E’ da un po’ di mesi che mi capita, direi piuttosto spesso, di incontrare qualcuno che, conversando, mi riporta più o meno la situazione di lasciare l’Italia.
Amici, amici di amici, figli di conoscenti e persone incontrate casualmente, tutti indistintamente la stessa cosa.
… questo Paese mi ha stancata.
Mio figlio è partito e vuole provare a vedere come va, pensa d’avere migliori prospettive.
… guarda, ancora pochi giorni, poi dopo Capodanno, partirò per Londra, farò la cameriera per iniziare poi sono sicura di trovare quello che cerco.
Mia sorella ha seguito il suo compagno a Camberra, è un po’ dura ma stanno bene, molto bene.
Sono stanco d’aspettare, ho aspettato quasi vent’anni in Italia, dopo che lei ha terminato il corso, stiamo pensano seriamente di partire per il Brasile.
Mio fratello e la sua compagna stanno da vari anni in Inghilterra e non ci pensano proprio a tornare, non è facile ma hanno alcune certezze che qui non esistono.
… ma cosa torni a fare qui in Italia? Resta a Copenaghen…
Ecco le frasi che ho ascoltato e che mi sono rimaste impresse.
Sono riferite a ragazze e ragazzi che hanno lasciato o stanno per lasciare l’Italia.
Nei media nazionali sono spesso definiti come “cervelli in fuga“, però mi sono chiesto perché invece non sono descritti come immigrati?