Al CIE di Ponte Galeria si picchia: la testimonianza di una ragazza

Creato il 25 luglio 2011 da Yellowflate @yellowflate

CIE, luoghi non luoghi di violenza e odio, a far parlare di sè è nuovamente il centro di Ponte Galeria, a Roma. In alcune foto online, pubblicate da il Redattore Sociale, si vedono chiaramente i segni portati sul corpo di una giovanissima donna tunisina. I lividi  sul corpo della ragazza, sono gli evidenti segni di percosse e manganellate sulla schiena e sul braccio. Sembra che a picchiarla siano stati due uomini in servizio presso il CIE, gli uomini a quanto si legge online, dovrebbero appartenere alla GDF. La storia che leggiamo e una di quelle di ordinaria vita all’interno di un luogo non luogo, una vita da ristretti e ristrette dove ogni evento diventa una “tragedia”:  ”Stavamo giocando a calcio, io ho colpito la palla e ho preso una ragazza nigeriana sul viso, abbiamo iniziato ad insultarci e alla fine ci siamo prese per i capelli. Nessuna mollava la presa e sentendo le grida sono entrati tre uomini, due della Guardia di Finanza e uno in borghese. Hanno iniziato a manganellarmi per separarci, davanti a tutte le ragazze che assistevano alla scena. Sono stata picchiata dietro la schiena, sul braccio e alla spalla. Mi sono lamentata più volte con gli infermieri del Cie per i forti dolori chiedendo di poter essere accompagnata in ospedale. Ma mi hanno dato sempre e solo dei tranquillanti”. I fatti vengono raccolti e raccontati da uno dei più noti blog in materia di migrazioni (fortresseurope) ed anche le foto vengono consegnate al sito che però solo dopo la messa in libertà della ragazza vittima del presunto pestaggio ha deciso di renderle note attraverso Il Redattore Sociale perchè la giovane ormai non può subire le ritorsioni. Come è noto non è questo il primo episodio di violenza che accade nei CIE e tanto meno risulta essere il primo verso una donna anche dentro il CIE di Ponte Galeria. Le denunce di vessazioni, ritorsioni violenze, abbondano  così come non mancano le troppe storie narrate che nessuno ha però il coraggio di denunciare.

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