E’ ovunque. Non fai in tempo a scendere dall’autobus, ad uscire dalla caffetteria dopo aver lasciato gli immancabili 20 centesimi sul bancone con fare fiero ed espressione da “ Ecco, anche oggi ho contribuito a salvare il mondo”, ad entrare nell’androne del condominio, che li vedi.
Sono nell’aria, girano sempre in folti gruppi, sono presenti almeno quanto non li si riesce a vedere, e rendono l’atmosfera più degna di essere…quanto meno analizzata con attenzione, poi vediamo se sbilanciarci anche con un “vissuta”. Chi sono?
Insomma, da qualche settimana l’aria è invasa da ventate ormonali almeno quanto il Parlamento lo è da soggetti inutili e con la preparazione scolastica di Topo Gigio ripetente la 2ª elementare (per la 3ª volta). E’ un fenomeno interessante, che si presta ad un’analisi approfondita, e che rivela una natura evidentemente trasversale.
L’”ormone” non fa distinzione di età, casta, inclinazione sessuale, ecc.
Si, perché la botta d’ormone non guarda in faccia a nessuno. Non fa distinzioni fra più o meno abbienti, bianchi o neri, etero o gay, italiani o extracomunitari. La botta d’ormone è la trovata più democratica che si sia mai vista (almeno dai tempi delle giacche a scacchi di Fabrizio Frizzi negli anni ’90 che, allo stesso modo, non risparmiavano proprio nessuno e risultavano un cazzotto nell’occhio destro proprio per tutti eh). E’ chiaro. Ci sono modalità e modalità con cui poi questo purosangue senza briglie decide di correre sui percorsi di vita di noi ignari uomini che, impotenti dinanzi al suo arrivo, non possiamo fare altro che augurarci il meglio ma prepararci al peggio.
Personalmente, posso testimoniare che nei corridoi universitari, scoccata la fatidica ora della temuta “sessione estiva”, non ce n’è per nessuno: stress e tensione pre esame incontrano le più peccaminose fantasie degli studenti – ingrifati come tori dinanzi ad una bandiera rosso fuoco – fino a dar vita ad un’atmosfera che mi fa sfigurare pure le location a tinte forti partorite da quel genio di Tinto Brass.
Ma non finisce qui. Esci dall’ università o dall’ufficio e ti imbatti in quella dimensione parallela popolata dai più diversi animali mitologici, che qualcuno chiama ingenuamente “strada”. Ce n’è per tutti i gusti : l’uomo “so figo” accomodato all’esterno del bar in una posizione a metà strada fra lo “scavallo” e una coreografia di Garrison, in attesa della sventurata passante in short; la fine e distinta signora sulla 40ina che, nella confusione ormonale più totale, ha lasciato a casa il buon gusto nel vestire e s’è portata dietro invece una capacità di abbinare i colori degna dei più discutibili costumi dei personaggi della Melevisione; l’anziano audace a cui una camicia ed un pantalone non bastavano, no, perciò ha pensato bene di armarsi di una struttura agile e leggera: due magliette, un maglioncino “che non si sa mai se cambia il tempo”, un cappello misto lana, un paio di mocassini con cui se la contende col tizio del bar, e tanta voglia di rendere il pomeriggio alle bocce con le anziane che fanno il tifo “l’evento che spacca”. E potrei continuare all’infinito, giuro.
Per ora uno spunto di riflessione per me e per voi: tutti questi ormoni che accompagnano le nostre giornate sono da tenere accuratamente sotto controllo per preservare un minimo di decoro o, invece, è bene abbandonarsi alle loro imprevedibili dinamiche sposando, quindi, la logica del “tanto si vive una volta sola”? Mi raccomando, che ognuno risponda restando fedele a se stesso e al suo pensiero più sincero perché qui, i politically correct, li viviamo con la stessa simpatia con cui si affronta un interrogatorio di 12 ore senza cibo fatto da un agente taglia XXXL, dall’accento russo, piuttosto inquietante.