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Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

Creato il 17 settembre 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

 

Pochi lo sanno, ma c’è stata un’epoca cui il nostro pianeta, la Terra, ha ospitato ben due diverse umanità distinte e indipendenti fra loro.
Sto parlando dell’Homo neanderthalensis, meglio noto come “Uomo di Neanderthal”.

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

Questa è la ricostruzione del viso di una giovane donna neanderthaliana. Si vedono molto bene le differenze con un volto tipico della nostra specie, ma ciò non toglie che la somiglianza sia notevole, quasi inquietante. Si capisce molto bene che siamo parenti stretti, ma non come si pensa comunemente. Tutti noi a scuola impariamo che l’Homo neanderthalensis è un antenato dell’Homo sapiens, ma non è affatto così: sono due specie appartenenti allo stesso genere, Homo, ma il neanderthalensis non è antenato del sapiens, è più una sorta di cugino che si è evoluto seguendo un ramo indipendente della nostra “grande famiglia”. Questo significa che, nonostane la comunità scientifica abbia da tempo dimostrato che non siamo discendenti dei neanderthaliani, i libri di scuola si ostinano a raccontare nozioni del tutto errate.
 

Capiamoci meglio con un esempio.

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

In questa immagine sono ben riconoscibili un leone e una tigre. Guardate bene i musi: sono molto simili, no?
Il leone è classificato come Panthera leo (che vive in Africa e in Asia, dove si trovala sottospecie Panthera leo persica), mentre la tigre come Panthera tigris (che vive in gran parte dell’Asia, divisa un varia sottospecie), ovvero hanno lo stesso nome di genere. Questo vuol dire che fra sapiens e neanderthalensis si ha lo stesso, identico, tipo di parentela che esiste fra tigre e leone.
Il leone e la tigre, pur essendo specie diverse, si possono addirittura incrociare dando un ibrido, il “ligre”:

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

Tuttavia l’incrocio fra specie diverse in natura è spesso scoraggiato e di norma gli ibridi sono sterili, come il famoso mulo che è un ibrido sterile fra cavallo (Equus domesticus) e asino (Equus asinus). Anche nel caso del ligre si ha un effetto simile: il maschio infatti è sterile, mentre la femmina è fertile. La sterilità non assoluta indica che il leone e la tigre sono due specie molto vicine, più del cavallo e dell’asino.
Tenete presente questa breve trattazione sulla sterilità dell’ibrido perché ci tornerà molto utile fra poco. Ora cerchiamo di svelare i segreti dei nostri cugini neanderthaliani!

L’Homo neanderthalensis è vissuto in Europa e Medio Oriente fra 130.000 e 35.000 anni fa, anche se alcune scoperte recenti posticipano l’estinzione a 29.000 anni fa. I maggiori ritrovamenti sono avvenuti in Spagna, Francia, Germania, Italia, Croazia e Israele.
Sebbene possano sembrare simili, i neanderthaliani erano piuttosto diversi dai sapiens, a cominciare dalla struttura ossea molto più massiccia, come si può vedere in questa immagine:

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

Il cranio a sinistra è umano propriamente detto, quello a destra è neandethaliano. Si vede chiaramente che quello di destra è molto più massiccio e robusto dell’altro. Vediamo una tavola comparativa fra i due crani per capire meglio:

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

Come prima, il cranio di destra è neanderthaliano e quello a sinistra di sapiens. Vediamo che quello di destra ha un marcato toro sopraorbitario (il bordo osseo sopra le orbite); l’osso frontale (ossia la fronte) è appiattito e sfuggente; l’osso occipitale (quello dietro la testa) è spesso e dilatato all’indietro a formare uno “chignon”, ossia una protuberanza ossea a cui si legavano i muscoli posteriori del collo che, viste le dimensioni della protuberanza, dovevano essere piuttosto spessi. Anche lo splancnocranio (la faccia) presenta varie differenze, infatti le orbite sono grandi e arrotondate, mentre apertura e cavità nasali sono molto grandi; la madibola non presenta il mento che è una caratteristica tipica dell’Homo sapiens. Anche i denti erano grandi e massicci, con incisivi e molari più grandi di quelli della nostra specie.
Nel complesso la forma della testa è più arrotondata e globosa rispetto al sapiens e, addirittura, la capacità cranica può raggiungere anche i 1.600 centimetri cubi circa, ossia ben 300 in più rispetto alla nostra specie il cui massimo è circa 1.300 centimetri cubi. Questo vuol dire che l’Homo neanderthalensis aveva un cervello più grande del nostro, ma non vuol dire che fosse più intelligente: non contano infatti le dimensioni ma l’organizzazione e la superficie del cervello che è percorso da varie circonvoluzioni che permettono di ospitare più neuroni a parità di spazio. I calchi dell’interno dei crani neanderthaliani indicano che il loro cervello era meno circonvoluto del nostro e quindi doveva avere un’organizzazione molto diversa da quello umano e, di conseguenza, le sue capacità erano differenti.

Oltre al cranio, anche il resto dello scheletro era ben più massiccio di quello del sapiens.

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

Il torce è a botte e gli arti abbastanza corti: nel complesso i neanderthaliani erano piuttosto bassi ma robusti. Le attaccature dei muscoli e dei tendini sono molto marcate sulla ossa, cosa che indica dei muscoli massicci e una notevole forza fisica.

In definitiva, la morfologia ossea indica sia adattamenti al clima freddo (bassa statura ed estremità corte) che adattamenti al clima arido (le grandi cavità nasali che permettono di inumidire l’aria inspirata); questo tipo di adattamenti sono perfettamente compatibili con la diffusione del Neanderthal in Medio Oriente (dal clima notoriamente arido) e in Europa (che all’epoca era in piena glaciazione Wurmiana).

Poco fa ho detto che i cervelli di sapiens e neanderthalensis sono diversi, cosa che è stata dedotta dai calchi intracranici che hanno messo in evidenza una diversa vascolarizzazione e quindi una diversa struttura dei due encefali.
Le differenze principali sono al livello dei lobi parietali e frontali (rese evidenti dal profilo più piatto della fronte), questi ultimi sono la sede del ragionamento, dell’astrazione (la matematica, per esempio, dipende dai frontali). Queste differenze, insieme a una diversa struttura del palato, indicano con certezza che i neandethaliani dovevano avere un linguaggio articolato ma meno complesso e versatile del nostro, infatti la nostra specie è specializzata nella comunicazione.

Cosa possiamo dire riguardo alla loro dieta?

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

La dentatura neanderthaliana è molto simile a quella dei sapiens, quindi la dieta doveva essere onnivora. Purtroppo non si hanno testimonianze certe del consumo di alimenti vegetali (che, visti i denti, non potevano mancare) mentre invece si sono trovati reperti che indicano con certezza il consumo di carne: ossa bruciate o tagliate, utensili per tagliare e armi adatte alla caccia attiva. La discreta abilità venatoria dei nostri “cugini” è testimoniata anche dal ritrovamento di trappole a fossa che servivano alla cattura di animali di grossa taglia.

I neanderthaliani producevano un’industria litica detta Musteriana, caratterizzata da manufatti molto complessi e ottenuti con lavorazioni complesse come la tecnica Levallois, che prevedere di scheggiare la selce in senso radiale mediante percussione.

Album di famiglia – Homo neanderthalensis, il cugino perduto

Ma passiamo ora alla parte più affascinante dell’articolo: la nostra specie e la loro si sono certamente incontrate, dato che l’Homo sapiens è giunto in Europa vari millenni prima dell’estinzione dell’Homo neanderthalensis.
Purtroppo il contatto con la nostra specie fu, probabilmente, fatale per loro: noi siamo più adattabili e meno specializzati, con una maggiore capacità di comunicare e di organizzare i gruppi, quindi la competizione coi sapiens a lungo andare ha portato all’estinzione i nostri “cugini”.

Ma questo non vuol dire che il contatto non abbia portato dei benefici sul medio termine o, sorprendentemente, che i neanderthaliani siano del tutto svaniti.
Infatti sono stati trovati in alcuni siti dei reperti litici attribuiti ai neanderthaliani diversi dall’industra Musteriana e classificati come industria Castelperroniana, i quali presentano dei tratti in comune con l’industria Aurignaziana, ossia quella dei sapiens. Questo significa che le due culture hanno avuto dei contatti anche non violenti (non è infatti escluso che gruppi delle due specie possano aver combattuto gli uni contro gli altri) che hanno portato i neanderthaliani ad assimilare e mettere in pratica delle conoscenze dei sapiens.
Ma c’è di più: ricordate l’ibridazione di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo? Sono stati ritrovati dei reperti ossei, seppur rari, con una morfologia ossea intermedia fra le due specie, cosa che lascia ragionevolmente supporre che esse possano essersi incrociate. Inoltre, abbiamo visto per il ligre che non necessariamente un ibrido è sempre sterile, infatti in specie molto affini può capitare che uno dei sessi possa essere fertile, come la femmina nel caso del ligre. Ebbene, questa considerazione permette di ipotizzare che i neanderthaliani non siano davvero scomparsi ma che, almeno una parte del loro genoma, sia nel DNA del moderno sapiens, nel DNA d tutti noi. Studi sul DNA mitondriale (anche se ancora non confermati), che studiano la discendenza femminile, sembrano supportare la tesi dell’assimilazione.

Personalmente ritengo l’Homo neandethalensis molto affascinante perché è la cosa più vicina a una cultura aliena che la nostra specie abbia mai visto. In attesa di scoprire degli extraterrestri, i neanderthaliani potrebbero essere un buon surrogato per osservare una cultura aliena!
Mi chiedo: cosa sarebbe accaduto se non si fossero mai estinti?

Il prossimo articolo sarà l’ultimo di questa serie e parlerà, finalmente, dell’Homo sapiens ossia di noi!

 


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