Parcheggio la macchina nella fila E.
Non c'è una chiazza d'ombra, non c'è un albero in tutto il piazzale, il parcheggio è un deserto d'asfalto.
Mi sento un beduino che cerca acqua disperatamente, quell'acqua che forse è Carla, quell'acqua che è nei suoi occhi.
La vedo subito appena entro, è alla cassa numero tre.
Non ho niente da comprare, faccio un giro nel reparto dedicato ai libri e mi soffermo a sfogliare “Io e Te” di Ammaniti.
La finta settimana bianca mi incuriosisce, la cantina, la sorella, quel “caffè?” con il quale il libro esordisce mi catapulta subito nella situazione ed ho voglia di continuare a leggerlo.
Decido ti comprarlo, è a saldo, costa otto euro.
Gironzolo senza una meta tra gli scaffali stracarichi di roba, mi viene in mente che forse potrei comprare del pesce e cucinarlo a cena per me e la mia ragazza.
Ma no, c'è la carne comprata ieri.
Passo davanti alle bottiglie tutte lucidate a festa, la frutta variopinta, la verdura, i biscotti, il roseo colore della carne cruda nel reparto macelleria.
Passo davanti a tutta quella roba vedendola senza però leggere la storia che ogni prodotto racchiude.
Sono bramoso, smanio per osservare nuovamente quegli occhi.
Gironzolo a caso per perdere tempo.
Fuori è caldo, io sono sudato, sento i calzini che sono fradici e forse stinti nelle mie nuove Adidas verdi.
Appena uscito da lavoro sono corso al supermercato per sincerarmi delle condizioni di Carla.
Come se potessi guarirla, come se potessi liberarla dal suo tormento, come se io fossi un santone capace di liberare gli uomini dal dolore.
Alla cassa non c'è nessuno, io sono nel reparto dei detersivi e facendo finta di leggere qualcosa sul retro di un prodotto scelto a caso, scruto Carla. Lei, tiene tra le mani il cellulare, sembra annoiata.
Forse controlla se lui l'ha chiamata, forse si domanda perché non si è fatto risentire, forse attende uno squillo del padre per avere notizie della madre in ospedale.
Oggi non ha la treccia, i suoi capelli dorati sono semplicemente raccolti in una coda.
Decido che è il momento buono per avvicinarmi.
Voglio guardarla negli occhi.
Appena mi avvicino, vengo avvolto dal suo profumo il quale mi stordisce, sono frastornato, sembro rincoglionito, sono visibilmente disorientato.
Inciampo sui cestini arancioni che la gente lascia davanti alla cassa dopo aver poggiato sul nastro i prodotti scelti.
Ieri non aveva il profumo che ha oggi.
Quella fragranza la conosco, mi saltano alla mente confusi pensieri, visioni di corpi sudati, labbra accarezzate, un fremito mi percorre il corpo e non ho più la lucidità con la quale sono entrato nel supermercato.
“Hipnotic Poison” di Christian Dior.
Ecco il nome dell'essenza, era il profumo di una ragazza che conoscevo, siamo usciti per qualche sera alcuni anni fa: non che l'amassi, solo sesso.
Guado Carla con occhi diversi, le sorrido e le chiedo scusa per il casino che ho combinato.
Lei mi guarda, sorride, le guance leggermente arrossate, la bocca dolcemente aperta, la testa un poco inclinata.
Carla è timida, lo capisco perché non riesce a guardami negli occhi per più di qualche istante.
I suoi occhi, i quali il giorno prima mi avevano tanto colpito per la profonda malinconia che manifestavano, sono sempre tristi.
Guarda il mio libro, le domando se l'ha letto.
Risponde con un laconico no.
Percepisco però che quando mi parla i suoi occhi danno l'impressione di essere meno malinconici.
Le dico che fuori è un caldo allucinante, frase banale e stupida giusto per dire qualcosa, per constatare se la mia è stata solo un'impressione oppure parlandomi si sente davvero meglio.
Carla risponde pacatamente che fuori è davvero molto caldo, i nostri sguardi si incrociano e sembrano baciarsi, sento le nostre ciglia che immaginariamente si incastrano l'un l'altra.
Le osservo le pupille: sono dilatate.
Le piaccio, non c'è dubbio.
Le domando a che ora uscirà e cosa farà dopo. Lei mi dice che uscirà alle cinque, poi andrà da qualche parte, non ha impegni.
Sembra essersi sciolta.
Parla lentamente, a bassa voce, con toni soavi, inclina la testa ad ogni punto immaginario di ogni discorso.
Resto ad osservarle i denti bianchissimi, lattei, lucenti, sfavillanti, a tratti abbaglianti.
Il supermercato è deserto ed io vorrei stare per ore a parlare con Carla.
Mi butto.
Le dico che per il pomeriggio anch'io non ho impegni, la invito fuori.
Dice di no.
Insisto, sono curioso di vederla senza quel camice arancione, di vedere come cammina, come si muove fuori dal lavoro.
Vorrei sapere che musica ascolta, da dove viene, quanti anni ha, che numero di scarpe porta, se crede in Dio.
Dice di no nuovamente ma i suoi occhi la tradiscono, infatti, questi brillano, balenano di felicità, scintillano di gioia.
Persevero, sono convinto di averla in pugno.
Dice ancora di no.
Mi sento ferito, ma forse sono stato io a ferire quell'anima angelica, forse l'ho molestata, ma il suo volto pulito mi attrae enormemente, non so chi è e neanche se sia fidanzata.
Non so cosa mi è preso, voglio Carla per me.
Dice no.
Ma i suoi occhi l'hanno tradita, so di piacerle.
Pago in contanti.
Saluto Carla baciandole la mano liscia che infatti, come avevo immaginato il giorno precedente, sa di Nivea.
Mentre lo faccio mi sento uno di quei cavalieri medioevali alla corte di qualche altezzosa damigella.
Mi avvicino all'uscita, la porta scorrevole si apre davanti a me.
Poi, mi sento chiamare, è Carla che dice di averci ripensato.
La sento parlare con un tono alto, mi sembra impossibile, è in piedi rivolta verso di me, i capelli dorati luccicano sotto i neon, il suo dito destro rotea a mezz'aria come a dire “ci vediamo dopo”, mi dice che alle cinque mi aspetta davanti al supermercato.
Le butto un bacio e lei inclina il capo sorridendo.
Monto in macchina, proprio dopo aver chiuso lo sportello mi rendo conto di aver fatto una cazzata assurda.
Sono fidanzato da quattro anni, convivo da due, e non posso tradire la mia fidanzata con una tipa conosciuta da due giorni, così, forse conquistata solamente per esaltare il mio ego di uomo conquistatore.
Pescata in un supermercato forse per noia, per trastullo, per gioco, la cosa più giusta sarebbe di liberarla subito prima di farla morire.
Sono le tre, tra due ore avrò un appuntamento con una ragazza bionda col viso pulito, i denti bianchissimi, occhi verdi, un profumo che stordisce, delle guance da accarezzare, una bocca con labbra sottili che adesso muoio dalla voglia di baciare.
Mentre faccio la doccia non smetto di pensare a Carla, ho la sensazione di essere diventato il centro del suo universo e che lei lo sia diventata del mio, nonostante io sia già il centro di un universo e al centro del mio universo ci sia una ragazza che però non si chiama Carla.
È una cazzata, sento che è una cazzata enorme, ma la voglia di rivederla è troppa.
Osservo l'orologio appeso in cucina, sono le quattro.
Sfoglio il libro che ho comprato, non riesco a leggerlo, ho la testa altrove, penso a Carla.
La mia ragazza uscirà da lavoro alle otto, penso che forse potrei portare Carla a casa.
Profanare il luogo dove un amore come il nostro ha preso forma e sostanza è da vili, da bastardi, da esseri indegni all'amore.
Mi guardo allo specchio del bagno, osservo i miei occhi, cerco di penetrare infondo al mio spirito, mi porto le mani sulle tempie, poi sui capelli ricci e confusi.
Mi domando se il demonio mi stia mettendo alla prova, se il demonio esiste, se sia giusto o sbagliato cadere in tentazione, se Carla sia il demonio o un mezzo che questo usa per ingannarmi.
Entro in camera, guardo la sveglia appoggiata sul mio comodino in noce, guardo la sveglia sul comodino della mia ragazza, mancano venti minuti alle cinque e in me, combattono emozioni contrastanti.
Penso a Carla e sono felice, la situazione alla quale potrei andare in contro mi eccita enormemente, penso alla mia ragazza ma nel suo volto vedo i netti e allo stesso tempo delicati lineamenti della dolce Carla.
Se la mia ragazza facesse una cosa del genere, ovvero se scoprissi che ha un appuntamento con un ragazzo, la dipingerei con tutti gli aggettivi e sinonimi vicini a puttana.
Sono ancora in tempo per tirarmi in dietro ma non ci riesco, mi vesto, mi lavo i denti, mi pettino, chiudo la porta di casa quasi sbattendola, salgo in macchina e vado da Carla.
Continua...