Agricoltura: “1,60 euro all’ora in nero”, la nuova schiavitù dei braccianti

Da Pukos

Lo rileva il rapporto “#sottoterra – Indagine sul lavoro sommerso in agricoltura”, realizzata dall’Eurispes e dalla Uila (Unione italiana lavori agroalimentari) e diffuso oggi.

I lavoratori in nero dei campi di tanta parte del territorio italiano sono dunque i nuovi schiavi. Isolati ed invisibili, vivono spesso in baraccopoli che costituiscono veri e propri ghetti.

Inoltre, in virtù delle possibili contaminazioni con soggetti criminali, specialmente nell’ambito della fornitura di manodopera agricola stagionale, il confine tra attività legali di per sé ma formalmente illegali e attività illegali tout court diventa particolarmente labile, soprattutto in settori come quello agricolo, tra i più esposti alla piaga dello sfruttamento del lavoro coatto, assieme al settore delle costruzioni e dei lavori domestici. Il tema dell’economia criminale si intreccia quindi con il problema del sommerso soprattutto nel settore dell’agricoltura.

Le organizzazioni criminali cercano di controllare pezzi sempre più ampi del comparto agroalimentare, in tutta la sua filiera, dai campi agli scaffali. E ciò avviene attraverso l’accaparramento dei terreni agricoli, il caporalato, lo sfruttamento dei clandestini, le truffe a danno della Ue, l’intermediazione dei prodotti, il trasporto e lo stoccaggio fino all’acquisto e all’investimento nei centri commerciali.

Tutti i passaggi utili alla creazione del valore vengono quindi intercettati e colonizzati. L’Eurispes ha stimato il volume d’affari complessivo dell’agromafia in circa 14 miliardi di euro: solo due anni fa questa cifra si attestava intorno ai 12,5 miliardi (1° e 2° Rapporto Agromafie).

Fonte: Adnkronos