1 - Quando per la prima volta ho letto il titolo del tuo blog, sono rimasta in parte interdetta, dato che molte donne si vergognano anche solo a dire la parola vagina. Come è nata l’idea di dare una voce alla tua ?V: Il blog è nato a ridosso della fine della mia ultima relazione, lo scorso novembre, e quando io e il mio ex litigavamo (il ché, don’t panic, non avveniva più di un par di volte al giorno), lui mi diceva sempre di “non fare la vagina”, dove “vagina” indicava la summa di tutti i miei difetti spiccatamente femminili. A quel punto il nome del blog è venuto da sé e io ho deciso di partire parlando proprio dei miei limiti, delle mie contraddizioni, di quelle colpe di cui ero stata tacciata e di altre che m’ero inventata per arricchire il melodramma; ma anche di quel percorso di auto-coscienza che si intraprende quando ci si azzera in qualche aspetto della propria vita e si riparte; ma anche di quella forza di genere di cui dobbiamo, come vagine, quotidianamente riappropriarci.Poi ho scoperto che molte vagine fanno le vagine e si immedesimano nella Vagina.
2 – Il tuo è decisamente un blog che si fa notare tra i tanti personali che ci sono sparsi in rete, quando hai aperto il blog, ti saresti mai immaginata 509 lettori – solo via mail ?V: Sinceramente no. Memorie di una Vagina è nato davvero come una specie di esorcismo di fronteall’ennesimo “fallimento” sentimentale. Credo, ad oggi, che sia stato molto utile, umanamente parlando, per me, perché mi ha in qualche misura permesso di monitorare, comprendere e sdrammatizzare quello che mi accadeva. Scoprire, poi, che ciò che scrivevo divertiva e a volte aiutava persino altre persone mi ha fatto, e mi fa tutt’ora, enorme piacere.
3 – Secondo te, che rapporto hanno le ragazzine di adesso con il sesso rispetto a quando li avevi tu 15-16- 17 anni ?V: Non conosco gli adolescenti, quindi qualunque cosa io possa dire è frutto esclusivo della mia discutibile sensibilità. Da una parte non credo che sia cambiato il rapporto con il sesso in sé, nel senso che mi piace pensare che anche gli adolescenti di oggi vivano quelle emozioni e quelle “ansie” che abbiamo vissuto noi, che legittimavano l’importanza del gesto, che sublimavano – fin troppo – la fantomatica “prima volta”, in un’età in cui era d’altronde sacrosanto che ci fossero poesia e paura. Ecco mi piace pensare che, anche se in forme diverse, qualcosa del genere esista ancora. D’altra parte immagino sia cambiato ciò che gravita intorno al sesso, una sorta di maggiore consapevolezza apparente, una spinta più forte alla disinibizione precoce. Ma, per quanto mi riguarda, questo fa parte di una dinamica imprescindibile, secondo la quale ogni generazione cresce più velocemente di quella che l’ha preceduta, seguendo ritmi che non sceglie e assecondando logiche sociali che la trascendono. Il discrimine dovrebbe stare negli strumenti cognitivi per discernere tra le numerosissime sollecitazioni, anche sessuali, cui le ragazzine sono sottoposte (minchia sì, mi sento noiosissima e vecchissima con questa risposta).
4 – Se potessi dare un nome e un volto alla tua vagina, come un’entità a se stante, come te la immagineresti ?V: Come Patti Smith. Con la ascelle pelose e i baffi.Sarà per questo che invoco il suo spirito, ogni volta che sento una striscia di cera bollente stendersi inprossimità del più sacro dei miei solchi.
5 – Hai ideato la campagna curvy&proud , parlacene meglio. Hai inoltre specificato che se si ha la 42/44 non bisogna rompere il cazzo. Quante persone conosci o ti è capitato di incontrare che pensavano di essere curvy con quelle caratteristiche , e cosa rispondi loro ?Il Curvy&Proud è nato dall’idea di proporre un modello sostenibile di femminilità, che poi è una delletematiche portanti del blog. Diciamo che di base è uno sprone che dovevo dare a me stessa, che averciun principio d’artrosi a 26 anni non andava bene, e poi c’era quella faccenda del culo, che già ha unafoggia di dubbio gusto, che manifestava incontenibili mire espansionistiche. Allora ho colto l’occasione e ho lanciato lo spunto anche alle mie follower, proponendo l’idea che dovremmo imparare a tendere alla versione migliore di noi, recuperando ad esempio una fotografia di quando eravamo più magre e un jeans in cui non entriamo più, che magari era pure il nostro preferito. E diventare, in sostanza, noi il criterio di noi stesse, in un ordine di pensiero in cui lo sport dobbiamo farlo per star meglio fisicamente e all’alimentazione dobbiamo stare attente per buon senso, senza diventare delle decerebrate e senza rinunciare al gusto per il cibo, che a noi magnare ce piace. Che poi, detta così pare una minchiata (e in parte lo è) ma, in realtà, siamo ancora lontanissime da quell’accettazione, che invece dovremmo avere, di noi stesse, delle nostre diversità e delle nostre imperfezioni. Volersi migliorare è un conto, non accettarsi e tendere ossessivamente a un prototipo insano, un altro.Quanto alle taglie 42/44 che si definiscono “curvy” o “grasse”, io non ho mai capito se si tratti di ipocrisia o di una incurabile e incurata assenza di lucidità. Sulle risposte che di solito si danno a questo genere di vagina, ho in serbo un post...
6 – A questo punto, l’ultima domanda è d’obbligo : secondo te, quanto conta l’essere in rapportoall’apparire ?V: Ammazza, mi vai sul difficile. Dunque: contano entrambi gli aspetti, con una predominanza che sialterna a seconda dei contesti. A livello personale trovo imprescindibile l’essere, perché amo la sostanza, la presenza intellettuale ed emotiva, la consapevolezza, e quindi lo preferisco, per me conta di più. Tuttavia considero che un essere intelligente debba, ove necessario-voluto-richiesto, anche trovare la propria formula per apparire in maniera efficace.
7 – Vagina, manda un saluto a tutte le vagine che leggono, e anche i timidi cazzetti !V :Care vagine e gentili, timidi, cazzetti, vi saluto con questa, che è una delle mie preferite!E un grazie alla padrona di casa, Aleja, naturalmente!