Propongo qui una selezione di poesie di un amico e giovane poeta, Luciano Mazziotta, in cui credo molto.
Spero incontreranno la vostra attenzione. (nc)
Città biografiche - Luciano Mazziotta
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Pensa se fosse così la città
Pensa se fosse così la città,
se ci fossero le auto ferme
ai semafori, e se allo stop
bloccassero i cerchi in lega
e facessero un cenno con
gli abbaglianti. Se gli abitanti
abitassero, se sui muri ci
fossero luci e pubblicità;
se ci fossero spazi pubblici,
e se li battessero prostitute
clandestine, locali, tailandesi;
se nascessero ristoranti cinesi
come funghi, e se i funghi
ce li mangiassimo, in qualche luogo
ci innamorassimo e parlassimo
almeno una volta al giorno.
Se fosse un punto di ritorno,
se non si aggirassero né angeli
né dei, se ci si buttasse dai ponti,
se si morisse costantemente;
se si nascesse in ospedale:
se ci si sentisse bene,
se ci si sentisse male.
Pensa se ci fossero chiese,
e case popolari, e quartieri;
se ci fossero regolarmente
differenze di classe, e un asse
che la dividesse in due,
e un altro che la dividesse in quattro;
se ci fosse più di un matto,
e se si svolgessero giornate
alla memoria, alla gloria,
in morte di, in vita di;
se passassimo i venerdì
ad ubriacarci, non controllarci,
e ci sedessimo sulle rovine,
sulle vetrine; se sulle cartoline
ci fosse scritto: “Saluti da”.
Sarebbe questa una comune
Città?
Saremmo noi comuni?
Se la città fosse com’è,
sarebbe “essere”, uno o tre?
Se tutto fosse così com’è,
sarebbe per gli altri o di per sé?
Se possedesse ciò che è,
la città,
potrebbe fare a meno di te?
*
Sezione Metacittà fisiche
Il creatore crocifisso
Il sacrificio è dimezzato
Se defice la colata di sangue:
e colava, colava, gocciolavano
le gocce parallele alle altre croci.
Era il logos, il verbo, la parola,
se non poesia, sicuro poeta:
fabbro della fabbrica dialettica,
l’ennesimo riscatto mancato.
Il cielo si faceva capo,
i monti si facevano collo,
la piana si faceva seno,
l’orizzonte si faceva amplesso.
Era il peccato l’incognita!
I peccatori s’inorgogliscono che sia originale;
non sanno che l’oblio l’ha cancellato
che la stigma è sangue sprecato:
Nel retro manca l’etichetta di fatto
E anche quello originale è un peccato contraffatto.
*
Tu, Berlino est.
La città è dimensione tattile,
camminata, respirata,
circola.
Gli incroci, i semafori, i turisti
La riempiono come mosche in una
Lattina d’aranciata vuota.
La città, questa città trasmette,
impone il senso di dimensione,
annulla la grandezza, la mia
presunzione,
mi riduce a devoto suddito,
inginocchiato ai palazzi imperiali:
sono una cellula, un corpo, un punto
trascurato sulla carta geografica;
il muro tra te e quella parte di te.
Io, separazione contronatura;
tu, la mia Berlino est,
utopia, sogno irrealizzabile,
irrealizzato, rendermi compagno,
tuo compagno di vita, costruita
già pensando all’unione, mi appari
sulle spalle, guardando verso ovest.
Mi sali, scavalchi, e poi mi attraversi
Lasciandomi souvenir invecchiato,
vecchio baluardo storico. Corri
sentendo per anni l’influsso
di me, decorato per un anno
da graffiti politici che
fotograferanno.
*
Prima di partire
Prima di partire
Ho sempre dormito un po’ di più;
ho dormito non volendo dormire:
accasciatomi sul letto
disfatto,
con felpe e jeans
sopra le coperte,
ho sempre chiamato il sonno,
sognando da sveglio
ciò che al risveglio
mi sarebbe capitato:
poi l’ho sognato.
Domani, diciotto
Marzo
Duemilacinque, giorno più, giorno meno,
un treno
mi porterà.
Partirò.
L’essenza del treno
È un veleno:
visioni, visioni di cambiamento
i suoi effetti nocivi,
e quando arrivi
cambi tu, cambi
ciò che cambi,
e cambi
ciò che dovevi cambiare:
per cui ti trovi a cambiare
l’x che poteva rimanere uguale.
Domani, duemilacinque, diciotto
Marzo
Parto;
certo
dovrei chiedermi il perché,
ma
già
lo so.
Domani parto:
Roma
Sarà il pugno
Che stringerà il popolo
Che batterà la piazza
Che rimbomberà il parlare
Che il giorno dopo tacerà.
Parto,
ma mi
piacerebbe arrivare.
Eppure, seppure il viaggio è soprattutto mentale
E l’arrivo dovrebbe essere totale
Mi aspetto un approdo incerto
Col corpo là,
La mente qua,
e l’obiettivo altrove.
Il viaggio, e di andata e di ritorno,
è comunque ritorno
a ricongiungere le mie idee confuse
e le mie membra in iato:
un ritorno al passato
per cambiare il presente:
con un maglione nero,
la sciarpa rossa,
tra comunismo,
pace,
e odor d’impero.
*
Sezione Stazione centrale
Si appannano gli occhiali
Si appannano gli occhiali passato
Il muro del locale climatizzato,
fuori gelano le puttane alcolizzate:
“Komm mit?” perse nell’imperativo,
docili capsule dentro un preservativo.
Camminano alla frontiera gli iceberg
Accanto a stufe spente, impasticcate.
Si appannano gli occhiali ma non è
Importante vedere quando si balla:
cercano gli occhi degli altri
gli uomini che aspettano la reciprocità:
qualcuna forse oggi gliela darà,
qualcuna sarà ubriaca, qualcuna è stanca,
qualcuna fuma una sigaretta
-partner sobrio con cui stanotte ballare-
qualcuna legge un sms nel cellulare.
La musica è alta, supera ogni voce
Che si vorrebbe parlare (ci si può
Solo guardare, ciechi tra il fumo),
urlano tutti e non discorre nessuno.
Canzonette centennali e una nuova
Attesa per tutta la serata, appena arrivata
L’acuto femminile dice: “Uh”.
Io fumo e non respiro più.
Sediamo lontani, lontani da noi,
da quello che siamo stati, da chi saremo,
da cosa: ci si diverte perchè si
deve!
Mentre qualcuno spazza la neve
-intento un bambino la ammira
un altro bambino la respira.
I neolaureati o laureandi con le mani alzate
Devono anche loro…e bevono,
l’alcol è acqua, e l’acqua è nociva
-Maddy è caduta mentre saliva
inseguita dal suo alcol naturale:
ride, ma anche lei sa essere normale.
*
Percezione senza azione
Lei va via e noi recitiamo
la parte degli offesi.
Il fatto è che non siamo doppi
ma doppioni, cloni di suoni;
e non c’è l’autentico in loco:
restano i molti da scambiare,
qualche tempo supplementare
in cui ritentare l’unità
con lei, scomparsa ed ignara
dell’offerta. Lei (saperlo chi era)
va via trascurando l’offeso,
perché qui, questa Beatrice,
è percezione di un secondo
che sarebbe pieno, se solo avesse peso.
*
Sezione In versi
Salutare
Ci si saluta, come se in un gesto
Fosse la salvezza: l’etimo
Ha viaggiato per una nuova
Significanza, e non più abbiamo
La possibilità di redimere
Ad ogni incontro: si preferisce
Ascendere da sé metafisici:
la fisica è il salto dal grattacielo,
disequilibrio di un cielo troppo
vicino.
Ma ci si ostina a salutare
E chi non lo fa non è da rieducare:
solo lui conosce la finzione
lessicale.
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Luciano Mazziotta, Città biografiche
Di Claudia Mirrione
Luciano Mazziotta nasce a Palermo nel 1984 e a 18 anni si iscrive, come dice lui stesso, “sciaguratamente”, alla Facoltà di Lettere classiche, ivi laureandosi “un po’ meno sciaguratamente”. Accanto allo studio delle letterature classiche però, è persistente in lui un vivace e profondo interesse per le letterature contemporanee e comparate e, soprattutto, per l’arte della poesia. Infatti, nel corso dei suoi anni, dei suoi viaggi, dei suoi accadimenti quotidiani, crea, lega insieme e armonizza una silloge di componimenti, pubblicata recentemente (2009) dalla casa editrice Zona.
La raccolta, il cui titolo è Città biografiche, è permeata da una proporzionata geometria compositiva e si snoda in quattro sezioni tematiche: Metacittà fisiche, Stazione centrale, Percorsi inversi, In versi. Queste sezioni conducono il lettore alla riscoperta di una dimensione urbana, vista però con altri occhi, con gli occhi di un poeta, potremmo ben dire sub specie poetica: una visione che si traduce sulla carta in uno stile analogico e surreale, scintillante e allusivo, sempre martellante e sapientemente costruito e che risente delle influenze di secoli di poesia, da Alceo a Dante, a Majakovskij, a Montale, ai grandi della poesia contemporanea Giovanni Giudici, Fabio Pusterla e tanti altri . Le liriche si collocano su coordinate geografiche che si dispongono lungo l’asse Roma-Berlino-Amburgo, città che rappresentano punti essenziali della raccolta, nonché della vita dell’autore. Come dice lo stesso titolo, infatti, è protagonista della raccolta la città o meglio la scrittura di vite su spazi urbani. La città è in questa raccolta sempre in primo piano, con le sue forme, con i suoi rumori, con i suoi avvenimenti quotidiani (le nascite, le morti, gli amori, le ubriacature e gli spassi, le malattie e le angosce), con i suoi quartieri degradati e i suoi quartieri d’alto borgo, in somma la città viene dal poeta versificata nella contingenza degli uomini che in essa vivono e muoiono, ed anche nella sua eternità di fatto, in quanto istituto che conserva la memoria. Una città, che però non potrebbe esistere ed essere tale, senza gli occhi del cittadino che la vede e che ne costruisce l’identità (ed anche, di contro, la propria identità), in uno sforzo ermeneutico di comprensione e di interpretazione. Eppure v’è qualcosa di più nell’opera, che si profila non solo come un lavoro di riscrittura e di riflessione sulla natura del paesaggio, ma anche come dissertazione lirica su problemi di gnoseologia postmoderna. Le poesie sono attraversate dalla presenza costante di un tu, un “tu istituto”, di sacra lezione montaliana. La realtà perciò non si definisce solo in base all’io, ma si definisce in quanto condivisione di visione, di pensieri, di spazi. Come il dokos senofaneo, la realtà si costruisce, si invera e diventa materia solo in uno spazio comune, uno spazio di sembianze, uno spazio di visioni reali e metaforiche (“e la visione si fa Materia se è condivisione” da La resurrezione di Lazzaro). E la città, spazio comune, spazio mediano condiviso dagli uomini, viene declinata in tutte le sue morfologie: la città luogo del ricordo, la città vista come polis e quindi simbolo di intima tensione etica, di costante impegno politico e di critica militante, la città postmoderna vista come vittima di una ipertrofica informatizzazione, il mondo dei precari, i voli low cost e il ruolo delle chat. La raccolta subito dopo la pubblicazione ha già riscosso successi di pubblico ed anche di critica; è già stata recensita da altri giornali cartacei e online.
Per ogni altra informazione è inoltre possibile visitare il blog dell’autore: http://lucianomazziotta.splinder.com/.
Luciano è anche redattore del collettivo Poetarum Silva al seguente indirizzo: http://poetarumsilva.wordpress.com