Dal 20 al 22 Giugno 2014 si è tenuto un seminario internazionale col caposcuola Tendoryu Kenji Shimizu Sensei, coadiuvato dal figlio Kenta (Waka Sensei).
Senza troppi giri di parole, mi limito a riflettere con le dita sulla tastiera, su ciò che ho “seminato” e portato a casa a seguito di quest’ennesima e ghiottissima occasione…
# A: Allenamento
Allenarsi… perché secondo te? Perché impegnarsi, faticare, spostarsi centinaia chilometri, mollare casa e lavoro per andare chissà dove a sudare sette budogi? Lo zen insegna che non ha senso volersi recare da qualche parte, perché in realtà si è già là dove si vuole andare, si è già ovunque e quindi non vi è nulla da conseguire, nulla da ottenere. Ma tu sei proprio convinto che…
L’unico Zen che trovi in cima alle montagne è lo Zen che porti lassù.
(aforisma di Robert M. Pirsig)
Io in parte sì… però ho ancora bisogno di scalare montagne per trovare il mio “qui e ora” nella nobile arte dell’Aikido. Ed è per questo che almeno una volta l’anno voglio faticare, sudare, recarmi in posti come Genk prettamente per “allenarmi” insieme ad altre persone, poiché la maggior parte di loro ha fatto un pezzo di strada in più nell’affascinante ma difficile cammino del Tendoryu. E poi la presenza di un Grande Maestro è riuscita a smuovermi da casa…
Io mi alleno per la gioia del pacifico confronto, per mettermi alla prova e analizzare a che punto sono del cammino. Io mi alleno per salire la montagna, infatti non amo le discese. Amo dover affrontare senza stress l’apprendimento di una tecnica nuova o di una lingua (come l’inglese in cui mi sto cimentando, non avendo un bagaglio scolastico), per rendere più semplice la comunicazione con gli altri. Io mi alleno per il futuro, mio e dei miei allievi, per migliorarmi e per poterli migliorare, seguendo una ben precisa direzione, quella del Tendoryu Aikido!
# B: Birra
Non lasciarti ingannare… la birra fa parte del gioco e in seminari precedenti (Monaco di Baviera, Novi Sad in Serbia) la motivazione legata a questa nobile bevanda era assai forte… ma stavolta non è stato proprio così. Non ti nascondo che ho apprezzato molto le sfumature “trappiste” delle birre tipiche locali, gustate in speciali meditazioni coi miei fedeli compagni di viaggio (Simone e Nicola).
Questa volta ha predominato la “birra” che avevo nelle gambe quando facevo da “uke” ai miei compagni di pratica! Sentivo dentro una fonte inesauribile di energia nonostante la stanchezza, i dolori muscolari (dovuti più all’infausto letto dell’ostello più che al tatami…) e il mio bel ginocchio destro (che ho saputo gestire con accortezza sin dal primo minuto). Tanto, tantissimo fiato speso con gioia, tantissime ukemi fatte con entusiasmo per consentire a tedeschi, belgi, italiani, danesi, olandesi di allenarsi senza alcuna limitazione. Temevo inizialmente la mia “teoricamente scarsa” condizione fisica… però alla fine si è praticamente espressa a un ottimo livello!
Sono molto soddisfatto, ancor di più dopo aver fatto da uke per qualche istante a Shimizu Sensei e per un paio di volte a Waka Sensei. Capire una tecnica “subendola” da loro vale già il prezzo del biglietto!!!
# C: Credere
Dulcis in fundo… ho aperto ancor di più la porta del “credere”. Inteso come credere in me stesso, o autostima che dir si voglia, che reputo tassello importante per vivere bene e potersi continuamente evolvere, migliorare, realizzarsi. 5 sono i punti chiave che ho rivalutato in me stesso, tra una tecnica e l’altra, tra una spiegazione sentita e una personalmente trasmessa al giovane allievo di turno. Mi auguro che un giorno non lontano tu possa condividerli con qualcuno, poiché potresti svelargli “la parolina magica” per spingerlo a iniziare un’arte del Budo… magari l’Aikido!!!
- Ho riconosciuto i miei talenti e le mie buone qualità (grazie a un sorriso, a un sentito “thank you very much” o a un sincero inchino)
- Ho saputo accettare alcuni complimenti senza sentirmi a disagio (ho apprezzato chi me li ha fatti guardandolo negli occhi e sorridendo… davvero bello)
- Ho perfezionato la mia postura (grazie a uno sforzo più mentale che fisico)
- Ho dato priorità ai miei interessi, o meglio quelli del mio dojo (ascoltando la vocina interiore che da mesi mi sussurrava “vai in Belgio…” oltre alla voce di mia moglie che mi diceva “poi però torna che andiamo al mare…”)
- Ho ricordato gli ostacoli superati sino a quel momento, e farsi quasi 6 ore sul tatami è stato quasi un gioco da ragazzi (infatti mi sono divertito come non mai pur facendo seriamente Budo)
Abbiamo qualcosa in comune o sbaglio? Quale di questi 5 punti hai toccato con mano nel corso di un’esperienza marziale? Scrivilo nei commenti: sarebbe un onore arricchire con altre testimonianze la bellezza del “credere”!!!
E volendo… potrei aggiungere anche la lettera “D” come “Dedizione”, ma non mi sento di incarnare il massimo esempio di aikidoka dedito alla disciplina praticata. Ci sono molte altre persone, amici o semplici conoscenti, che potrebbero darti molti spunti utili e motivazioni coerenti con la loro profonda “dedizione”. Io li ammiro e rispetto la loro scelta, ma il mio scopo di vivere “finché morte non ci separi” l’Aikido probabilmente non è lo stesso…
Allenarsi tutti i giorni, partecipare a ogni seminario, richiede molta dedizione oltreché tempo e denaro. Alcuni potranno storcere il naso ma l’unica dedizione vera che ho è quella per il Budo a 360°: la Via della Pace a cominciare dalle mura domestiche, al posto di lavoro, nella vita di tutti i giorni come in quella online. Sembra roba da poco ma già solo la gestione e scrivere su questo blog è un grandissimo impegno, non paragonabile però alla dedizione verso me stesso. Mi sto infatti dedicando, da vent’anni a questa parte, a come migliorare me stesso, la mia vita e quella di chi sta accanto. Per questo do priorità alla mia salute, alla mia famiglia e infine al mio lavoro principale. Poi viene l’Aikido…
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