presenti spoiler
Non può essere un caso e infatti non lo è.
Non può essere un caso che il film che ricorda di più questa splendida opera greca è proprio quel Dogtooth, probabilmente la miglior pellicola greca dell'ultima decade e, tra l'altro, vincitore del miglior film Il Buio in Sala 2011.
Due film greci (credo gli unici due che ho visto in vita mia dato che di Angelopulos non ho visto nulla), due opere sublimi e molto simili tra loro.
Torna un'altra volta la famiglia, torna un'altra volta la storia di un'aberrante educazione, torna un'altra volta la figura di un padre padrone-orco capace di plasmare a proprio piacimento i suoi figli, torna la glacialità di una vicenda che mette i brividi, torna il senso di fastidio misto a un guilty pleasure di piacere che prova lo spettatore.
Eppure i due film viaggiano su binari diversi, qua non c'è affatto l'impressionante surrealtà, o semplicemente realtà-altra di Dogtooth, qui magari si prova a travestire da surreale, perchè lo spettatore per propria difesa penserà sia tale, la vicenda invece tremendamente reale, e non soltanto realistica, che il film racconta.
E se Dogtooth poteva essere visto come un film a tesi, come un saggio, qua invece entriamo piano piano in un orrore indicibile che non vuole dimostrare niente ma solo raccontare, in un film a matrioske che ogni volta ne scopre una più brutta, una più orribile.
Da un lato mi dispiace che il film alla fine palesi in modo così evidente e terribile quello che lo spettatore nel suo incedere cominciava ad immaginare.
Quel padre ad un certo punto chiamato nonno, quel padre vero che invece non c'è, subito mi era venuta in mente l'aberrazione che alla fine si farà palese. Preferivo restasse un'idea e interpretazione mia lasciata in sospeso fino alla fine, mi piacciono da morire le domande senza risposta.
E invece tutti i pezzi alla fine tornano al loro posto, quella coppia di genitori apparentemente tranquilla al commissariato il giorno stesso che la figlia di 11 anni si è suicidata buttandosi giù, quella freddezza dei rituali di famiglia che non cambiano se non per quella sedia vuota sulla destra, quel rispetto intriso di terrore ma anche di fascinazione che tutti i figli/nipoti hanno verso il pater familias.
Ma, come in Dogtooth, qualcosa inizia a creparsi, lo show allestito dal padre inizia ad avere qualche scricchiolio, il germe della ribellione piano piano inizia a venir fuori. E' veramente soltanto quella la realtà? Solo quella la vita che ci è toccata? Così il canino tolto nel film di Lanthimos diventa il taglio con la lametta della figlia 14enne nel film di Avranas. Basta, basta, basta.
Basta per la madre, da 30 anni succuba compagna di un orco al quale non riesce a ribellarsi. Madre che sa tutto, che ha tutto nascosto in quelle rughe, madre che ingoia schifosi rospi senza avere il coraggio di ribellarsi. Madre che inizia a sentirsi male perchè prima o poi uno non ce la fa più, prima o poi, come diceva Baricco, un quadro cade senza un motivo, pluff, il chiodo non ha retto più.
Basta per Eleni, figlia e madre, probabilmente il personaggio più tragico del film perchè quello che ha conosciuto per prima l'inferno e quella che per prima dell'inferno ha visto tutti i gironi. Senza mai riuscir a riveder le stelle.
Basta per i due piccoli Philippos e Alkmini, che vedono quel nonno così premuroso ma così severo, che contano gli alberi nel bosco di un poster per punizione e che pensano che l'infanzia sia quella. Ma Philippos bene non sta,si vede. Mentre Alkmini balla come balla una bimba, una danza libera, bella, divertente. Una danza che un giorno però sarà vista da qualcuno che non è un uomo, ma un mostro. Portata nelle fauci di un mostro da un mostro ancora più brutto. E qua lo spettatore sta male, no, basta.
Basta per Myrto che in una scena devastante (meraviglioso il fatto che non la si veda in volto per farci credere fosse Eleni) soddisfa le voglie di 3 animali tra cui lui, quel verme schifoso. Ma Myrto, la più legata alla sorellina morta, è quella che comincia a ribellarsi, a creare quella crepa. Crepa che anche se lei non lo sa, porterà soltanto quell'uomo a sostituirla con la sorellina più piccola, senza aspettare i canonici 11 anni.
La macchina da presa è sempre ferma, glaciale, come quello che racconta.
Si muove solo due volte, nel volteggio in mezzo agli schiaffi e nell'impressionante piano sequenza del controllo degli assistenti sociali.
Gli attori sono incredibili con, su tutti, lui, Coppa Volpi, ed Eleni con quello sguardo che dice sempre ogni cosa e quel suo modo di sedersi sul divano composta, impaurita ed indifesa.
E quello che rimane è una sensazione fortissima, uno schifo che farà fatica a togliersi.
E la tensione della madre che pulisce i coltelli è intensissima.
Ma è anche un'altra la sensazione che rimane.
Quella del volo di quell'angelo dalla finestra, quell'incipit così drammatico nasconde anche un'altra cosa.
Sarà paradossale ma quel salto verso la fine è l'unica vera azione, l'unico vero momento nel quale, a posteriori, troviamo qualcosa di giusto e vitale, quel volo verso la morte è la cosa con dentro più vita di tutto il film.
( voto 8,5 )