Marzo 2003, Brescia.
Dopo una full-immersion domenicale di Karate (gara nazionale di Kata) mi sentivo male… molto male. Stanco dopo le 12 ore trascorse in un palazzetto camuno a ripassare, scaldarmi, seguire i ragazzini e le mille sfaccettature burocratiche, dopo aver cercato vanamente di rabbuonire genitori inalberati per la vittoria (a loro detta) mancata dei loro piccoli, ero letteralmente nauseato e un dolore lancinante mi colpì a livello lombo-sacrale. I primi segnali di un’insoddisfazione mentale completati da una crescente sofferenza fisica che rivelò pochi giorni dopo una tremenda verità: due protrusioni discali che mi diedero il colpo di grazia dapprima come agonista e pochi anni dopo come insegnante di Karate.
Cercai altrove, cercai un’arte marziale che potesse farmi stare bene, sempre, nonostante limiti fisici sempre più insistenti… e scoprii l’Aikido, grazie a una persona che segnò profondamente il mio modo d’intendere e di voler praticare un’arte marziale: non per vincere titoli o trofei ma per conoscersi più a fondo, migliorando in primis la propria salute e condizione fisica. Grazie a un medico sportivo nonché maestro di Aikido – Maurizio Valle - scoprii il lato bello della medaglia, quella stessa medaglia che tolsi dal collo dopo aver abbandonato a malincuore i campi di gara.
Marzo 2013, Monaco di Baviera.
Venerdì 15, prima di tre sere in terra tedesca, stavo male… molto male. Stanco delle 6 ore di auto e della sveglia anticipata rispetto ai miei standard (4.30) ma soprattutto stanco di aver ancora sintomi (leggeri ma fastidiosi) influenzali: classico mal di gola, voce fioca, flebile e affaticata, senso generale di malessere. Eppure tutto stava andando così bene, ritrovarsi in vacanza in una splendida città baciata dal sole, in compagnia delle mie adorate donne (moglie e figlia) e di splendidi amici bresciani e milanesi, in attesa di un meraviglioso (e così è stato) seminario di un’arte altrettanto meravigliosa: l’Aikido. Qualcosa non andava: volevo essere in perfetta forma fisica e mentale ma non lo ero affatto e così mi trascinai stancamente sul tatami per un’ora, fino a quando il mio spirito sussurrò “Stefano sveglia” Però era tardi, così dopo pochi e piacevoli scambi senza sosta, tra kote-geashi e tai-sabaki, katate-dori e qualche ukemi dieci minuti volarono in fretta. Si torna in hotel anzi no direttamente a cena, un paio di favolose birre e mezzo chilo di carne con crauti per andare a nanna leggeri leggeri…
Il giorno dopo stavo di nuovo male, poco prima della lezione (prevista di circa 3 ore, mi veniva male al sol pensiero!) Gola cosparsa di lamette da barba, voce rimasta in hotel, testa pesantissima… eh no, caro mio, risuona il mio “hara”:
Ora Stefano datti una mossa!!! Pensa a 10 anni fa, perché hai iniziato Aikido?
Beh, mi sono detto a gran voce (pur senza averla): ho scelto Aikido per STARE BENE, a tornare in salute quando non lo sono, a sfoggiare un’invidiabile forma nonostante l’età (quasi 37) e, soprattutto, mi fa capire ogni volta che posso fare del mio meglio nonostante i piccoli intoppi che la vita può riservarmi. Ho superato due protrusioni discali e il mal di schiena è ormai un lontano ricordo, non sarà di certo un po’ d’influenza a rovinarmi questo weekend! Non sono al 100% fisicamente? Echissenefrega mi sono detto, farò ancor di più a livello di concentrazione, dando anima e cuore al mio uke/tori di turno… semplicemente perché se lo merita! Considero gli altri aikidoka come fratelli, come membri di una famiglia numerosa sparsa per il mondo e nonostante la distanza che ci separa durante l’anno ogni volta che li incontro sul tatami è come se li conoscessi da sempre.
Rispetto è la parola giusta associabile al sentirsi bene con gli altri. Tutto nasce da lì secondo me e, nel secondo giorno di stage (sabato 16), tutto per me è RINATO proprio da lì. Io rispetto assolutamente chi ho di fronte, quando lo saluto, quando lo attacco o cerco di neutralizzarne al meglio l’attacco, preservando la mia integrità mentale e fisica tanto quanto la sua. Non posso sapere se sta bene o se sta male, se ha voglia o meno di praticare con me, posso solo provare ad ascoltare quel che il suo corpo ha da dire in quel momento e posso altresì aiutarlo a stare meglio. Dopo mezz’oretta di pratica mi sono sentito splendidamente, rotolandomi con gioia sul tatami senza risparmiarmi mai, attaccando con tutta l’intenzione e intensità necessaria, senza pensare a come stavo prima e come sarei stato dopo la lunga lezione… importava solo il presente, l’attimo in cui il mio sguardo s’incrociava col compagno di turno, in cui le nostre mani entravano in un pacifico scambio di sensazioni, esperienze, modi di intendere l’arte. Ho scoperto che nonostante le diversità culturali e di apprendimento, di grado e d’età, esiste un fattore comune con ciascuno degli almeno 30 partner con cui ho lavorato (sodo): la voglia di sentirsi bene, di curare il gesto, di esprimersi rispettosamente nella più alta forma di “Reishiki” che io abbia mai conosciuto sinora, sorridere dopo aver praticato! Un sorriso sereno e dolce, mai forzato o esasperato, sincero, che accompagna ad esempio la moglie di Sensei Shimizu, con la quale ho avuto l’onore di praticare più volte, è ciò a cui voglio aspirare. A ogni stage, con chiunque voglia far parte di questa grande famiglia.
E ora? In Italia.
Una famiglia, quella che stiamo costruendo sempre più grazie al Tendoryu (fa pure rima) che ogni volta mi stupisce, mi fa stare bene, mi fa sentire parte del mondo marziale che ho sempre desiderato. So che dovrò scoprire ancora moltissime sfumature, so che la strada è ancora lunga anzi lunghissima ma non vedo l’ora di percorrerla con sempre più persone che vorranno incrociare il mio cammino. Anche se poi torneranno sulla loro strada, seguendo il loro stile, una diversa didattica o maestro che sia, io sarò felice di averli conosciuti e dato/ricevuto loro qualcosa. Sarò felice perché non avrò sprecato l’occasione di aiutarli a stare bene, grazie a quel potente mezzo che è l’Aikido.
L’Aikido è uno solo poiché in Aikido non vi sono medaglie, vi sono solo persone che vogliono stare bene. Persone che vogliono volare in alto e per riuscirci provano a volare insieme… (Stefano Bresciani)
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