Il regista sembra volerci dire che rimangono piccoli mondi di poesia e umanità dove possono persino avvenire i miracoli. E' ciò che accade a Le Havre, città immersa in un altro tempo, con personaggi altrettanto inconsueti e che sembrano balzare da chissà quali tempi passati.
Marcel è un lustrascarpe, vive molto umilmente ma con dignità con la moglie Arietty e una cagnolina, frequenta i negozi del quartiere dove sono tutti amici. E un giorno capita che si ritrova ad aiutare e nascondere un immigrato, un bambino di colore; tutti nel quartiere capiscono la delicata situazione e si fanno in quattro per la giusta causa, anche se infrange le leggi umane. Si ritrovano alle costole un severo poliziotto, che tanto severo poi non si rivela. Oltre a questo, succede che la moglie si ammala gravemente.
Credetemi, il film non è triste e infelice come si potrebbe pensare dalla trama. Anzi! Innanzitutto perchè i personaggi sono positivi, retrò e deliziosamente umani, e poi perchè alla fine esistono piacevoli risvolti della vicenda.
Film per nulla patinato, molto realista e senza morali. Solo ottimista, anche quando non ci sarebbero grandi motivi per esserlo. Eppure questo piccolo mondo, povero e scarno, ha una sua dolcezza e amarezza allo stesso tempo, un sentimentalismo di tempi che furono. E mi ricorda, anche se vagamente, il meraviglioso Umberto D. di De Sica.
Bellissima la fotografia, giocata sui toni "carta da zucchero" (ma sì, è esattamente questa la tonalità! Anche lei un po' antica), che rende la città portuale di Le Havre fuori dal tempo e dallo spazio.