Alcibiade, una scoppiettante personalità fra i marmi della Grecia Classica

Creato il 05 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Per come ci viene insegnata la storia nella scuola dell’obbligo siamo abituati a vedere i grandi personaggi della Grecia Antica un po’ come statue di marmo in un maestoso museo, letteralmente e metaforicamente: personalità forti, orgogliose, si potrebbero quasi definire stereotipi. Basti pensare a Socrate che accettò la sentenza di morte pur di mantenere la propria integrità di cittadino ateniese e tenere fede ai propri principi; o a Leonida che si sacrificò insieme ai famosi Trecento in uno scontro dall’esito certo, pur di salvare la patria. Di esempi se ne potrebbero fare molti e sono sicuro che ci sarà tempo di parlare di questi personaggi più avanti, ma oggi voglio prendere in esame con voi un unicum che in questo immaginario museo salterebbe subito all’occhio: egli infatti non è un marmo come gli altri, ma piuttosto lo si potrebbe scherzosamente chiamare “faccia di bronzo”. E non saremmo poi così lontani dalla realtà…

Alcibiade, figlio di Clinia, nasce ad Atene nel 450 a.C.. Tuttavia egli non è un ragazzo qualunque: non soltanto appartiene agli Alcmeonidi, una delle tre grandi famiglie aristocratiche di Atene, ma riceve anche un’educazione di tutto rispetto: ha infatti per tutore Pericle e per mentore Socrate, forse le due più grandi personalità dell’Atene di età Classica. Platone ci narra che con Socrate aveva un rapporto di pederastia, c’era ammirazione reciproca fra i due, Alcibiade era molto bello e aveva un caratterino decisamente ribelle, mentre il suo mentore vantava saggezza e dispensava consigli.

Data questa premessa potremmo dedurre che sarebbe venuto su un politico niente male e invece il suo carattere ha avuto la meglio, l’ha deviato come mai nessuno si sarebbe aspettato. Sembrerà quasi di rivedere la storia di Anakin Skywalker in Star Wars: viene educato dal saggio Obi-Wan e dai grandi maestri Jedi, ma alla fine il suo Lato Oscuro prevale e lo rende il più pericoloso dei nemici della patria. La vicenda è infatti molto simile.

Ci troviamo nel bel mezzo della Guerra del Peloponneso, il lunghissimo conflitto che contrappose Atene a Sparta. Alcibiade partecipa alle battaglie di Potidea e Delio e inizia a farsi un nome, ma è quando viene dichiarata una tregua, la Pace di Nicia, che si fa veramente notare. Ad un giovane così ambizioso e impulsivo infatti non può piacere l’idea di una pace con gli Spartani, i rivali di sempre, così decide di convincere gli ambasciatori ad abbandonare questa politica di diplomazia, li convince ad opporsi al piano di Nicia. E ci riesce, tanto da farsi eleggere generale dell’esercito. La sua influenza lo porta poi a ordinare l’ultimo ostracismo (esilio) della storia ateniese nei confronti di un rivale in politica, Iperbolo. Alcibiade raggiunge così finalmente un ruolo degno del suo ego, ma non sa ancora nulla delle “avventure” che sta per affrontare da lì a breve.

Nel 415 a.C. giungono ad Atene gli ambasciatori di Segesta, cittadina siciliana rivale di Selinunte, alleata di Sparta, chiedendo supporto militare. Nicia ovviamente si oppone all’intervento; al contrario Alcibiade vede in questa spedizione l’opportunità di ottenere ricchezza e fama; pensa di ottenere l’appoggio degli alleati siciliani, aiutare Segesta e conquistare rapidamente la ricca città di Siracusa, altra storica alleata di Sparta sull’isola. Buffo come Nicia, per convincere i cittadini a non consentire la partenza, abbia chiesto un numero assurdo di uomini e navi all’assemblea e alla fine le abbia ricevute, ottenendo un vero e proprio ritorno di fiamma.

La spedizione dunque si fa, ma qualcosa va storto perché Alcibiade viene accusato di aver mutilato le statue dedicate ad Ermes la notte prima della partenza: un complotto atto a spodestare una personalità che stava diventando un po’ troppo influente. Il giovane parte comunque, lasciandosi dietro i tumulti della polis, ma non appena arriva a Catania vi incontra una nave che lo sta aspettando per riportarlo in patria affinché venga processato. Ora la situazione ricorda molto quella di Socrate prima del processo: che fare? Comportarsi da cittadini onesti e tornare o rifiutare? Alcibiade accetta di tornare ma… subito dopo fugge! Ad Atene lo condannano a morte e lui da furbetto si nasconde proprio a Sparta, dispensando incredibili consigli tattici su come sconfiggere la propria polis. Un vero traditore, ma egli si giustifica dicendo che “i nemici peggiori non sono quelli che, come voi, colpiscono il nemico, ma quelli che costringono gli amici a divenire nemici”.

Non sazio di aver fomentato abbastanza caos in Grecia, va a letto con la moglie del re di Sparta Agide II, ma nel momento in cui nasce il figlio del re si scopre subito chi è il vero padre. Inimicatosi così anche la polis peloponnesiaca, il nostro folle protagonista scappa e si rifugia dai Persiani, secolari nemici dei Greci. Qui consiglia il satrapo Tissaferne su come meglio agire per danneggiare gli Spartani, facendo a tutti gli effetti un triplo gioco. In questo lasso di tempo riallaccia i rapporti con Atene, riuscendo non solo a farsi perdonare, ma addirittura ritornando in patria con grandi festeggiamenti e con grandi promesse. Nel frattempo il povero Nicia, vittima delle decisioni altrui, viene trucidato insieme al suo esercito in Sicilia per mano degli Spartani.

Nonostante i consigli tattici passati ai nemici di Atene, Alcibiade riesce a risollevare per qualche tempo le sorti della guerra a favore della propria polis, portando a casa diverse vittorie. Tuttavia l’entrata in campo di Lisandro, geniale ammiraglio spartano, risulta in uno scacco matto per il nostro protagonista. La disfatta navale presso la città di Nozio sancisce la definitiva fine della sua vita politica, egli si vede costretto a fuggire dalla Grecia per evitare morte certa. Si insedia nuovamente presso i Persiani, in Frigia, ma questa volta Sparta invia degli assassini per assicurarsi che questa bomba ad orologeria non causi più guai a nessuno. Così Alcibiade muore, trafitto da numerose frecce nel tentativo disperato di accoltellare i suoi uccisori.

Come vedete è una storia molto variopinta e piena di colpi di scena, Alcibiade è un personaggio su cui si potrebbe scrivere un avvincente romanzo storico; inoltre la sua scottante personalità, il suo carisma e una buona dose di opportunismo lo rendono un personaggio estremamente attuale.

Bisogna però prendere con le pinze molte delle cose che si sanno su di lui, dal momento che ogni conoscenza che abbiamo sul tema ci è stata fornita da storiografi e spesso le loro informazioni sono discordanti, se non addirittura contrapposte. Il rapporto che c’è stato fra Socrate e Alcibiade infatti potrebbe non essere stato così stretto come ce lo racconta Platone. Consideriamo poi che Diodoro Siculo l’ha definito “di spirito brillante e desideroso di grandi imprese”, laddove invece Plutarco ce ne parla come del “meno scrupoloso e più imprudente degli esseri umani”.

Tutto sommato egli rimane, a detta di tutti, uno dei più grandi oratori della storia greca (eh beh, per riuscire a fare il triplo gioco e a farsi comunque apprezzare, ce ne vuole!), nonché un abilissimo stratega e una persona di grande intelligenza. Gli storici dei nostri giorni amano definirlo più come uno scaltro giocatore d’azzardo che come un mero opportunista, egli d’altronde ha rischiato molto nel fare certe scelte, ma il potenziale guadagno era troppo allettante per poter cedere.

Anodcide ci dice che “invece di decidere di conformarsi alle leggi dello stato, si aspettava che tu ti conformassi al suo modo di vivere”, proprio un bel tipetto!

A cura di Tomass T. Vadi

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