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Alcune domande sul vescovo e i preti pedofili: organizzazione e controlli, nomine e criteri

Creato il 31 agosto 2014 da Cremonademocratica @paolozignani

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Lafranconi Provvedimento del gip su -Dante-Lafranconi-Pag-6

cliccando sui link qui sopra si possono scaricare la lettera del vescovo Lafranconi alle vittime savonesi, missiva che sta circolando da giorni sul web, e la pagina del gip di Savona che, nella vicenda di due anni fa, ha considerato prescritto il reato di omertà per cui il vescovo era stato accusato.

Due preti già condannati per abusi sessuali, don Nello Giraudo e don Giorgio Barbacini, hanno ricevuto circa 15 anni fa dal loro vescovo della diocesi di Savona (Dante Lafranconi) il compito di esercitare il ministero sacerdotale in due comunità per minori.

Con quali criteri sono stati scelti? Che professionalità avevano, quale esperienza, che qualità avevano dimostrato per essere considerati adatti al servizio in comunità per minori sottratti dai servizi sociali alle loro famiglie, con decreto del tribunale dei minori?

Il vescovo savonese di allora, oggi a Cremona, sostiene di non aver commesso alcun errore e di non aver saputo che quei preti erano maniaci sessuali.

Non lo sapeva? Allora com’era organizzata la diocesi di Savona? Tra i preti c’erano dei malati pericolosi, capaci di rovinare la vita di bambine e bambini, e nessuno se n’era accorto? Proprio nessuno ha detto nulla al vescovo? Preti e monsignori che non si parlano tra loro e col vescovo? Nessuno che segnala il don con inclinazioni pericolose?

Per la verità ci sono testimonianze: se c’è un compito che un blog non può assumersi è però quello di sentenziare. Questo no, perché per emettere una sentenza occorre una professionalità peculiare, è necessario l’accesso a informazioni che non sono disponibili a tutti, e serve ovviamente, se ci sarà, un procedimento di natura civile.

Qui però non interessa assolvere o condannare, anche se mons. Lafranconi in sede civile, già una volta si è salvato grazie alla prescrizione. Quello che conta però, almeno questo è uno degli aspetti decisivi, è il funzionamento delle istituzioni: chi tutela ragazzi e bambini dai maniaci sessuali? Il vescovo no. I vescovi non denunciano perché la Chiesa è fatta così, non denuncia i preti. Allora chi controlla? I genitori non possono, se i figli vengono loro sottratti dal tribunale dei minori. I bambini e i ragazzi quindi restano in balia dei don Nello!

Il Comune non ha controllato che cosa succedeva in quelle due comunità, cioè due case famiglia? Il Comune paga il servizio alla diocesi di Savona (oppure a una parrocchia in particolare) e non verifica come viene svolto il servizio?

Era proprio necessario, inoltre, affidare quei bambini a strutture esterne? Il Comune non poteva affidarli a una propria struttura, gestita da dipendenti, oppure a una cooperativa che garantisse qualità? Che la Chiesa savonese abbia ricevuto anche dei soldi dal Comune per il lavoro effettuato è preoccupante. Se invece della Chiesa si trattasse di una qualunque altra organizzazione le domande sarebbero le stesse.

Ora la magistratura ha a disposizione sei nuove testimonianze. Sei ragazzi o ragazze che hanno deciso di parlare, e non solo loro. Per questo la Rete L’Abuso ha inviato al vescovo Lafranconi una lettera di messa in mora, cioè, secondo il codice civile, una raccomandata o una PEC, che esprime rimostrante, descrive l’accaduto, chiede risarcimento danni e minaccia di adire a vie legali.

Il vescovo ha risposto di non voler trattare: nessun accordo bonario.

La Chiesa cattolica ha una sua concezione del rapporto tra vescovo e sacerdote: un’ipotesi di reato però la può valutare solo un magistrato.


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