Questa la email inviata da d
Da tempo si è affacciato nella mia coscienza il dovere di dismettere il mio servizio come parroco. Ho quindi ritenuto opportuno scrivere al mio vescovo la lettera che vi allego.
Soldi e poltrone non solo non mi hanno mai nemmeno “tentato” e li ho sempre combattuti, ma non ho mai considerato “poltrona” l’essere parroco e non ho mai, in 46 anni di servizio, preso soldi dalla parrocchia, nemmeno da quelli che i preti chiamano “diritti di stola”, intenzioni di messe comprese.
Pulito e schietto, almeno in questo. Ieri sera mi sono incontrato con la comunità, informandola e coinvolgendola in questo processo di cambiamento. Un abbraccio a tutte e tutti.
Aldo
Da: Aldo Antonelli
Oggetto: Nè soldi né poltrone
A: Mons. Pietro Santoro
Vescovo di Avezzano (AQ)
Caro Pietro,
premetto che quanto andrò scrivendo non è il frutto di improvvise ed affrettate decisioni, né il portato di stanchezze e disaffezioni. E’ da tempo che la cosa in me va maturando e già da tempo, se ben ricordi, ho avuto modo di fartene personalmente cenno. Insomma, sia chiaro, il problema è un problema sostanziale di coscienza e non di comodi ripieghi.
Ho sempre sentito la forte esigenza di fedeltà al principio evangelico del servizio, che ho trovato ben tradotto nella formula morale di tolstoiana memoria che è quella “di farsi servire dagli altri il meno possibile e di servire gli altri quanto più possibile. Cioè esigere dagli altri il meno che si può e dare il più che si può". Oggi mi rendo conto che, pur continuando a voler darmi tutto, il tutto che posso dare non è più appropriato a ciò che la parrocchia in generale ed Antrosano in particolare richiedono.
Ho sempre visto l’essere parroco come lo stare, appunto, in questo atteggiamento di servizio e di dedizione, dentro le varie anime di una comunità, del paese, della parrocchia. Ma viene il tempo in cui tutto ciò non è più possibile: ad una certa età si può continuare a celebrare messe ed organizzare funzioni, ma non è più possibile continuare ad essere animatori.
Io devo prendere atto che per me è venuto questo tempo e con tutta serenità, senza rammarico e senza rimpianti, nella gioiosa coscienza di aver “combattuto la buona battaglia”, mi metto da parte, lasciando spazio a chi, più di me e meglio di me, potrà continuare a far crescere la comunità di Antrosano.
Antrosano! Lo ho amato appassionatamente e continuo ad amarlo, ma mi rendo conto che l’amore non è tutto. Antrosano ha bisogno, sì, come d’altronde ogni parrocchia, di un prete che lo ami, ma anche di un prete che lo animi e lo alimenti di vita e di speranza. Antrosano, caro Pietro, è l’unico paese, tra i piccoli centri della diocesi, che continua a crescere; è un paese giovane e attivo ed ha bisogno di un prete giovane ed attivo. Antrosano è un paese sensibile e generoso ed ha bisogno di un prete ancor più sensibile e generoso.
Naturalmente, questa non è né propaganda, né “raccomandazione”, ma semplice segnalazione. Non molto tempo fa mi sono ritrovato in un gruppo di sacerdoti, tutti più anziani di me, alcuni anche parroci “emeriti”. In quell’occasione tutti si era d’accordo (eccetto che il sottoscritto, bastian contrario…) di dover continuare ad essere parroci il più a lungo possibile perché, si diceva, “essere emeriti significa non essere più nessuno”!
Capisci Pietro? Si continua ad essere parroci per continuare ad “essere qualcuno”, per poter continuare a “contare”; per non cadere nel buco nero dell’anonimato….! Si ribalta, così, il comando evangelico e non si vede più se stessi in funzione della parrocchia ma la parrocchia in funzione di se stessi. E’ la stessa logica, farisaica e perversa, che soggiace alla domanda di più di un confratello che, avendogli confidato questa mia decisione, mi ha risposto: “Ma poi che farai?”.
Il problema non è il “mio da fare”, ma il bisogno della Parrocchia! Il “mio da fare” sarà un problema privato, mio personale; mentre il servizio della Parrocchia è un problema Istituzionale, della Chiesa, nei confronti della quale, tra l’altro, non posso rimproverarmi irresponsabilità.
Ricordo che uno dei fronti di impegno, di critica e di lotta, nel mio passato, è stato anche questo. Ho sempre rimproverato alla chiesa la sua miopia e il suo immobilismo di fronte al problema delle parrocchie, che vengono gestite con lo stesso sistema che vigeva al tempo in cui di sacerdoti ce n’erano a iosa e di avanzo. Non è più possibile, per es., assicurare la presenza di un singolo parroco in ogni singola parrocchia. Sarebbe opportuno formare delle piccole comunità sacerdotali che gestiscano ed animino più vaste zone pastorali.
Ricordo, a questo riguardo, che negli anni settanta, assieme ad altri due confratelli, ci offrimmo per assicurare il nostro servizio su tutta la Valle Nerfa, da Tagliacozzo Alto la Terra a Castellafiume. In pratica tre sacerdoti avremmo assicurato il servizio a ben sette parrocchie. Il Vescovo di allora, Terrinoni, ci dette anche il consenso e i frati di San Francesco ci avrebbero messo a disposizione parte del loro Convento.. Ma poi dovette capitolare, di fronte alle critiche acide di qualche confratello, all’immobilismo delle istituzioni, refrattarie al cambiamento e all’egoismo autocefalo dei preti, allergici alla cooperazione.
Personalmente il da fare non mi mancherà. Ho molti impegni, con persone, associazioni, giornali e riviste. Resto a disposizione della Diocesi come “tappabuchi”, là dove potrò essere utile. Di certo, tra i mille difetti che mi porto, non c’è quello della carriera e dell’attaccamento alle poltrone; ancor meno il feticismo del denaro…! Facendo la doverosa distinzione tra Sacerdote e Parroco, dismetto la mia funzione di Parroco e resto Sacerdote servendo, diversamente, quella Chiesa che pur criticando ho sempre amato. Perché tu abbia il tempo necessario per provvedere ad una giusta e oculata successione, ti comunico che resterò in parrocchia fino al 12 Gennaio 2015.
Ricorre in quel giorno la memoria liturgica di San Satiro, il Patrono di Antrosano, e mi farà piacere salutare gli antrosanesi in quella ricorrenza.
Un fraterno abbraccio
Aldo Antonelli
3008/0630/1400