Aids: omosessuali, non untori

Da Bolo77

L’articolo Gli omosessuali hanno diffuso l’AIDS nella popolazione umana?  è un esempio scuola di un genere letterario, quello della “caccia all’untore”, che penosamente compare e ricompare sulla stampa italiana e germina nel fondamentalismo cristiano e che individua sempre nell’omosessuale (o nel diverso) il responsabile di questa o quella presunta nefandezza sia essa la diffusione della pandemia (nell’articolo che abbiamo analizzato ma anche qui) o un grave incendio, o, ancora, l’attuale crisi economica sino al crollo dell’Impero romano.

Nel caso specifico la tesi costruita ad arte, e messa in bocca ad un presunto sommo esperto sul campo certificato da un bastimento carico di titoli onorifici al seguito, è che gli omosessuali avrebbero diffuso il virus dell’hiv perché:

  • le infezioni di hiv nella popolazione gay sarebbero in aumento;
  • gli omosessuali sarebbero più promiscui sessualmente degli eterosessuali e avrebbero più partner;
  • Il rapporto omosessuale frequenterebbe “canali non predisposti naturalmente alla penetrazione”.

Tutti i gli assunti sono spacciati come veri e assodati e accompagnano gentilmente l’attento lettore direttamente alla conclusione che “sì, in effetti gli omosessuali hanno diffuso l’aids”.

Peccato che l’autore del furbo articoletto utilizzi uno tra i più classici artifici della retorica e cioè giunge a conclusioni certe ed indubitabili partendo da presupposti falsi, errati e maniplatori. L’effetto ha tutta l’aria di essere verosimile, ma ad una analisi un poco attenda, l’impalcatura, che non ha fondamenta, crolla.

Ecco come:

  • L’autore dice “gli uomini omosessuali coprono il 61% delle nuove infezioni da HIV negli Stati Uniti, nonostante essi siano solo il 2% della popolazione del Paese” e conclude “il popolo omosessuale, da quanto si rileva, pare dunque aver contribuito in modo determinante alla massiccia diffusione dell’AIDS nel genere umano”. Purtroppo sostenere che le infezioni da hiv siano in aumento tra la popolazione gay non dimostra che gli omosessuali abbiano diffuso l’aids. Semplificando: sostenere che nella popolazione bulgara è in aumento l’infezione da scarlattina non comporta come diretta conseguenza che i bulgari abbiano diffuso la scarlattina nella popolazione umana.
  • Poniamo pure, come dice l’autore, che gli omosessuali (maschi!) siano più promiscui degli eterosessuali e che quindi abbiano in media più rapporti sessuali. Oggi però, secondo un rapporto ONU “tra i soggetti più a rischio di contrarre l’infenzione sono state individuate donne giovani e adolescenti… residenti nella regione dell’Africa sub sahariana”. Logica vorrebbe che siano le donne giovani e adolescenti residenti nella regione dell’Africa sub sahariana le maggiori responsabili della diffusione del virus oggi. E’ evidente che la tesi non sta in piedi, perché parte da presupposti errati o cioè va a caccia di presunte responsabilità nella diffusione di un virus in una dinamica di colpa. E’ colpa degli omosessuali… è colpa delle donne… E’ una caccia assurda, oltremodo stupida e insieme un inutile spreco di energie, che andrebbero spese in una sana opera di prevenzione.
  • Il concetto di “canali non predisposti naturalmente alla penetrazione”, a cui l’autore accenna, a sostegno della tesi che il rapporto omosessuale sia più infettivo di quello eterosessuale, è oltremodo assurdo. Presuppone infatti che gli eterosessuali non usino nei rapporti sessuali “canali non predisposti naturalmente alla penetrazione”. Sono pronto a scommettere qualsiasi somma che sia vero esattamente il contrario. E’ agghiacciante comunque l’idea dell’autore che si possa creare una gerarchia dei rischio, e cioè il rapporto omosessuale è più a rischio di quello eterosessuale, l’ano è più a rischio della vagina… e così via. Tutti i rapporti sessuali sono a rischio, anche perché l’hiv non è l’unica malattia a trasmissione sessuale e alcune di esse, come i condilomi, si trasmettono per mero contatto di aree, e uso lo stesso metro di giudizio morale dell’autore, “naturalmente predisposte alla penetrazione”. Insomma etero e gay condividono medesime responsabilità nella prevenzione.

E’ evidente quindi che la tesi esposta dal pezzo è carica di pregiudizi e non sta in piedi. Ma è esattamente lo stesso articolo a suggerirlo che tra le righe dubita delle stesse tesi che presenta: la popolazione omosessuale, dice il pezzo, “pare dunque aver contribuito in modo determinante alla massiccia diffusione dell’AIDS nel genere umano”. Così non è, se vi pare.

L’articolo Gli omosessuali hanno diffuso l’AIDS nella popolazione umana?

24 agosto, 2011 -  Il Centers for Disease Control negli USA ha recentemente stimato che gli uomini omosessuali coprono il 61% delle nuove infezioni da HIV negli Stati Uniti, nonostante essi siano solo il 2% della popolazione del Paese. Gli esperti dicono che i giovani omosessuali sono l’unico gruppo in cui le nuove infezioni da HIV aumentano, addirittura del 48% nel periodo 2006-2009 (da 4.400 infezioni nel 2006 a 6.500 nel 2009).
Mario Corcelli, specialista in Medicina Legale, ha pubblicato nel 2009 su “Medicitalia” un articolo sulla storia dell’AIDS, informando che il virus HIV della scimmia, già presente in Africa da moltissimi anni, passò probabilmente all’uomo tramite ferita da morso, ma soltanto all’inizio degli anni ’80 avvenne la svolta. Oltre al commercio clandestino di sangue Africa-USA, l’altro motivo dell’iniziale diffusione dell’AIDS in America, e poi conseguentemente nel mondo intero, fu l’assidua frequentazione degli omosessuali americani dell’isola di Haiti per turismo sessuale. Come conferma il “Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute”, inizialmente infatti -siamo attorno agli anni ’80- l’ipotesi più accreditata fu quella che la nuova malattia mirava soltanto agli omosessuali, tanto che il “New York Times” intitolò così un editoriale: «Raro cancro osservato in 41 omosessuali». Il popolo omosessuale, da quanto si rileva, pare dunque aver contribuito in modo determinante alla massiccia diffusione dell’AIDS nel genere umano (anche se questo però non si può dire, come dimostra il “caso Cambi”), tanto che anche in Europa c’era la convinzione di essere di fronte ad una patologia contratta esclusivamente da loro. “The Lancet” parlò di “gay compromise sindrome”, mentre sui quotidiani nazionali di diversi Paesi era facile leggere espressioni come “immunodeficienza gay-correlata (Grid)”, “cancro dei gay”, o “disfunzione immunitaria acquisita”. Qualche anno dopo si arrivò a constatare che la malattia era trasmissibile anche fra eterosessuali.
Sempre secondo lo specialista Corcelli, il motivo per cui l’AIDS si è diffusa enormemente tra gli omosessuali (molto più che tra gli etero) è l’abitudine a frequentare club esclusivi, veri e propri complessi dotati di tutto: stanze d’albergo, sauna, palestre, piscine, dove si vive una promiscuità sessuale assai spinta, che favorisce numerosi rapporti sessuali con diversi partners, addirittura anche decine di rapporti sessuali nell’arco di un solo week end. L’altro motivo è che lo stesso “rapporto fisico” omosessuale, utilizzando “canali” non predisposti naturalmente alla penetrazione, crea facilmente tagli e ferite, aumentando così esponenzialmente la probabilità di trasmissione dell’infezione.


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