Al limite della notte di Michael Cunningham

Creato il 24 gennaio 2013 da Nasreen @SognandoLeggend

Scrittore di successo, soprattutto negli ambienti gay americani, già militante di Act-up, impegnato per i diritti dei gay e nella lotta contro l’Aids, Michael Cunningham si è imposto all’attenzione letteraria internazionale con un romanzo di grande originalità che gli è valso il Premio Pulitzer Prize 1999 per la narrativa.
Michael Cunningham , nato a Los Angeles 47 anni fa, vive e lavora a New York, dove all’ attività di romanziere affianca quella di insegnante di creative writing alla Columbia University. E’ autore di Una casa alla fine del mondo e di Carne e Sangue. Del romanzo Le ore è stata diretta una versione cinematografica da Alan Parker.

Sito: http://www.michaelcunninghamwriter.com


Titolo: Al limite della notte
Autore: Michael Cunningham
Serie: //
Edito da: Bompiani (Collana: I grandi tascabili)
Prezzo: 9,90 € 
Genere:  Narrativa, adult, contemporaneo, Tematica omosex NON ESPLICITA
Pagine: 313 p.
Voto
 

Trama: New York, oggi. Peter, quarantenne, mercante d’arte a Manhattan, ha tutto quello che un uomo potrebbe desiderare. Un lavoro che sta per dargli nuove opportunità, un bell’appartamento, una moglie affascinante, una figlia che è andata al college. Tutto. O forse no. Forse questo non può essere tutto. Forse alla vita di Peter manca qualcosa, il senso di un movimento, un’aspirazione, una tensione. Un pericolo. E quando nell’appartamento che Peter divide con Rebecca arriva Ethan, il fratello minore di sua moglie, un’attrazione misteriosa e inquietante sembra mettere a rischio qualsiasi parvenza di stabilità. L’autore di Le Ore ritorna con un romanzo seducente e sensuale, dalla scrittura densa e coinvolgente, che conduce il lettore sulle tracce di una Bellezza che tutto può salvare e tutto può distruggere.

Recensione
di Livin Derevel

Una delusione. Una vera delusione.
Il libro di per sé non è male – Cunningham è conosciuto non soltanto per il meritato Premio Pulitzer, ma anche per il film tratto dall’omonimo romanzo Una casa alla fine del mondo – il suo stile è nitido e scorrevole, nonostante spesso si perda in digressioni la lettura risulta comunque piacevole, attinente e coerente con la trama, le sue descrizioni servono per delineare il mondo attraverso cui si muovono i protagonisti, disegna lo sfondo in modo da posizionare i personaggi in un perfetto ambiente che non lascia sorprese – non dovrebbe, almeno – anche i flashback dal passato sono opportuni, utili, non fuorvianti.

L’analisi psicologica è come sempre approfondita e adeguata, non irrita ma si incastra perfettamente in un ventunesimo secolo fatto di discordie, domande senza risposta, ansie senza motivo e voglia di una libertà di cui però si ha una paura fottuta.

La storia può risultare banale se razionalizzata in un riassunto, ma leggendo pagina dopo pagina ci si accorge che le sfaccettature di ogni vita descritta sono interessanti, è facile immedesimarsi ed essere a volte comprensivi e a volte riluttanti, ci ritroviamo a condividere il cinismo di Peter o il suo istinto di sopravvivenza, anche a costo di sacrificare qualcosa, qualcuno.

La vera delusione, almeno per la sottoscritta, è stata la componente omosessuale. C’ero già cascata con Una casa alla fine del mondo, e ho ripetuto il medesimo errore.

All’inizio ci si aspetta che il protagonista, semplicemente, ceda al proprio inconscio, decida di seguire gli impulsi carnali e gettarsi tra le braccia del fratello della moglie, e via via che le pagine scorrono si arriva letteralmente a pretendere che i due sviluppino una relazione, anche se non c’erto d’amore. Una relazione conflittuale, d’intese e segreti, un po’ tortuosa e fantasma, si pretende che le immagini che si creano nella mente di Peter prendano una forma voyeuristica più concreta, che invece di crogiolarsi nei proprio sogni proibiti agisca in una qualsiasi maniera, anziché attendere irrimediabilmente che la fine arrivi lasciandogli l’amaro in bocca.

Un finale inaspettato, originale e che strappa un energico assenso, che però non mitiga il fatto che Cunningham nelle sue opere tenda sempre a creare situazioni ammiccanti ma mai reali, che si limitano a essere illusioni che prontamente vengono infrante, personaggi timorosi del proprio io che preferiscono lasciarsi trascinare piuttosto che prendere decisioni e assumersene le responsabilità.

Indubbio che questi ritratti rispecchiano la stragrande maggioranza della società odierna. Ma è stata comunque una delusione.


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