Da un paio di giorni la redazione di Wired.it ha deciso di distribuire gratuitamente sul suo canale tv l’interessante documentario di Alberto Puliafito sui fatti accaduti dopo il terremoto dell’Aquila e limitrofe. Il grande “Dipartimento della Protezione Civile” meno di un secolo fa era stato creato per gestire i soccorsi durante le imprevedibil emergenze conseguenti – per esempio – a terremoti o eruzioni vulcaniche, ma da qualche anno ormai è diventato lo strumento preferito dai governi per avere sotto controllo le più svariati situazioni sul territorio, i cosidetti “Grandi Eventi”.
Non potrò mai estinguere la mia indignazione fin quando continuerò a scoprire che i più grandi organi d’informazione – televisione e giornali nessuno escluso – hanno perpetrato coscientemente inganni di simile portata agli occhi di un intero popolo, il nostro.
Il primo compito della Protezione Civile rimane quello di fornire assistenza nell’immediata emergenza, ed evitare ulteriori danni alla comunità; tutte le disposizioni iniziali sono pianificate e scritte da ogni singolo ente locale all’interno del cosidetto “Piano di Protezione Civile” che ognuno è chiamato a stilare. L’iniziale volontà di mantenere la calma nella popolazione potrebbe essere costata la vita di tanta gente non assistita adeguatamente, come mai il piano d’emergenza non è stato in alcun modo adeguato alla catastrofe? Si parla di nessuna disposizione nè sui coordinamenti degli aiuti della prima ora nè sul primo soccorso da fornire ai calamitati.
Il secondo atto con cui la gestione si confronta è il ritorno alla normalità; il documentario si concentra sulla teoria della “Shock Economy” che sfrutta il panico originato dallo stato d’emergenza per gestire tramite il Dipartimento P.C. – scevro di ogni controllo – la ricostruzione della zona. Questo vuol dire possibili infiltrazioni criminali, riciclaggio di denaro sporco e totale ignoramento delle direttive urbanistiche, ambientali e delle corte dei conti; questo ha significato militarizzare la zona e ridurre le libertà di ogni individuo.
Non mancano i momenti emozionanti dovuti al sentimento di forte ingiustizia provato durante gran parte del film. C’è un attimo lungo la fine della storia che per mè è di pathos: la Protezione Civile dichiara finito lo stato d’emergenza e lascia l’area terremotata. Solo in quel momento i cittadini di L’Aquila riottengono il diritto di entrare nel centro urbano per capire cosa è stato fatto in quei 10 mesi e si rendono conto che l’intera operazione del Governo non si è interessata del recupero del vecchio centro ubrano, pieno di macerie proprio come alle 3:32 del 6 Aprile 2009.
Dopo la visione più di prima, occhi aperti sul terremoto in Emilia, su TAV ed Expo di Milano.