Aldous huxley – ritorno al mondo nuovo (citazioni)

Creato il 11 dicembre 2012 da Mente Libera

Certo, in Occidente gli uomini e le donne, singolarmente, singolarmente, godono d’una vasta dose di libertà. Ma anche nei paesi a tradizione di governo democratica, la libertà, e persino il desiderio di essa, paiono in declino. Nel resto del mondo la libertà individuale è già scomparsa o sta per scomparire, palesemente. L’incubo dell’organizzazione totale ora ci attende, lì all’angolo.

Alla luce delle ultime scoperte sulla condotta animale in genere, e umana in particolare, è chiaro che, a lunga scadenza, il controllo è meno efficace se ricorre al castigo della condotta indesiderata, anziché indurre la condotta desiderata mediante premi; è chiaro che un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che, con mezzi non-violenti, manipola l’ambiente e i pensieri e i sentimenti dei singoli, uomini donne e bambini. Il castigo pone un temporaneo arresto alla condotta indesiderata, ma non contiene permanentemente la tendenza della vittima a tale condotta.

La società descritta in 1984 è una società controllata quasi esclusivamente dal castigo e dal timore di esso. Nel mondo immaginario della mia favola il castigo è raro e di solito mite. Il governo realizza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo sistematicamente la condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie forme di manipolazione pressoché non-violenta, fisica e psicologica, e alla standardizzazione genetica.

Nel mondo nuovo della mi favola, era ben risolto il problema del rapporto fra popolazione umana e risorse naturali. S’era calcolato il numero ideale per la popolazione del mondo e si provvedeva a contenerla entro quel limite, una generazione dopo l’altra. Ma nel mondo vero contemporaneo non si è risolto il problema della popolazione; al contrario, d’anno in anno il problema si fa più grave. Su questa scena biologica si svolgono tutti i drammi politici, economici e psicologici del nostro tempo.

Il problema del rapporto fra rapido accrescimento della popolazione e risorse naturali, stabilità sociale e benessere dei singoli, è oggi il maggior problema per l’umanità; resterà tale per un altro secolo, forse per alcuni secoli a venire. Per ciò che riguarda le masse dell’umanità, quella a venire non sarà l’Era Spaziale; sarà l’Era della Sovrappopolazione.

Non risolto, quel problema impedirà la soluzione di tutti gli altri. Peggio ancora, determinerà condizioni tali per cui la libertà individuale e il rispetto fra gli uomini, e la vita in democrazia saranno impossibili, quasi impensabili.

Vediamo in breve i motivi di questo stretto rapporto fra i vari elementi: troppi individui, che si moltiplicano troppo rapidamente, formulazione di filosofie autoritarie, nascita di sistemi di governo totalitari.

Quanto più cresce la popolazione e preme sulle risorse disponibili, tanto più si fa precaria la situazione economica d’una società che subisce tale prova. Ciò vale soprattutto per quelle zone sottosviluppate dove a un improvviso crollo del tasso di mortalità non si è accompagnato un crollo corrispondente del tasso di natalità.

Se la produzione di alimenti e di manufatti, di case scuole e maestri, crescesse a un ritmo superiore a quello della popolazione, noi potremmo migliorar la sorte di chi vive in tali zone sottosviluppate e sovrappopolate. Purtroppo in quei paesi non hanno né le macchine agricole, né gli impianti industriali per produrle, né i capitoli occorrenti per far sorgere questi impianti.

Ogni qual volta si fa precaria la vita economica d’una nazione, il governo centrale è costretto ad assumersi nuove responsabilità, per il benessere generale. Deve elaborare nuovi programmi per far fronte alla situazione critica; deve imporre nuove restrizioni alle attività dei soggetti; e se, come è probabile, dal peggioramento delle condizioni economiche consegue agitazione politica, o ribellione aperta, il governo centrale deve intervenire, a tutela dell’ordine pubblico e della propria autorità. In tal modo una quantità sempre maggiore di potere si concentra nelle mani dei dirigenti e dell’apparato statale.

L’eccesso di popolazione porta al disagio economico e sociale. Il disagio a sua volta chiede maggior controlla da parte dei governi centrali, maggior potere nelle loro mani. Mancando una tradizione costituzionale, è assai probabile che questo maggior potere si eserciti in forme dittatoriali.

Stando così le cose, in pratica diventa certezza la probabilità che l’eccesso della popolazione conduca al disagio e quindi alla dittatura. Possiamo senz’altro scommettere che, di qui a vent’anni, tutti i paesi sovrappopolati e sottosviluppati cadranno sotto un dominio di tipo totalitario.

Ma la libertà, come tutti sappiamo, non fiorisce in un paese che sta sempre sul piede di guerra, o che si prepara a combattere. Una crisi permanente giustifica il controllo su tutto e su tutti, da parte del governo centrale. E proprio una crisi permanente noi dobbiamo attenderci in questo mondo, dove l’eccesso di popolazione provoca uno stato di cose tali per cui quasi diventa indispensabile la dittatura.

QUANTITÀ, QUALITÀ, MORALITÀ

Nella seconda metà del ventesimo secolo noi non organizziamo sistematicamente la riproduzione; e il nostro sregolato capriccio non solo tende a sovrappopolare il pianeta, ma anche, sicuramente, a darci una maggioranza di umani di qualità biologicamente inferiore. Ai brutti tempi andati di rado sopravviveva un bambino che avesse qualche spiccato, o anche lieve, difetto ereditario. Oggi invece, grazia all’igiene, alla farmacologia moderna e alla coscienza sociale, quasi tutti i bambini venuti al mondo con difetti ereditari raggiungono la maturità, e si moltiplicano. Date le condizioni oggi dominanti, ogni progresso della medicina sarà frustrato da un corrispondente aumento del tasso di sopravvivenza degli individui che dalla nascita portano con sé una qualche insufficienza genetica. Nonostante i nuovi farmaci meravigliosi, nonostante le cure migliori (anzi, in certi casi, proprio per via di queste cose), la salute fisica della popolazione media non migliorerà, anzi andrà peggiorando.

Per esempio: andiamo in un’isola tropicale, con l’aiuto del DDT sterminiamo la malaria e, nello spazio di due o tre anni, salviamo centinaia di migliaia di vite. È ovviamente un bene. Ma le centinaia di migliaia di esseri umani così salvati, e i milioni che da loro vengono al mondo, noi non possiamo vestirli, alloggiarli, istruirli, nemmeno nutrirli a sufficienza, con le risorse disponibili nell’isola. Non c’è più la morte rapida della malaria; ma la fame rende la vita insopportabile, il sovraffollamento diviene regola, la morte lenta per inedia minaccia tante vite di più. E che dire degli organismi insufficienti per condizione congenite, che la medicina e i servizi sociali oggi salvano e lasciano proliferare? Aiutare gli infelici è bene, indubbiamente. Ma non meno indubbiamente è male trasmettere interi ai nostri posteri i risultati di mutazioni negative; come è un male la progressiva contaminazione del fondo genetico a cui dovranno attingere i membri della nostra specie. Siamo presi fra le corna di un dilemma mortale: per trovare la soluzione occorrerà tutta la nostra intelligenza, tutta la nostra buona volontà.

SUPERORGANIZZAZIONE

La via più breve e più larga che conduce al mondo nuovo passa, come già accennato, per una tappa fondamentale: l’eccesso di popolazione, l’accresciuto ritmo di incremento demografico. Ma la crescente pressione del numero sulle risorse disponibili non è la sola forza che ci spinge verso il totalitarismo. Difficilmente può sperarsi che fiorisca la democrazia nelle società in cui il potere economico si concentra e si centralizza sempre di più. Ma il progresso della tecnologia ha portato e sta portando, proprio a questa centralizzazione del potere. Dove la produzione e la distribuzione divengono fenomeni di massa, grave è lo svantaggio dell’Uomo Piccolo, che non possiede una sufficiente riserva di capitale operante. Se entra in concorrenza con l’Uomo Grosso, perde dapprima i quattrini, e poi anche la qualità medesima di produttore indipendente; l’Uomo Grosso lo ha ingoiato. E scomparendo l’Uomo Piccolo, una quantità sempre maggiore di potere economico si riduce nelle mani di un numero sempre minore di individui. Sotto la dittatura la Grande Impresa, resa possibile dal progresso tecnologico e dalla conseguente rovina della Piccola Impresa, cade sotto il controllo dello Stato; cioè, di un piccolo gruppo di dirigenti politici e militari, di poliziotti, di funzionari che eseguono certi ordini. In una democrazia capitalista la Grande Impresa cade sotto il controllo dell’“élite al potere”. Questa élite impiega direttamente la forza lavorativa di milioni di cittadini nelle sue fabbriche, nei suoi uffici, nei suoi negozi, altri milioni li controlla, e anche meglio, prestando loro i soldi perché comprino i suoi prodotti; ed essendo proprietaria dei mezzi di comunicazione di massa, influenza pensieri, sentimenti e azioni di tutti, in pratica. Parodiando una frase di Churchill potremmo dire che mai è accaduto che tanti uomini si lasciassero manipolare da un così ristretto gruppo.

Fromm scrive:

La nostra società occidentale contemporanea, nonostante il progresso materiale, intellettuale e politico, è sempre meno capace di condurre alla sanità mentale, e tende a minare invece la sicurezza interiore, la felicità, la ragione, la capacità d’amore nell’individuo; tende a trasformarlo in un automa che paga il suo insuccesso di uomo con una sempre più grave infermità mentale, con la disperazione che si cela sotto la frenetica corsa al lavoro e al cosiddetto piacere.

Le vittime veramente disperate dell’infermità mentale si trovano proprio fra gli individui che paiono normalissimi. Il loro conformismo dà luogo a qualcosa che somiglia all’uniformità. Ma <uniformità e libertà sono incompatibili… l’uomo non è fatto per essere automa, e se lo diventa, va distrutta la base della sanità mentale>.

Da un punto di vista fisico e mentale, ciascuno di noi è unico. Qualsiasi cultura che, nell’interesse dell’efficienza o in nome di un dogma religioso o politico, cerca di standardizzare l’individuo umano, commette un’offesa contro la natura biologica dell’uomo.

Gli effetti disumanizzanti della superorganizzazione si aggravano, sommandosi agli effetti disumanizzanti della sovrappopolazione. L’industria, ampliandosi, attrae nelle grandi metropoli una porzione sempre più grande dell’umanità, che cresce. Ma la vita nelle grandi città non dà luogo alla salute mentale né sollecita quel tipo di libertà responsabile entro un gruppo capace di autogovernarsi, che è la condizione prima della democrazia effettiva. La vita di città è anonima e, per così dire, astratta. Gli individui entrano in rapporto l’uno con l’altro, non come personalità totali, ma come incarnazioni di altrettante funzioni economiche; o, quando son fuori del lavoro, come cacciatori irresponsabili di divertimento. Soggetto a una vita simile, l’individuo si sente sempre più solo e insignificante. La sua esistenza cessa d’avere un qualche scopo, un qualche senso.

Al nostro sistema etico tradizionale (in esso l’individuo ha importanza primaria) si va sostituendo un’Etica Sociale. Le parole chiave di questa etica sono: “adattamento”, “condotta socialmente orientata”, “appartenenza”, “acquisizione di capacità sociali”, “lavoro di squadra”, “vita di gruppo”, “creatività di gruppo”, “dinamica di gruppo”, “pensiero di gruppo”, “creatività di gruppo”. Presupposto fondamentale è questo: il complesso sociale ha maggiore importanza e significato delle parti individuali; le differenze biologiche innate debbono sacrificarsi all’uniformità culturale, i diritti della collettività vengono prima di quelli che nel diciottesimo secolo si chiamavano Diritti dell’Uomo.

Quest’uomo ideale è colui che mostra “conformismo dinamico”, intensa lealtà verso il gruppo, e desiderio indomabile di subordinarsi, di appartenere.

LA PROPAGANDA IN UNA SOCIETÀ DEMOCRATICA

un popolo che dalla servitù sotto il dominio d’un tiranno passi all’improvviso a uno stato, per lui assolutamente ignoto, di indipendenza politica, quel popolo non ha, diciamolo, le condizioni per le quali possano funzionare gli istituti democratici. Ancora: un popolo che viva in precarie condizioni economiche poco probabilmente riuscirà a governarsi secondo democrazia. Il liberalismo fiorisce in atmosfera di prosperità, declina col venire meno della prosperità, quando è necessario che il governo intervenga in modo sempre più frequente e drastico negli affari dei soggetti.

Vi sono due tipi di propaganda: la propaganda razionale, stimolo all’azione consona all’interesse illuminato di chi la esercita e di chi la riceve; e la propaganda irrazionale, che non è consona all’interesse illuminato di nessuno, e viene dettata dalla passione, e alla passione fa appello.

La propaganda per l’azione consona all’interesse illuminato fa appello alla ragione, servendosi di un’argomentazione logica basata sulle prove migliori possibili, esposte in piena sincerità. Invece la propaganda per l’azione dettata da impulsi inferiori all’interesse, ricorre a prove false, mutile, incomplete, evita il rigore della logica, cerca di influenzare le sue vittime ripetendo frasi vuote, attaccando furiosamente un capro espiatorio, indigeno o straniero, accomunando scaltramente le peggiori passioni con gli ideali più alti, sì che la crudeltà possa commettersi nel nome di Dio, e la più cinica Realpolitik possa trattarsi come questione di principio religioso e di dovere patriottico.

La comunicazione di massa non è né un bene né un male; è solo una forza, e come ogni forza può servire al bene e al male. Usate in certo modo, stampa, radio e cinema sono indispensabili alla sopravvivenza della democrazia. Usate in modo opposto, divengono le armi più possenti dell’arsenale dittatoriale.

Solo chi è vigile può serbare le proprie libertà, solo quelli che stanno sempre all’erta, col cervello ben desto, possono sperare di governarsi con strumenti democratici. Ma quando i membri di una società passano gran parte del loro tempo non all’erta, col cervello ben desto, qui e ora, o nel futuro immediato, ma altrove, nell’altro mondo dello sport e della canzone, della mitologia e della fantasia metafisica, allora sarà ben difficile resistere all’assedio di chi vuol manipolare e controllare la società.

LA PROPAGANDA SOTTO LA DITTATURA

La folla è caotica, non ha un suo proposito, ed è capace di tutto, tranne che di azione intelligente e di pensiero realistico. Adunata la folla, la gente perde la capacità di ragionare, di compiere una scelta morale. Diventa suggestionabile al punto di non avere più giudizio o volontà propria. Facilmente si eccita, perde il senso della responsabilità, collettiva e individuale, si lascia prendere da improvvisi accessi d’ira, d’entusiasmo, di panico. È vittima di quel che io chiamo “avvelenamento da gregge”. Come l’alcool, anche questa è una droga attiva, estroversa. L’individuo avvelenato dalla folla sfugge alla responsabilità, all’intelligenza, alla moralità, per entrare in uno stato di amenzia frenetica, animalesca.


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