Il titolo si riferisce a un’affermazione del blogger, scrittore ed esperto di social media Austin Kleon, uno dei pochi “guru” che seguo con attenzione e simpatia. Di lui tra l’altro abbiamo già parlato su queste pagine, non molto tempo fa.
Kleon è un comunicatore e ribadisce quello che in questi anni vado dicendo su Plutonia, ovvero che lo scrittore (o l’artista in generale) non può essere più un’isola, un solitario chiuso nella sua torre, lontano dalle miserie umane. O meglio, può fare anche così, ma ovviamente verrà dimenticato in un paio di giorni – o forse anche meno.
Questo perché la gente vuole sapere tutto di un artista che segue. Vuole sapere quali sono le sue fonti di ispirazione (e questa forse è la cosa più normale), ma anche dove va in vacanza, che cosa indossa, se preferisce le bionde o le more, che squadra tifa, quali idee politiche ha, e cos’ha sulle mensole del frigorifero.
Questo è il grande danno collaterale – beh, uno dei tanti – causato dai social media.
C’è un annullamento delle distanze totale.
Il che è in parte bello, perché è democratico, è “livellante”. Dal momento che io posso sapere che Elisabetta Canalis, Cristiano Ronaldo o Robert Downey Junior sono sul divano a guardarsi una puntata di Criminal Minds, o in auto imbottigliati nel traffico, li sento più vicini a me. Che poi è tutta un’illusione, ma funziona.
L’altro lato della medaglia è però abbastanza inquietante: si rischia che con l’azzeramento della privacy ciascun artista, scrittore o personaggio pubblico venga giudicato più in base a fattori meramente umani che non per ciò che produce.
Le avvisaglie ci sono state già diversi anni fa. Ricordo per esempio un ridicolo tentativo di boicottaggio di Dan Simmons per le sue posizioni da conservatore pro-Israele (qualcosa in merito lo trovate qui).
Ma oramai andiamo molto oltre. Ci sono artisti e intrattenitori – io faccio parte della seconda categoria – che vengono osteggiati perché non sono vegani, perché sono pro o contro l’omessualità, perché si dichiarano fan della Marvel piuttosto che della DC Comics.
Tutto questo è grottesco e il fenomeno è in rapida crescita.
Si parla sempre più del contorno e sempre meno della portata principale.
Qualcuno potrebbe obiettare che è sufficiente avere poche interazioni e mantenere un rigido controllo sulla privacy, evitando così di esporsi a fanatici e benpensanti di varia natura.
Tuttavia la faccenda non è così semplice.
Come vi ho sempre detto, se non parlate, se non comunicate, nessuno vi si fila, nemmeno se siete più bravi di Umberto Eco o di Bruce Springsteen. Il che è ingiusto e anche demenziale, ma purtroppo è così.
Senza parlare di quelli che, ben consapevoli di come vanno le cose, cercano direttamente di vendere il personaggio e non la sua “arte”. Una volta succedeva solo per le boy band (ed era anche divertente, aveva un senso), mentre ora accade per tutti: dai cuochi agli sportivi, dagli scrittori ai blogger.
E voi? Qual è il vostro livello di privacy
(Ma soprattutto, cosa avete in frigo?)
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(A.G. – Follow me on Twitter)