ribadire quale sia la nostra forza e quanto siamo concentrati verso l’obiettivo di guidare il calcio italiano”. Ma Andrea Agnelli si dilunga a parlare di temi centrali in questi tempi: la Premier League riceve 2 miliardi di euro in diritti televisivi metà dei quali dall’estero, la serie A ne raccoglie la metà, il 90% nei confini nazionali. “In tutti gli stadi inglesi si vedono pubblicità in cinese. Noi in Italia possiamo parlare con le multinazionali ma solo a livello locale, dobbiamo interloquire con il quartier generale. La serie A non è più la destinazione finale per i migliori giocatori, siamo diventati un campionato di transito”. Si prenda la Juventus, lo scorso anno ha registrato ricavi per 214 milioni, meno della metà di Real Madrid e Barcellona. Il sistema perfetto per il presidente dei bianconeri è “un misto di quanto si trova in Inghilterra, Germania e Spagna: gli stadi della Premier league, la gestione diretta da parte di ogni singolo club dei diritti TV della Liga e il modo con il quale le aziende tedesche supportano le società della Bundesliga”.
Conclude Agnelli, ” il calcio italiano come il paese ha bisogno di riforme strutturali. Alcuni anni fa l’Italia si è trovata di fronte ad un bivio e ha scelto di non fare nulla. Nel calcio è necessario uno sforzo comune: violenza, stadi, protezione dei marchi”.