La signora che ha il lettino accanto a noi è abbronzatissima. Probabilmente prima di venire qui al lago è stata anche al mare o in alta montagna. Non è un’abbronzatura dorata, ma scura, molto scura, e si sta già degradando, mostrando leggere screpolature biancastre. Il marito accanto a lei, panamino bianco in testa per ripararsi dal sole, è immerso nella lettura del Corriere, letto e straletto, stando alle stropicciature della carta. Accanto a loro un ragazzino di circa 5 anni (il nipote, credo, in quanto i due sembrano essere oltre la cinquantina). Vorrebbe giocare, ma non vuole disturbare i due adulti. Ad un certo momento, dopo che il piccolo se ne esce con uno sbuffo di noia, la donna estrae dal borsone un giochino elettronico.
In spiaggia.
Con tutto quello che potrebbe fare, (c’è pure un piccolo parco giochi), magari il vecchio gioco delle bocce piatte da spiaggia (non saprei come chiamarle altrimenti).
Quel piccolo, con il tablet in mano, che digita forsennatamente sul touch screen mi fa pena.
Ripenso a quando ero bambina ed in spiaggia al mare (mare che ancora oggi odio perché mi ci mandavano con la colonia) per giocare c’erano palette, secchielli, formine, le biglie per il “giro d’Italia” ed il gioco con i noccioli delle pesche, accuratamente rosicchiati e ripuliti… Altro che battaglie galattiche, Jewel, città da costruire, regni da conquistare.
Poi sta anche ai genitori ed ai nonni partecipare a questi giochi: in questi giorni con noi c’è anche la nipotina (fortunatamente da sola, contrariamente agli anni precedenti), e tra pallonate, salti con la corda, altalena ed altro ci siamo divertiti pure noi. E quando proprio eravamo stanchi, gomma e matita e la classica Settimana Enigmistica, i giochi più semplici ovviamente.
Adesso capisco perché stiamo crescendo una generazione di ragazzi sempre più chiusi e emarginati dal mondo circostante.
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