La trama è molto semplice: Alcesti, sposa di Admeto, al momento della morte di costui si offre per scendere negli Inferi al suo posto, ma viene infine riportata in vita dal prodigioso Eracle, amico di Admeto, che ingaggia una lotta con la Morte e restituisce la donna al marito.
Il testo fu rappresentato come quarta parte di una tetralogia drammatica, in luogo del dramma satiresco che, di norma, serviva a distendere gli animi turbati dalle tragedie con trame ricche di giochi di parole, scherzi, raggiri e gozzoviglie (i tratti caratteristici, appunto, delle figure dei satiri). Questo fatto ha dato vita a numerosi dubbi sulla natura del dramma: Alcesti è davvero una tragedia? Non si deve interpretarla, piuttosto, come una paratragedia o una tragicommedia?
Il primo motivo per cui il testo pare anti-tragico risiede nelle connotazioni etiche dei personaggi: alla grettezza di Admeto, che nemmeno per un attimo rifiuta il sacrificio della donna, ma, anzi, pretende che sia uno dei genitori a sostituirla nella triste decisione, si contrappone l'anima candida di Alcesti, che manifesta l'unica preoccupazione che i figli debbano subire la presenza di una matrigna; Alcesti si immola spontaneamente, suscitando la commozione di tutto il popolo che, però, all'arrivo di Eracle, è obbligato a mascherare il lutto per accogliere l'ospite, come richiesto dal codice etico greco. Eracle è il secondo personaggio che trionfa nel dramma: irrompe come un giocattolone scanzonato decantando le proprie avventure con un calice di vino in mano, ma, nel momento in cui scopre la reale situazione in cui versa la corte di Admeto, smette le vesti dell'ubriacone per indossare quelle dell'eroe vincitore.
Cratere a figure rosse con Alcesti con Admeto, Caronte e demone alato
La natura satiresca di Eracle è l'altro grande nodo problematico nella questione del genere: la facies che presenta in Alcesti è ben diversa da quella delle altre tragedie in cui figura come personaggio (Trachinie, Eracle, Eraclidi), mentre assomiglia a quella che assume nella commedia di Aristofane Uccelli e alle figure di lottatori e atleti che popolano i drammi satireschi.
Meno significativo, nella definizione di genere, risulta il finale. Alcesti non è l'unica tragedia a lieto fine: accanto a questo testo euripideo, si segnalano per uno scioglimento positivo le Eumenidi di Eschilo, l'Oreste e l'Elena di Euripide. Va però detto che, nonostante il lieto fine, le modalità attraverso cui si costruisce, la costante presenza dell'inganno (anche se a fin di bene) e la permanenza del carattere decisamente poco eroico dell'unico personaggio maschile che risulta presente dall'inizio alla fine del dramma (Admeto) insinuano il disagio e l'amarezza di una vicenda che non appare interamente composta, come se le macchie negative incontrate nel sistema dei personaggi, in confronto alla grandezza del sacrificio della protagonista, non potessero essere cancellate.
J.F. Peyron, Alcesti morente
C.M.