Magari non nel senso più alto del termine, che l'onestà intellettuale è una cosa così grande che limitarla al giudizio cinematografico fa quasi ridere, ma in modo molto più banale ed empirico.
Ed è questo che mi ha sempre portato a ricercare anche nei peggio film le meglio cose, perchè è impossibile che un'opera cinematografica sia solo un insieme di errori.
Noto invece che è diffuso il metodo di voler distruggere in modo totale un film (o un regista) che non piacciono. Come se mettessimo in una tinozza qualche vernice colorata ma poi una gettata di nero facesse diventare nera tutta la miscela.
Ecco, con Sorrentino accade questo, una volta che si è deciso che non piace, che il suo film è irritante, che la sua è solo boriosa ostentazione poi queste sensazioni le si allargano a tutto, ad ogni inquadratura, ad ogni movimento di macchina, ad ogni frase. Fanno diventare tutto nero, anche quelle spruzzate di colore, quelle eccellenze che, se si avesse onestà intellettuale, non si potrebbe far finta di non vedere.
Perchè che Sorrentino sia in questo momento il miglior uomo di cinema italiano è dato quasi oggettivo.
Non il miglior narratore (tutt'altro...), non l'autore più profondo, non il più innovativo, non il più originale, non quello più importante, non quello più genuino, no, niente di tutto questo, semplicemente quello che sa utilizzare al meglio la macchina cinema.
Sorrentino è un figlio di buona donna che crea alchimie filmiche come nessuno, che come nessuno miscela fotografia, inquadrature, musiche, movimenti di macchina, colori e suggestioni. Ogni tanto mi viene da pensare che quello che provo con lui sia una sorta di Sindrome di Stendhal, e invece no, se proprio di sindromi vogliamo parlare opterei per quella di Stoccolma. Sì, perchè Sorrentino ci imprigiona, ci fa anche brutte cose, fa il padre padrone, ma più fa così più ci sentiamo affascinati da lui.
Ecco, con Youth, film per certi versi "sbagliato" assistiamo al paradosso che, nell'errore, uno ne riconosca ancor di più la grandezza.
E' come se Maradona palleggiasse con una pallina da tennis e ad un certo punto, o anche più volte, la svirgolasse. Sì, però come l'ha colpita le altre volte è un modo in cui non la colpisce nessuno.
Sorrentino ancora una volta se ne frega bellamente della narrazione. Ma se ne La Grande Bellezza avevamo una frammentarietà assoluta, stavolta c'è un collante apparentemente più forte, un tentativo più convinto di tenere i pezzi assieme. Sì, però, alla fine, a parte un salto dalla finestra di qualcuno che ha capito che non c'erano più emozioni per cui vivere, nulla accade, tutto potrebbe indifferentemente stare prima o dopo. Siamo in un tempo fermo, in un ammasso di microscene ammassate a loro volta da frasi sentenziose, da verità universali, da frasi sulla condizione umana da dover condividere. Un gigantesco post feisbucchiano pieno di frasi indimenticabili spacciato per film.
O.k, questa è la vernice nera.
Anzi, dirò di più, le scene con Maradona sono troppe, ne sarebbero bastate un paio, i personaggi macchietta sono anch'essi troppi, che sembra quasi che Sorrentino una persona normale dentro un film non ce la possa mettere no, tutti devono essere caratterizzati fino allo sfinimento, tutti devono essere personaggi superiori alle persone che nascondono, per non parlare della solita ostentazione del grottesco, del "deforme", del quasi rivoltante, dell'umanamente viscido e repellente, con tutti quei vecchi nudi sulla piscina col pisello di fuori o le zinne cadenti, o quell'altri due che come animali scopano addosso ad un albero, o come l'alpinista che boh, serve giusto il tempo di una metafora.
E la scena con la Lange, mah...
Dai, ce n'è di nero, mettiamolo nella tinozza. Ma non mischiamolo per dio, lasciamoli liberi glim altri colori che ce ne sono di bellissimi.
Intanto ci sono 4 attori che dovremmo solo ringraziare di veder recitare, un Caine che mi ha preso l'anima perchè mai come qua l'ho visto così simile a mio nonno, un Keitel talmente grande che era ogni volta un caleidoscopio di cose, una Weisz bella e vera come solo le donne a 40 anni sanno essere belle e vere, un Dano che da tempo sta qui, nel mio cuore, per questo viso che è cinema allo stato puro e la sensazione di trovarmi davanti ad uno che ama e rispetta profondamente il proprio mestiere (infatti credo che il suo personaggio, quello dell'attore che cerca la mimesi, sia perfetto).
Tra tutte le frasi da Baci Perugina ce ne sono alcune di formidabili, ma non conta tanto la frase, conta chi la dice, quando e perchè.
E di quando giusti, di perchè giusti, ce ne son tanti...
Sorrentino ama le filippiche demolitrici, e se un giorno ne regalò una al Gambardella che passava una serata insieme agli amici stavolta l'affida al primissimo piano della figlia Weisz, sputata al padre Caine.
Credo che il loro rapporto sia alla fine quello più emozionante, quello con più muri e mano tese.
Ma Youth è principalmente un grandissimo omaggio alla musica, che da attrice non protagonista dei film sorrentiniani (nel senso di colonna sonora, anche stavolta magnifica) qui diventa protagonista assoluta, entra dentro il film,con la sua universalità, con il suo "potere", con la sua versatilità, ma anche con il suo lato oscuro, quello di passione quasi disumanizzante.
Ed è proprio questo conflitto passione/affetti quello che porta Caine alle riflessioni più amare.
Sorrentino tenta anche la strada, più che del film nel film, della sceneggiatura nella sceneggiatura, argomento già affrontato in precedenza da registi più sensibili di lui (vedi Kaufman, più volte).
Ma quell'incubo filmico che vive Keitel sul prato, con tutti i suoi personaggi che lo tormentano, è qualcosa di potente, pretenzioso e quasi caricaturale sì, ma potentissimo.
La sensazione è che il film con la giovinezza che declama nel titolo poco c'entri, che sia il ricordo semmai il motore di tutto. Sorrentino prova anche a dargli un volto a quella giovinezza, ed è quello della massaggiatrice con l'apparecchio, personaggio forse più imperscrutabile dell'intero film.
Quello che conta è che in mezzo a tutte le sensazioni sbagliate io mi son perso un'altra volta, che, come ci dicevamo col mio amico Federico, quel mago di Sorrentino può farti vedere qualsiasi cosa, e per quanto possa piacerti o no tu staresti 6 ore là a vederla.
Non è forse questo il potere del Cinema?
Caine cammina in una passerella sul mare, incrocia la giovinezza, poi lei si allontana e lui affoga.
In realtà la giovinezza la rimpiangiamo un pò tutti, anche io che ho solo 37 anni.
Ma se alla mia età la si rimpiange soltanto come un momento ormai passato per sempre, un uomo di 80 anni non la rimpiange come periodo di vita, ma come vita stessa.
Tra giovani vite prostituite a cui si chiede solo una passeggiata, bellissime ragazze che entrano nude in una piscina, uomini che lievitano, mucche che creano sinfonie, calciatori obesi che camminano con un bastone e uomini che si gettano dalla finestra si arriva ad un finale che, forse, non poteva essere diverso.
Un ultimo concerto, un nuovo soprano che sostituisce la catatonia di un ricordo, un ultimo applauso.
E un'ultima inquadratura per Keitel, l'ultima di un film testamento che non sarà mai.